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Certificati medici facili? Fimmg: “Serve riforma. Certificare non può diventare un incubo per il medico”


Il vice segretario del sindacato dei medici di famiglia Pier Luigi Bartoletti interviene sulla sentenza della Corte dei conti dell’Umbria che ha sanzionato un medico reo di aver certificato una malattia ad un dipendente che però aveva simulato il malanno. “Se stare a casa e curarsi è un diritto del lavoratore, questo non può diventare un incubo per chi lo deve certificare”. E poi rilancia la proposta di autocertificazione per i primi 3 giorni di malattia.

03 LUG - “La sentenza della Corte dei Conti Umbria (n. 47 del 20 dicembre 2017) che addossa la colpa al medico di famiglia, reo di aver certificato la malattia di un dipendente pubblico, giudicandolo corresponsabile della condotta dolosa del dipendente che ha simulato, anche attraverso documentazione clinica, un lungo periodo di malattia, rende urgente una rivisitazione del sistema di responsabilità connesso alla certificazione”. Lo dichiara il vice segretario nazionale vicario della FIMMG, Pier Luigi Bartoletti.
 
“E' ineludibile la necessità di rivedere un modello che scarica sul medico di famiglia le inefficienze di un sistema caricandolo di oneri e responsabilità burocratiche sempre più collidenti con il suo impegno di medico, togliendo tempo ed energia al lavoro clinico – sottolinea Bartoletti -. E' ora che l’autocertificazione dei primi tre giorni, da disegno  che giace da anni alle Camere, diventi legge. Questo aiuterebbe a responsabilizzare il lavoratore ed a dare ai medici certificatori la possibilità di lavorare con più serenità concentrandosi sulle malattie più serie e diagnosticabili”.
 
“Mentre nel codice penale militare è un reato simulare un “infermità” per evitare il servizio ed ingannare il medico militare, sembra che tra i “civili” farsi “buggerare” da un furbacchione diventi una colpa per il tapino che ci capita – prosegue Bartoletti -. Oltre l’amarezza nel leggere tali cose, rimane il fatto che si evidenzia una inefficienza dei controlli, che però non viene nominata. In sei mesi di malattia perlomeno qualcuno avrà verificato fiscalmente la presenza o meno di tali patologie, se nessuno l’ha fatto c’è da chiedersi perché, se qualcuno invece l’ha fatto allora cosa c’entra il medico di famiglia? Sparare sul più debole della filiera di responsabilità in merito alla certificazione è un pericoloso modo di fare. Intimorisce chi tutti i giorni, certificando la malattia, tutela un diritto del cittadino, innescando così pericolose quanto umane dinamiche difensive a scapito sia del cittadino che del sistema stesso. È un fatto che tutta la certificazione di malattia ricada sulle spalle della nostra categoria, determinando un considerevole aggravio di compiti e responsabilità senza alcuna tutela nei confronti di eventuali furbacchioni, ma anzi pure il rischio di essere condannati per avere in buona fede certificato una malattia. Bisogna rivedere la materia e la norma, perché, se stare a casa e curarsi è un diritto del lavoratore, questo non può diventare un incubo per chi lo deve certificare” conclude Bartoletti.

03 luglio 2018
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