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Infermieri tra fabbisogno e qualificazione professionale. Il “MAP” parte da Torino


Si tratta del Metodo Assistenziale Professionalizzante, presentato a Torino nel corso dell’evento Ecm promosso dall’Ipasvi. Il suo scopo è mettere a punto piani di assistenza standard in relazione a specifici problemi di salute, così da liberare “spazio mentale” per concentrarsi sulla personalizzazione, l'armonizzare le cure, la riduzione del rischio, il miglioramento dell’organizzazione.

13 GIU - Si chiama MAP, Metodo Assistenziale Professionalizzante. Ed è il meccanismo presentato a Torino durante il convegno Ecm “Assistere in sicurezza. DRG e assorbimento di risorse assistenziali: un metodo a supporto di Professionalità e Governance”, organizzato dal Collegio Ipasvi del capoluogo piemontese.

Il MAP è un vero e proprio supporto per la pianificazione assistenziale infermieristica e ha come obiettivo quello di proporre  e sperimentare un metodo per la messa a punto di piani di assistenza standard in relazione a specifici problemi di salute, costruendo uno strumento informatizzato, flessibile, di facile uso che, in ragione della complessità della persona assistita, sostenga razionalmente la definizione delle dotazioni organiche.

In estrema sintesi, spiega il Collegio Ipasvi, “le ricadute attese del Map sono quelle di liberare 'spazio mentale' per la pianificazione personalizzata, armonizzare l’azione professionale collettiva e favorirne il coordinamento, sostenere l’atteggiamento proattivo, rendere più evidenti le differenze di responsabilità rispetto agli OSS, quantificare  con maggior precisione l’intensità assistenziale  standardizzabile”.

L’utilizzo del MAP a livello di Collegio di Torino è anche stato utilizzato come metodo a supporto della strategia negoziale sul fabbisogno di personale  con la Regione Piemonte grazie a elaborati di gruppi di lavoro utilizzabili per costruire piani standard. In questo caso è stato definito “MAP risorse” ed è stato utilizzato come strumento che oltre a supportare la pianificazione assistenziale, contribuire alla definizione di standard ai quali tendere, documentare l'attività periferica: costruzione e valutazione dinamica delle dotazioni organiche a livello della singola struttura, dipartimento, presidio, azienda, offre una risposta appropriata ai bisogni dell'utenza e una risposta altrettanto appropriata ai bisogni degli infermieri di lavorare, appunto, appropriatamente e di gestire i tempi lavoro  per rispondere con le proprie competenze alle necessità assistenziali.

“Il MAP – evidenzia l’Ipasvi Torino - è applicabile anche sul territorio (MAPt) e in questo caso è in grado di documentare la complessità, sostenere la presa in carico e formulare una proposta di ottimizzazione dei servivi”.

Il MAP insomma è ritenuto utile per programmare meglio, per concentrarsi meglio sulla personalizzazione, per armonizzare le cure, per ridurre il rischio di dimenticanze, per attribuire le attività all’Oss, per migliorare la documentazione. “Il MAP rappresenta l’inizio dell’interesse verso la complessità assistenziale e si basa su dotazioni organiche definite in base a criteri molto diversificati, soprattutto minutaggio per specialità, tenendo presenti le differenze importanti di organico quali-quantitativo tra strutture simili. E la valutazione della complessità assistenziale e la definizione del fabbisogno di risorse umane sono i due strumenti che il MAP mette in campo per rilevare le variabili alterate, classificare il livello di complessità, identificare le necessità assistenziali, definire obiettivi, azioni e valutare gli esiti, definire il numero di professionals e di operatori di supporto necessario per assistere ogni persona assistita”.

La sua utilizzazione vale sia in ambito organizzativo dove l’infermiere con posizione gestionale, a partire dai  dati rilevati dagli infermieri clinici è in grado di calcolare e modulare in breve tempo il fabbisogno quali-quantitativo di personale per erogare l’assistenza necessaria rispondente a criteri di qualità, sicurezza e sostenibilità economica, sia in ambito assistenziale in cui l’ infermiere clinico in grado di rilevare tutti gli elementi costitutivi la complessità assistenziale, elaborare il piano di assistenza, tracciare l’assistenza e documentare gli esiti.

Al convegno d Torino il MAP è anche stato valutato dagli oltre 200 infermieri intervenuti al corso Ecm, che rispetto alla domanda loro formulata in che misura nelle organizzazioni sanitarie, si sente la necessità di un metodo che definisca il fabbisogno di personale – il MAP appunto – hanno risposto nell’88,1% dei casi “molto rilevante”, nell’11,2% “rilevante”, hanno giudicato “poco significativa” la necessità nello 0,2% dei casi e nessuno ha comunque ritenuto che il metodo fosse “poco rilevante”.

All’ulteriore domanda “Riterresti utile che il metodo e lo strumento presentati fossero utilizzati nel tuo contesto organizzativo per garantire miglior qualità nell’assistenza?” le risposte sono state nel 72,1% dei casi “sarebbe molto utile” e nel 20% “sarebbe utile. Il 7,1% lo ha giudicato “parzialmente utile” e solo lo 0,8% “non significativo”.

Critiche invece le risposte alla domanda riguardante la misura attuale, nei vari setting di cura, dei metodi utilizzati per la composizione di equipe assistenziali che tengano conto dei livelli di complessità. Il 59,7% delle risposte infatti l’ha giudicata “insufficiente”, ma il 22,7% “inesistente”. Il 15,6% ha risposto “in modo parzialmente adeguato” e solo il 2% ritiene che i metodi attuali siano adeguati.

Infine una domanda diretta sul lavoro svolto dal Collegio di Torino per applicare il metodo MAP per sapere In che misura può contribuire a migliorare la definizione delle dotazioni di personale infermieristico e di supporto. “Molto rilevante” e “rilevante” sono state l’85,4% delle risposte, “parzialmente significativa” il 12,6% e solo il 2% l’ha giudicata “per nulla significativa”.

13 giugno 2017
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