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Gli studenti universitari conoscono poco l’italiano? Forse sì, ma non lo conoscono nemmeno al Miur. La prova? Nelle domande dei test per l’abilitazione in medicina

di Samantha Pegoraro, Egidio Candela, Pietro Mascagni

Nelle settimane scorse 600 professori universitari del Gruppo di Firenze hanno denunciato pubblicamente la scarsa conoscenza della lingua italiana da parte dei loro studenti. Probabilmente è vero. Ma che dire allora del database dei quesiti dell'Esame di Stato abilitante in medicina, che porta la firma in calce del MIUR, e che contiene un repertorio di errori di ogni tipo. A partire da quelli più elementari di natura grammaticale, fino ad arrivare a quelli sintattici, contenutistici e di aggiornamento? 

04 MAR - Gentile direttore,
siamo tre giovani laureati in Medicina e Chirurgia, neoabilitati alla pratica della professione per la quale abbiamo studiato. Scriviamo per tracciare un filo rosso tra il discusso percorso di abilitazione e la lettera denuncia di 600 professori universitari, del Gruppo di Firenze per la Scuola del Merito e della Responsabilità, sulla scarsa conoscenza dell'italiano degli studenti di oggi.
 
Come gran parte dei nostri colleghi, nei mesi di novembre, dicembre e gennaio, abbiamo affrontato il percorso disposto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) per l’abilitazione alla professione di medico-chirurgo; l’iter prevede un tirocinio pratico di tre mesi ed un esame scritto finale di 180 quesiti a risposta multipla, sostenuto a metà febbraio 2017.
 
Ben prima e meglio di quanto potremmo fare noi, si è scritto di quanto disorganizzato, contestato e avvilente sia dover effettuare un ulteriore tirocinio presso gli stessi reparti frequentati durante i 6 anni del corso di Laurea e di quanto sia costoso, anche in termini economici, il percorso di abilitazione in questione. È stata lunga e, purtroppo, finora poco fruttuosa la trattativa fra istituzioni, docenti e associazioni per eliminare questo ostacolo ritenuto unanimemente inutile e superabile rendendo la laurea abilitante, l’unica soluzione al momento auspicabile e praticabile. Non sarà quindi questo l’oggetto principale delle nostre parole.
 
Qui ci piacerebbe rendervi edotti sul contenuto delle domande da studiare per la preparazione al fatidico test, il vero leitmotiv che collega questo esame alla mozione dei professori.
 
Prima, contestualizziamo. Ogni anno il Ministero dell’Istruzione, a 60 giorni dalla prova scritta, pubblica un database contente circa 7000 domande (e relative risposte ritenute corrette, si badi bene) da cui saranno poi estratti i 90 quesiti inerenti le materie precliniche e i 90 quesiti riguardanti le materie cliniche. Presto fatto, il giorno della prova gli abilitandi sono chiamati a rispondere a domande di cui sanno, o si presume sappiano, la risposta. Basta aver letto un paio di volte l’intero database gentilmente concesso loro. Un Esame di Stato che aggettivato a farsa è dire poco. Eppure, a questa simpatica beffa ministeriale è legata la sorte della nostra abilità a poter agire o meno come medici, nel quasi mezzo secolo di attività lavorativa che ci si prospetta davanti.
 
“Troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente”, queste le testuali e purtroppo condivisibili parole contenute nella lettera dei 600 professori rivolta al Presidente del Consiglio, alla Ministra dell’Istruzione ed al Parlamento. La mela non cade mai lontano dall’albero, si suol dire a ragione. Il database dei quesiti, che porta la firma in calce del MIUR, contiene un repertorio di errori di ogni tipo, a partire dai più elementari di natura grammaticale, capaci di far perdere il senno alla più paziente maestra di scuola primaria, fino ad arrivare a quelli sintattici, contenutistici e di aggiornamento. Errori ignora(n)ti, distratti, pressapochisti, coscienti, forse voluti. Sicuramente evitabili. Insomma, da sfoderare la matita rossa e blu rispolverata da Orsola Riva.
 
Nel leggere le domande in questione, ci siamo ritrovati a dover negare evidenze di conoscenza medica basilare, quali ad esempio l’esistenza di un vaccino per l’epatite A, che per il nostro MIUR ad oggi sembra ancora non essere disponibile – poveri viaggiatori italiani – e che invece è presente in Italia da oltre 20 anni. Stessa sorte tocca al vaccino contro il meningococco di gruppo B, disponibile dal 2014 e da oltre due anni salito quotidianamente agli onori della cronaca. Non basti, ci è stato chiesto di escludere la rettorragia come segno di carcinoma del retto, salvo poi decretarla cardine di sospetto diagnostico in un’altra domanda.
 
Nei mesi di preparazione al test, abbiamo idealmente prescritto un farmaco satanico e ripassato la citologia delle cellule eucaristiche. Vince a mani basse la corona da reginetta del Concorso la domanda: “Tutte le seguenti condizioni d’anno un’immagine di ‘Minus’ in una radiografia dello stomaco con mezzo maritato”. D’anno, sì. Chi la vuole maritare, pure. “D’anno in anno controllale, MIUR, ‘ste domanne!”, direbbero a Roma. Questi, sono solo alcuni esempi. Liquidarli come semplici errori di battitura equivale a nascondere la testa sotto la sabbia.
 
Facciamo finta, per un momento, che passi il metodo sbilenco che decreta l’abilitazione professionale dei medici di domani. Facciamo pure finta che passino gli strafalcioni di cui sopra. Ma possibile che pure nello scegliere le 180 domande ufficiali non ci si sia fatti mancare l’ebbrezza dell’errore? Il giorno della prova scritta nazionale non solo le inesattezze grammaticali e sintattiche sono state le stesse (una veloce correzione prima della stampa, no?), ma una domanda indicava come risposta esatta l’esplicito permesso ad effettuare l’eutanasia su richiesta del paziente o dei parenti più stretti. Come se non bastasse, il quesito in esame è stato poi considerato come risposto correttamente da parte di tutti i candidati, con una nota anch’essa firmata dal Ministero il giorno seguente la prova scritta. A chi credeva che nella selezione finale vi sarebbe stata cura di eliminare i quesiti errati, è stato dimostrato che probabilmente nessuno del MIUR, né dell’apposita Commissione Nazionale, aveva letto o riletto la versione ufficiale dell’esame. Fino all’ultimo respiro.
 
È pericoloso perdere la propria credibilità per una situazione di stallo così facilmente superabile.
 
È pericoloso ed ipocrita da parte del Ministero dell’Istruzione (e dei Professori universitari, suoi dipendenti) mostrare tali carenze linguistiche e contenutistiche, tacciando in contemporanea gli studenti di brancolare nel buio del semi-analfabetismo.
 
È pericoloso disorientare migliaia di nuovi medici che si ritroveranno a dover affrontare un test di ingresso alle scuole di specializzazione che viene organizzato dallo stesso Ministero dell’Istruzione.
 
È pericoloso reiterare di anno in anno lo stesso comportamento nei confronti di laureati in Medicina e Chirurgia che necessitano dell’abilitazione professionale, dimostrando una evidente indifferenza nei riguardi delle segnalazioni di errore che seguono ogni concorso.
 
È pericoloso, infine, il pessimo esempio dato ad una generazione di giovani che si impegna quotidianamente per affrontare un percorso non semplice, fiduciosa che il qualunquismo di chi afferma che in questa nazione funzioni tutto male sia prerogativa di una ricerca di scorciatoie, piuttosto che di soluzioni.
 
Per concludere, ci uniamo al Gruppo di Firenze nel richiamare “alle responsabilità di orientamento, di sollecitazione e di controllo che competono al Ministero della Pubblica Istruzione”, nella “convinzione che una scuola più rigorosa è nell’interesse soprattutto dei ragazzi che partono più svantaggiati socialmente e culturalmente.” Ci preme però sottolineare che i Ministeri non sono entità astratte, vuote, ma hanno il volto di tutti i docenti, specialmente delle altissime cariche (Rettori, Accademici della Crusca, etc.) che vantano la firma dell’indignazione contro l’analfabetismo.
 
Ci uniamo all’appello portato unitariamente avanti da tempo da FNMOCeO, CUN, SISM, S.I.G.M, FederSpecializzandi affinché il tavolo tecnico inerente la laurea abilitante non subisca ulteriori ritardi e produca i risultati previsti.
 
“Ho visto le migliori menti della mia generazione distrutte dalla pazzia”, recitava Allen Ginsberg in “Urlo”. Non abbiamo la presunzione di definirci le migliori menti della nostra generazione, ma possiamo, vogliamo e soprattutto dobbiamo definirci distrutti da questo pressappochismo.
 
Questo sì, reca danno.
 
Samantha Pegoraro, Egidio Candela, Pietro Mascagni e oltre 600 medici e studenti che hanno sottoscritto questa lettera

04 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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