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Infermieri. L’Ipasvi incontra Gallera (Lombardia): impegno su Osservatorio e Dipartimento delle professioni sanitarie


L’assessore è intervenuto alla presentazione dei primi risultati di uno studio multicentrico nazionale sugli esiti sensibili delle cure infermieristica. Per Gallera la qualità della presa in carico“dipenderà dalla capacità di più figure di interagire nel sistema e di alcune figure, fra cui quella infermieristica in particolare, di essere leader della presa in carico”.

23 MAR - L’Assessore al Welfare Regione Lombardia Giulio Gallera assume un triplice impegno pubblicamente, di fronte a oltre 400 professionisti, per l’attivazione dell’Osservatorio delle professioni sanitarie e del dipartimento delle professioni sanitarie in Lombardia, oltre al servizio dell’Infermiere di Famiglia. Una collaborazione con i Collegi Ipasvi della Lombardia e il Comitato Infermieri Dirigenti Lombardia, per intraprendere azioni di tipo organizzativo e cliniche finalizzate al miglioramento della qualità ed equità delle cure, nata nel corso dell’evento “Studio multicentrico ESI: esiti sensibili alle cure infermieristiche, presentazione dei risultati” organizzato da Comitato Infermieri Dirigenti Lombardia, che si è tenuto il 21 marzo presso il palazzo regionale.

“L’evento – illustra in una nota Maria Mongardi, Servizio Assistenza Ospedaliera della Regione Emilia-Romagna – presenta i risultati di uno studio multicentrico nazionale che ha riguardato tre esiti sensibili alle cure infermieristiche: le lesioni da pressione, le cadute e l’incidenza della contenzione. In particolare, ha coinvolto circa 27mila pazienti, 3.200 infermieri e 190 coordinatori dell’assistenza, confermando come lo staffing infermieristico rappresenti un forte fattore protettivo”.

La ricerca, “prima in Italia”, evidenzia “la centralità della professione infermieristica rispetto alla qualità delle cure, mettendo in relazione non solo le ore infermieri-paziente, ma anche aspetti organizzativi e professionali quali il benessere lavorativo, i modelli organizzativo-assistenziali e la formazione. Alla luce anche della recente Riforma del sistema socio-sanitario lombardo, il tema della valutazione di esito delle cure sanitarie è più che mai attuale e trova un ruolo sempre più forte perché essenziale nella logica della presa in carico basata sull’accountability, intesa come la responsabilità diretta degli operatori sanitari di rendere conto dell’efficacia delle cure”.

“Lo studio – commenta Marino Dell’Acqua, Direttore S.I.T.R.A. ASST Ovest Milanese e Coordinatore CID Lombardia – ripropone dei dati sicuramente noti sulla qualità dell’assistenza, direi basilari, che ci riportano al concetto di presa in carico del paziente. Offre però interessanti prospettive future, che ci ricordano come a questo punto la scommessa della presa in carico del paziente sia proprio davanti ai nostri occhi. Siamo pronti a prenderci questo onere e portarlo avanti”.

“Il focus è sulla qualità e la sicurezza delle cure – aggiunge Simonetta Cesa, Direttore Direzione Professioni Sanitarie ASST Papa Giovanni XXIII – e le attività infermieristiche sono fortemente correlate alla sicurezza del paziente. Questo è noto da tempo, ma per la prima volta uno studio italiano ha focalizzato, valorizzandola, l’importanza della competenza”.
 
Che diventa vero valoro aggiunto, come illustrato da Federico Lega,
professore Associato di Economia aziendale all’Università Bocconi, per cui gli esiti impattano sui costi anche per la riduzione degli effetti collaterali (infezioni, cadute e contenzione), mentre un ulteriore impatto riguarda i ricavi generati da reputazione e attrazione.

E se sulla carta i giochi sono fatti, è ora necessario trovare una traduzione concreta nel contesto professionale, come afferma Beatrice Mazzoleni, presidente del Collegio Ipasvi di Bergamo e Segretario Nazionale della Federazione Ipasvi: “A questo punto vi è la necessità di acquisire un mandato e monitorare gli indicatori. La nostra Regione sta osando e sperimentando; ci auspichiamo che lo sviluppo sia continuo e che vi sia una stretta collaborazione per istituzionalizzare i dati raccolti rendendo operative le diverse realtà”. Anche perché, aggiunge Laura Chiappa, Direttore Sanitario Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, “abbiamo l’esigenza di raccogliere e organizzare questi indicatori attraverso percorsi dedicati e strumenti condivisi”.

I cambiamenti che si profilano all’orizzonte sono consistenti e dovranno necessariamente trovare una risposta di tipo strutturale e organizzativo, prevedendo nuove interazioni fra le professioni. “Finalmente si parla di indicatori – afferma Antonio Bonaldi, Esperto qualità e Direzione Sanitaria – ed emerge come gli infermieri abbiano un ruolo chiave. Adesso bisogna passare al nursing 2.0 concentrandosi sull’efficacia del lavoro quotidiano nelle Unità operative”. Perché, come spiega  Carlo Orlandi,  Clinical Risk Manager all’Ospedale San Raffaele Milano, “gli indicatori di risultato presenti nella letteratura internazionale possono indirizzare l'attività dei professionisti sanitari verso i più elevati standard di qualità e sicurezza delle cure”.

È infatti proprio nella quotidianità che si gioca la sfida, come sostiene Marco Salmoiraghi, Direttore Generale ASST SS Paolo e Carlo, in quanto “il mondo sanitario è maturo per riflettere, ricercare e promuovere la misura del dato di attività. Nella realtà quotidiana però spesso questa maturità deve essere incoraggiata. Sarebbe opportuno invece che le organizzazioni rispondessero più attivamente a stimoli di questo tipo”. Tenendo in considerazione anche il ruolo trainante della Riforma e del cambiamento di paradigma verso la presa in carico, come sostiene Luca Merlino, Qualità e Governo Clinico Regione Lombardia: “Il passaggio che bisogna fare è partire dal singolo indicatore per andare a costruire informazioni strutturate sul paziente. I dati strutturati sulla persona, oltre a garantire un’assistenza mirata, favoriscono l’integrazione fra le professioni”.

Alza il tiro Barbara Mangiacavalli, Presidente della Federazione Ipasvi, per cui “bisogna andare a ragionare sugli indicatori di esito dell’equipe che si occupa della presa in carico, e questo è tanto più importante quanto più ci si sposta dall’ospedale al territorio, dove interviene una molteplicità di attori. Nel frattempo, occorre che gli infermieri acquisiscano padronanza e dimestichezza con gli indicatori di struttura e di processo, sulla performance della professione”.

Dello stesso parare è l’assessore Welfare Regione Lombardia Giulio Gallera che, incalzato dai due moderatori Giovanni Muttillo presidente del Collegio Ipasvi di Milano e Ambrogio Bertoglio, medico psichiatra, ha affermato: “Passare dalla cura al prendersi cura è un cambio di paradigma, e in un modello in cui si faceva fatica a dialogare tra professionisti, prendersi cura significa ribaltare la visione per dare risposte efficaci alle persone. Cambiare e occuparsi della presa in carico è parte di un processo. La qualità della presa in carico dipenderà dalla capacità di più figure di interagire nel sistema e di alcune figure, fra cui quella infermieristica in particolare, di essere leader della presa in carico”.

Gli infermieri sono pronti a sostenere questo cambiamento portando il proprio contributo, come afferma Giovanni Muttillo, presidente del Collegio Ipasvi di Milano: “Come rappresentanza  professionale e come CID abbiamo la necessità di attivare l’Osservatorio delle professioni sanitarie anche quale disciplina infermieristica e valore aggiunto ben rappresentato a livello numerico. Abbiamo il dovere etico e deontologico di interrogarci attivamente nel misurare gli esiti assistenziali per garantire qualità e sicurezza delle cure. Inoltre vorremmo poter disporre di un database nazionale per lavorare sui flussi informativi e sugli outcome assistenziali, con standard assistenziali definiti a livello nazionale e il conseguente riconoscimento della prestazione infermieristica anche in termini di definizione dei costi all’interno dei DRG. Allargando il livello di dialogo e confronto, sarà possibile arrivare alla strutturazione di un Dipartimento delle Professioni Sanitarie. Non dimentichiamo che siamo in una fase di importante trasformazione, anche alle luce della Legge n. 24 sulla responsabilità professionale e le buone pratiche assistenziali, che aprirà definitivamente la strada verso il territorio e quindi all’attivazione del servizio dell’Infermiere di Famiglia”.

23 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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