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Medici Inps/2. Interessi economici dei medici non possono diventare merce di scambio per scovare i (presunti) falsi invalidi

di Fabio Cembrani

Si faccia una riforma seria di tutto il settore assistenziale, lo si riporti all’interno delle logiche del Servizio sanitario nazionale e si facciano regole più chiare nei criteri di accesso alle prestazioni rispetto a quelle oggi esistenti che frazionano la disabilità in molti rivoli e che creano disuguali tra uguali. Si abbia finalmente il coraggio di farlo senza annunci e senza slogan

11 OTT - A partire da ‘Il Fatto Quotidiano’, in questi giorni molti Giornali hanno dato risalto alla decisione assunta dal Presidente dell’INPS di introdurre, tra i criteri per la retribuzione di risultato dei medici dell’Istituto previdenziale, il numero di revoche delle pensioni di invalidità: un altro paradosso che, fortificato dalla modifica costituzionale frettolosamente apportata nel 2012 dal Governo presieduto da Mario Monti, annuncia il sacrificio ‘sull’altare della patria’ di quei diritti costituzionali proclamati dall’art. 38 della nostra Costituzione che possiamo sinterizzare in quella liberta dal bisogno ripresa nella Carta Atlantica con cui Churchill e Roosevelt, nell’agosto del 1941, hanno dato forma e contenuti alla loro lotta contro l’aggressione nazista ed alle prospettive di pace.

Chissà chi è il vero artefice della decisione assunta da Tito Boeri che, proprio oggi, ha nuovamente sparato a zero contro il Documento di economia e Finanze (DEF) approvato dal Consiglio dei Ministri affermando che la riforma della legge Fornero porterà ad un disavanzo, per il bilancio dello Stato, di quasi 100 miliardi di Euro dimenticando però di dire che i risparmi prodotti da quella frettolosa riforma imposta dai tecnocrati europei sono stati utilizzati per ripianare il debito pubblico senza alcun meccanismo di redistribuzione, tanto meno sulle generazioni future.

Non saranno forse state le deluse aspettative di rinnovo contrattuale dei medici previdenziali che, come è noto a tutti, sono poco remunerati?
O, forse, le provocazioni che giungono al nostro Paese dall’instabilità dei mercati finanziari e da uno spread con cui ritorniamo a confrontarci senza però riflettere sui suoi reali determinanti causali?

O non sarà forse stato l’efficientismo performante che percorre tutto il pianeta della sanità se è vero – come è purtroppo vero - che molti meccanismi incentivanti della Dirigenza medica sono condizionati dal rispetto dei vincoli finanziari? Chi spende stando all’interno dei vincoli di Budget viene remunerato; chi li supera, nell’interesse (ci si augura sempre) di salute delle persone, viene invece penalizzato.

La strana linea della postmodernità corre oggi così ed i virtuosi non sono quei professionisti che producono value ma quelli che effettuano tante (spesso inutili) prestazioni stando dentro ai limiti della spesa.

Con questo non voglio certo banalizzare le molte questioni prodotte dalla sostenibilità del Servizio sanitario nazionale che impegna la nostra diretta responsabilità nel buon uso delle risorse (ricordando che si tratta di uno score prevalentemente etico e deontologico) ma riflettere sul fatto che, come medici impegnati, non possiamo più accettare logiche sprezzanti il bene pubblico che aprono la strada ai diritti negati.
 
Gli interessi economici personali dei medici non possono essere una merce di scambio usata a mo’ di baratto e non è certo questo il grimaldello che deve essere utilizzato per scovare i (presunti) falsi invalidi che sembrano popolare i sempre più ampi anfratti del nostro Paese; si faccia una riforma seria di tutto il settore assistenziale, lo si riporti all’interno delle logiche del Servizio sanitario nazionale e si facciano regole più chiare nei criteri di accesso alle prestazioni rispetto a quelle oggi esistenti che frazionano la disabilità in molti rivoli e che creano disuguali tra uguali. Si abbia finalmente il coraggio di farlo senza annunci e senza slogan.

E chi fa il nostro mestiere deve lanciare un grido di denuncia pubblica sul malcostume italico che, ancora una volta, sacrifica le persone più deboli e fragili; perché anche noi medici-legali pubblici non possiamo abdicare alla nostra autonomia ed alla nostra responsabilità sulla base di indebite pressioni economiche, da qualunque parte esse provengano.

Perché farlo sarebbe tradire non solo tutta la nostra tradizione deontologica ma anche la legge penale. Ricordando agli sbadati che in questa norma trova ancora diritto di cittadinanza il delitto di omissione (rifiuto) di atti d’ufficio sottolineando che si tratta di un reato proprio, alternativamente di pericolo (primo comma) e di danno (secondo comma), di mera condotta ed a forma libera in quanto la condotta dell’agente non viene esplicitata da questa stessa legge.
 
E che le politiche di sostegno alla disabilità pretendono una rinnovata prospettiva di solidarietà pubblica, fatta di diritti che non possono essere annunciati a voce per essere poi traditi e negati e di una nostra buona dose di assunzione di responsabilità che è anche e soprattutto etica, umana e civile.
 
Fabio Cembrani
Direttore U.O. di Medicina Legale
Azienda provinciale per i Servizi sanitari di Trento  

11 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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