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Per la dirigenza medica e sanitaria vogliamo un vero contratto “unico”

di Alberto Spanò

Il primo contratto unico della dirigenza sanitaria può e deve rappresentare un momento fondamentale di piena integrazione dove le categorie della dirigenza vengono riconosciute come autentico sostegno ed integrazione ai medici ed alla loro innegabile peculiarità. Per esser tale questo contratto deve però essere definito e gestito in forma di piena ed autentica integrazione anche degli istituti contrattuali, come era già nei contratti precedenti

06 APR - Il percorso rivendicativo ultradecennale delle categorie della dirigenza sanitaria verso l’unica area contrattuale della Dirigenza Sanitaria è stato salutato da biologi, chimici, fisici, psicologi e farmacisti come un traguardo storico, segno di una crescita professionale armonica ed integrata con i medici ed i veterinari.

Questa crescita armonica è stata vissuta in positivo dai medici che ne hanno colto il significato di sinergia e sostegno più complessivo al Ssn ed ai valori che lo sostengono. Queste categorie, dopo una fase storica iniziale in cui vi sono state alcune “incomprensioni” con i colleghi medici, sono poi state integrate nel tessuto complessivo e riconosciute quali elementi di sostegno e non di negazione della centralità medica del sistema sanitario.

Ora il primo contratto unico della dirigenza sanitaria può e deve rappresentare un momento fondamentale di piena integrazione dove le categorie della dirigenza vengono riconosciute come autentico sostegno ed integrazione ai medici ed alla loro innegabile peculiarità che li rende centro del sistema della salute. Per esser tale questo contratto deve però essere definito e gestito in forma di piena ed autentica integrazione anche degli istituti contrattuali, come era già nei contratti precedenti e come non può non essere nel primo contratto “unico”.

In tale direzione, fatte salve le specificità e gli istituti contrattuali tipici e spettanti ai medici, non potrà essere accettata una articolazione non unitaria del sistema dei fondi di posizione, di risultato e di disagio, oggi collocati nelle due precedenti diverse aree contrattuali.

Non si tratta di una rivendicazione in crescita dei trattamenti, anzi in molti casi anche di possibile diminuzione, ma di una questione di qualità e dignità di un’area, intesa nella sua complessiva articolazione e funzione, e nessuna ipotesi alternativa potrà essere accettata dalla dirigenza sanitaria, disposta anche a prendersi un ruolo di sostegno laterale della figura professionale centrale, innegabilmente medica, ma non a subire scenari inaccettabili ed improponibili di ghettizzazione.
 
Alberto Spanò
Responsabile Nazionale Dirigenza Sanitaria Anaao Assomed


06 aprile 2018
© Riproduzione riservata

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