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Piano Cronicità. Ministero, medici, farmacisti e infermieri perché non diventi un libro dei sogni


Convegno oggi organizzato da Fnomceo e Ipasvi con la presenza della Fofi per sensibilizzare le professioni sull’importanza di gestire insieme le cronicità. Al centro della sessione in cui hanno partecipato esponenti del Ministero della Salute, il nuovo Piano cronicità (che è atteso a breve in Stato-Regioni) su cui pesa però l’assenza di un finanziamento (forse fondi Ue).  

09 SET - Il nuovo Piano Cronicità è pronto al decollo. È atteso a breve infatti il suo inserimento all’ordine del giorno della Conferenza Stato-Regioni, forse anche già la prossima settimana. E proprio per sensibilizzare l’attenzione sul tema oggi il Piano è stato al centro di ‘Gestire insieme la cronicità’ un convegno organizzato dalla Federazione degli ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) e dalla Federazione dei Collegi degli infermieri (Ipasvi). Una giornata in cui oltre ad affrontare le novità del piano (vedi testo e sintesi delle principali misure), rappresentanti del Ministero e del mondo professionale si sono confrontati sul come sarà possibile rendere concrete le azioni previste dal Piano. Che al momento, a dire il vero sembra molto ambizioso, vista l'assenza di fondi (forse qualche risorsa europea?), la difficoltà delle professioni ad integrarsi e un sistema tecnologico impazzito che viaggia in migliaia di direzioni differenti ma mai in quella della persona-paziente.
 
Tutti temi cui organizzatori e partecipanti però non si sono sottratti. “Si tratta del primo convegno organizzato insieme da Fnomceo e Ipasvi. E abbiamo voluto dedicarlo a un tema, quello della cronicità, che sicuramente ci vede vicini per consentire un adeguato percorso clinico - assistenziale al paziente. Nasce da una lunga attività di collaborazione all’interno del Gruppo di Lavoro “rapporti tra professione medica e altre professioni sanitarie” che esiste in seno alla FNOMCeO”, ha detto in apertura il presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo) Roberta Chersevani (vedi presentazione). "Solo lavorando insieme condividendo problematiche e percorsi si può arrivare al risultato che porta alla sicurezza e alla vita dei pazienti che noi curiamo. Le parole chiave sono “allungamento della vita, cronicità, welfare e noi tutti dobbiamo essere in grado di dare delle risposte attraverso l’integrazione delle cure la riduzione degli sprechi, l’appropriatezza e una buona allocazione delle risorse”.
 
Unità d’intenti che ha contraddistinto anche l’intervento della presidente della Federazione degli infermieri (Ipasvi) Barbara Mangiacavalli (vedi intervento integrale): “C’è ancora molto da fare ma la finalità è quella di lavorare insieme per valorizzare l’assistenza e i modelli organizzativi per gestire congiuntamente le cronicità”. E in questo senso “stiamo lavorando per modificare il nostro codice deontologico”. La presidente Ipasvi ha poi richiamato l’attenzione sul tema dell’appropriatezza delle cure che non deve essere perpetuata “solo in chiave clinico assistenziale ma pure in quella organizzativa”. Attenzione Ipasvi anche alla gestione delle risorse: “Ci sono 3 fondi (Fsn, Fondo non auto, fondo sicurezza sociale) che alimentano l’assistenza socio-sanitaria. E non si parlano: serve una gestione integrata”. "Sul territorio – ha aggiunto ancora Mangiacavalli - l'infermiere assicura la continuità della presenza e della presa in carico dei problemi (acuti/cronici) di salute e benessere per le persone fragili e per le loro famiglie/care giver. Le competenze infermieristiche in questi ambiti non solo favoriscono la personalizzazione degli impegni assunti dalla persona verso la propria salute in fase prospettica, riducendo il rischio di istituzionalizzazione/ospedalizzazione, ma creando con il  medico di medicina generale (Mmg) un’ alleanza che fa da tramite tra le esigenze della persona assistita e il medico di fiducia; favorisce condizioni e relazioni per raggiungere gli obiettivi di salute e mantenimento della persona assistita, coerentemente con gli obiettivi terapeutici previsti".
 
Non solo medici e infermieri, nella nuova rete ci sono anche i farmacisti “che hanno nella loro capacità di essere accessibili dall’utenza il loro punto di forza – ha detto il presidente Fofi Andrea Mandelli. Concordo sulla necessità di mettere cittadino al centro e di costruire reti, ognuno senza invadere il campo delle altre professioni”. Primo problema le risorse. “C’è un grande problema di bilancio con una spesa sanitaria che si aggancia al pil, che però non va. Dobbiamo vedere in stabilità come si riuscirà a dare risposte in primis sui farmaci innovativi”. Ma soprattutto occorre “sostenere il Ssn con politiche nuove”. In merito alla professione Mandelli ha sottolineato come “la farmacia abbia fatto percorso importante in questi anni. Noi siamo stati protagonisti dal 2009 della farmacia di servizi che è un’opportunità importante e che dev’essere vissuta come un modo per stare più vicino al cittadino”. E poi puntiamo sull’introduzione del “fascicolo elettronico farmaceutico perché oggi i medici sono all’oscuro dei comportamenti dei pazienti. In questa chiave l’altra sfida è quella dell’aderenza terapeutica sui cui siamo molto impegnati negli ultimi anni (vedi studio Re-I-MUR patrocinato dalla Federazione e condotto con la Medway School of Pharmacy dell’Università del Kent). È fondamentale per risparmiare iniziando a non sprecare ciò che viene prescritto dal medico. Siamo pronti ad un dialogo continuo con pazienti e ed eventuali segnalazioni ai mmg se qualcosa non va”
 
“Ci auguriamo che conferenza affronti piano cronicità perché questa è la sfida di tutti i sistemi avanzati sia perché impatta in maniera importante sul bilancio sia perché comporta un necessario cambiamento dell’organizzazione tendendo sempre più alla valutazione degli esiti e dei sistemi di remunerazione. Sono consapevole delle difficoltà di questo lavoro ma in questo momento ci sono le condizioni istituzionali per lavorare insieme vista anche la recente approvazione dei Lea in Stato-Regioni”. È in quest’ottica che il Dg della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute Renato Botti (vedi presentazione) ha illustrato il nuovo Piano Cronicità. “Il  nostro Piano segna una svolta importante nell’approccio alla malattia: la persona diviene il centro del sistema di cure È necessario quindi riprogettare i modelli assistenziali centrandoli sui bisogni “globali” del paziente e non solo su quelli clinici. In definitiva, bisogna trasformare un orientamento culturale, che già esiste, in regole di sistema”. Ed ecco le regole: saranno cinque le fasi del Piano nazionale cronicità, partendo dalla stratificazione e targeting della popolazione di riferimento sino ad arrivare alla valutazione dei risultati, passando attraverso la prevenzione, la presa in carico del paziente e l’erogazione di interventi personalizzati. “Esso - ha precisato - rappresenta una grande sfida per la medicina generale in primis e per tutto il sistema di cure primarie. C’è una nuova organizzazione con nuovi ruoli e attività”. Botti ha poi richiamato l’attenzione sull’importanza delle nuove tecnologie: “il lavoro sarà in rete (informatica, organizzativa). La tecnologia diventerà strumento abilitante al modello organizzativo e all’erogazione dei servizi come previsto dall’Intesa Stato-Regioni sul Patto per la Sanità Digitale”. Infine ha ribadito l’importanza della Cabina di regia che dovrà “definire indicatori, criteri e condividerli”. Nell’ottica in cui il “Piano vale per tutti”.
 
Ma il nocciolo della questione sono le risorse. Botti è stato chiaro: “Il Piano non prevede risorse aggiuntive è piano di riorganizzazione”. Ma allo stesso tempo ha ricordato che c’è la possibilità di trovare risorse attraverso i fondi previsti dalla Commissione europea nell’ambito del Programma Operativo Nazionale Governance e Capacità Istituzionale 2014-2020 (Pon Gov)”. Tutte risorse (si parla di 50 mln) di cui le regioni potranno beneficiare “previa valutazione del Governo”.
 
Durante la sessione il Dg delle Professioni del Ministero Rosanna Ugenti ha ribadito il valore delle professioni. “L’integrazione tra tutte le figure è la chiave. Nessuna professionalità è in grado di dare tutte le risposte. Dobbiamo avere professioni autonome che lavorano insieme, anche perché i problemi delle cronicità comportano bisogni molto a lungo termine”. Ma non solo: “Sarà importante anche puntare sull’empowerment del cittadino per renderlo consapevole e partecipe”. Infine ribadita l’importanza della tecnologia che “senza professionista non può dare una risposta adeguata”. E proprio per questo “dovrà essere adeguata la formazione del personale”. “È arrivato il momento di lavorare tutti insieme in sinergia, rispettando e valorizzando le diverse competenze e integrandole – è stato infine l’auspicio. E, per far questo, è fondamentale una riprogrammazione dei fabbisogni, secondo le reali necessità basate sui numeri e su criteri reali e oggettivi, senza seguire logiche o interessi di parte”.
 
L.F.

09 settembre 2016
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