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Specialisti ambulatoriali indispensabili per far rispettare i Lea e ridurre le liste d’attesa

di Antonio Magi (Sumai)

A mio parere, tutti i Piani straordinari per la riduzione delle liste di attesa possono senz’altro ridurre momentaneamente le attese ma per funzionare, le Regioni devono assegnare sul territorio le ore necessarie di specialistica ambulatoriale interna avendo il coraggio di ricoprire i turni orari di quelle branche specialistiche carenti. Sono inoltre certo che se i Pdta saranno correttamente applicati le liste di attesa legate alle prestazioni verranno alleggerite

07 APR - Vorrei partire da due recenti notizie di politica sanitaria per poi sviluppare una riflessione personale sull’evidente necessità di un maggior coinvolgimento della specialistica ambulatoriale nella gestione delle liste d’attesa, elemento questo che se governato bene a cascata è in grado di produrre effetti positivi nell’offerta dei Livelli essenziali di assistenza e dunque per tutto il sistema sanitario.
 
La prima notizia è che in queste settimane tre Regioni, il Piemonte, l’Emilia Romagna e il Lazio, hanno predisposto o stanno predisponendo dei Piani regionali di governo delle lista d’attesa. Obiettivo dichiarato è il contenimento delle liste in una logica di attenzione nei confronti dei bisogni dei cittadini.
La seconda notizia è la dichiarazione della ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, secondo la quale le cinque Regioni del centro-sud in piano di rientro (Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia) se da un lato stanno lavorando bene sul versante del risanamento dei conti, viceversa dal versante dell’offerta sanitaria non raggiungono la “soglia minima” delle cure garantite ai cittadini dal Ssn, ovvero dei Livelli essenziali di assistenza.

I piano di rientro non garantiscono l’offerta sanitaria
Ora, appare evidente che i piani di rientro costringono le Regioni interessate a non poter programmare, ma le costringono, in primis, ad abbassare quelli che sono i costi di produzione facendo tagli lineari (spesso applicati in maniera impropria), e incidendo principalmente sull’erogazione delle prestazioni sanitarie ai cittadini invece che sugli sprechi e la mala gestione.

Le liste di attesa territoriali oggi sono arrivate a numeri “scandalosi”, non degni di un paese civile, tali da costringere un cittadino a dover attendere per poter avere una specifica prestazione specialistica ambulatoriale anche 360 giorni e obbligandolo, se ne ha le possibilità economiche, a pagarsela in proprio (out of pocket).

Domanda crescente di salute e monte ore di specialistica ambulatoriale
Da quando è scoppiata la crisi economica siamo passati da un 30% dei cittadini in esenzione di ticket a quello attuale stimato a circa il 65% di esenti ticket che si rivolgono in gran parte al servizio pubblico a diretta gestione. È chiaro ed evidente che, sul territorio, queste liste d’attesa esistono in quanto ad una domanda di salute crescente non corrisponde un’adeguata offerta di ore di specialistica ambulatoriale. Perché? Sono tutte inappropriate come qualcuno vuol farci credere?

È sotto gli occhi di tutti che in molte Aziende Sanitarie, principalmente nelle Regioni in piano di rientro, in questi ultimi anni si è intervenuto con tagli di ore di offerta territoriale, riducendo in modo inappropriato il monte ore della specialistica ambulatoriale sia per prestazioni ambulatoriali che domiciliari. Monte ore già finanziato, già presente nei bilanci aziendali, quindi non ricompreso nei tagli della spending rewiev. Questo comportamento ha così acuito sul territorio una situazione di crescente attesa per avere una prestazione con il formarsi inevitabile di liste sempre più non governabili e a totale discapito dei cittadini, in particolare di quelli economicamente più bisognosi come i disoccupati, i non occupati, i pensionati, i pazienti fragili e i non autosufficienti.

Regioni, Ospedali e Territorio
Alcune di queste Regioni hanno fatto ancora di più: hanno utilizzato ed utilizzano queste ore, proprio perché non rientranti nei tagli previsti della spending rewiew, non nella naturale sede dove venivano prima impiegate cioè nei presidi territoriali e a domicilio del paziente, ma per ricoprire molte attività ospedaliere garantendo con professionalità e competenza attività nei vari reparti che nel frattempo erano andate o vanno in crisi per il mancato turnover ospedaliero. Quindi, nonostante i presupposti legislativi che prevedono un potenziamento del territorio, queste risorse economiche territoriali sono state utilizzate trasferendole verso l’ospedale con il prevedibile risultato di aver coperto sì i bisogni ospedalieri ma di aver aumentato inevitabilmente la carenza di ore di specialistica in sede ambulatoriale territoriale e incrementato il divario tra domanda ed offerta alimentando così le famigerate“liste di attesa”.

Governo delle liste d’attesa e Lea
Un buon sistema di governo delle liste d’attesa, deve far si che le prestazioni specialistiche, oltre ad essere sicuramente appropriate, siano in grado di produrre effetti benefici a cascata anche sui Lea dovendo prevedere anche un pieno e coerente utilizzo di queste risorse con un naturale coinvolgimento della specialistica ambulatoriale interna che le può soddisfare.

A mio parere, tutti i Piani straordinari per la riduzione delle liste di attesa possono senz’altro ridurre momentaneamente le attese ma per funzionare devono essere legate ad un successivo piano strutturale e permanente che soddisfi la domanda specialistica altrimenti queste si riformeranno inevitabilmente.
Le Regioni, come hanno fatto con gli ospedali quando ne hanno avuto necessità, devono assegnare sul territorio le ore necessarie di specialistica ambulatoriale interna avendo il coraggio di ricoprire i turni orari di quelle branche specialistiche carenti. Solo in questo modo si potrà attuare la presa in carico del paziente con la messa a sistema dei PDTA come previsto dal Piano Nazionale Cronicità.

I Pdta come soluzione
Ne sono certo, se i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali saranno correttamente applicati le liste di attesa legate alle prestazioni verranno alleggerite. Il paziente infatti, sarà preso direttamente in carico senza che vaghi per i diversi presidi cercando di prenotarsi le visite e gli accertamenti necessari. Il suo percorso, in raccordo con il proprio medico di medicina generale, sarà gestito in equipe con gli specialisti e le necessarie figure professionali sanitarie.

Le Regioni inoltre, dopo aver valutato il bisogno devono assegnare le ore di specialistica ambulatoriale direttamente a tempo indeterminato, trasformando gli attuali incarichi da tempo determinato a tempo indeterminato come prevede il nuovo ACN, assicurando così un effettivo risparmio economico di circa il 40%. E per fare questo occorre partire da uno studio del reale fabbisogno dell’attività prestazionale pura e della presa in carico riassegnando le ore ritenute necessarie per tutte le attività e i bisogni dei Distretti, dei Dipartimenti di Prevenzione, dei Dipartimenti di Salute Mentale, dei Consultori, dei presidi del materno infantile, della Tutela salute e riabilitazione mentale in età evolutiva, dei luoghi di detenzione, dell’assistenza domiciliare, semiresidenziale e residenziale e perché no, quando serve, anche dell’ospedale.

Fortunatamente esiste in Italia la Specialistica Ambulatoriale Convenzionata Interna che, come abbiamo visto, ha contribuito e contribuisce quotidianamente al mantenimento del SSN in ospedale e sul territorio operando in tutti i settori della sanità pubblica con grande senso del dovere e certificate competenze specialistiche in qualità di Medici Chirurghi, Medici Veterinari, Psicologi, Biologi e Chimici. In conclusione l’attività svolta dagli specialisti ambulatoriali è imprescindibile in quanto parte dell’offerta sanitaria e dunque dei Lea.  
 
Antonio Magi
Segretario generale SUMAI-Assoprof


07 aprile 2017
© Riproduzione riservata

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