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Consiglio di Stato. Farmacie nei supermercati? “Solo se non si creano vuoti di assistenza”


Una sentenza del Consiglio di Stato chiarisce che la richiesta di trasferimento di sede da parte di un farmacista può essere accolta solo se non lascia “abbandonata” la zona dove esercitava fino a quel momento. Il caso dei centri commerciali fuori città.

19 GEN - Con un’ultima sentenza, la n. 6810 del 23 dicembre 2011, la Terza Sezione del Consiglio di Stato è tornata su un argomento che, negli ultimi tempi, è stato molto spesso oggetto di decisioni contrastanti.

Parliamo dell’ipotesi del trasferimento di locali da parte di un titolare di farmacia nell’ambito del proprio perimetro di pertinenza.
Sino ed ancora oggi, la giurisprudenza è stata costante nel confermare che l’istanza di un farmacista che voglia trasferire il proprio esercizio nell’ambito del perimetro di pertinenza non deve essere considerata una mera presa d’atto bensì deve essere oggetto di una attenta e discrezionale valutazione da parte della Pubblica Amministrazione (tra le altre CdS, III sez. n. 5992/2011).
Quest’ultima sentenza come le altre stabilivano, peraltro, che, qualora l’istanza di trasferimento fosse stata accolta, la motivazione del provvedimento  dell’Amministrazione non doveva essere particolarmente dettagliata e puntuale.
Viceversa, qualora l’istanza del titolare volta al trasferimento della farmacia, fosse stata rifiutata detto diniego doveva essere assolutamente ben motivato al fine di non ledere gli interessi del titolare di farmacia.
Ebbene la fattispecie oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza richiamata in epigrafe riguarda un provvedimento del Comune di Venezia con il quale l’Amministrazione aveva rigettato un’istanza di trasferimento da parte di un titolare di farmacia che intendeva spostare il proprio esercizio in un importante centro commerciale.

Il Consiglio di Stato ribaltando la decisione di primo grado del TAR Veneto, sezione III del 26 gennaio 2011 n. 104, ha voluto sottolineare come alla luce delle nuove tendenze economiche sociali la valutazione discrezionale della Pubblica Amministrazione, nel caso di richieste di farmacisti di trasferimento da un locale ad un altro, debba essere attenta e puntuale.
Il caso preso in considerazione dalla sentenza in parola è proprio quello del grande centro commerciale che richiama un gran numero di avventori, provenienti peraltro non solo dal territorio immediatamente circostante, bensì da un bacino del raggio di diversi chilometri.
“L’avventore tipo del grande centro commerciale” afferma la sentenza “si reca a fare i propri acquisti con il proprio automezzo e per  lui non è tanto importante la brevità della distanza quanto la facilità del percorso e del parcheggio. Il centro commerciale è progettato proprio per soddisfare questo genere di clientela; e la sua ubicazione e la sua strutturazione lo rendono di fatto inaccessibile a chi, pur abitando meno lontano di altri, non può o non vuole spostarsi con un automezzo privato,,.

Ne consegue che se una farmacia viene collocata presso una di queste grandi strutture di vendita il suo titolare potrà contare su un notevole afflusso di clientela, ma si tratta di una clientela interamente diversa da quella che la farmacia è destinata e vincolata a servire.
“E’ questo”, continua la richiamata sentenza, “ un caso nel quale si realizza proprio quella ipotesi della farmacia che viene situata in un luogo molto vantaggioso per il gestore, ma che la rende inutilizzabile o comunque soverchiamente malagevole proprio per i residenti della zona.
Una situazione nella quale è legittimo e, si direbbe, doveroso negare l’autorizzazione,,.
Questa conclusione appare tanto più evidente, ove si consideri che nel sistema “chiuso,, delle farmacie l’esercente, che di fatto abbandona la propria zona per situarsi in una ubicazione periferica inaccessibile o quasi per la relativa popolazione, tuttavia inibisce ope legis a qualunque altro farmacista la possibilità di aprire un nuovo esercizio a servizio di quella zona.

“In altre parole”, conclude la decisione del Consiglio di Stato, “in casi del genere, la popolazione della zona non solo perde la possibilità di servirsi agevolmente presso “quella,, farmacia, ma non ha neppure la chance  che il vuoto venga riempito da un altro gestore. Ciò quanto meno fino ad  una successiva revisione della pianta organica, peraltro non sempre di facile attuazione visto che il numero complessivo delle farmacie è comunque bloccato e pertanto coprire una zona significa scoprirne un’altra, senza contare che, in ogni caso, anche nell’ipotesi di modifica della pianta organica l’autorità sanitaria non ha ordinariamente il potere di imporre il trasferimento di una farmacia contro la volontà del suo titolare e pertanto il problema potrebbe trovare soluzione solo nell’ipotesi che vi fossero presupposti per aprire una farmacia di nuova istituzione,,.
La decisione così come assunta parrebbe in contrasto con le altre pubblicate nel recente passato anche da parte della medesima sezione del Consiglio di Stato ma ad avviso dello scrivente rappresenta un caso singolare che, peraltro, è stato ed è oggetto di un’attenta valutazione anche del legislatore che vorrebbe prevedere la possibilità di aprire farmacie in centri densamente frequentati come stazioni, aereoporti ed, appunto, centri commerciali.

Avv. Paolo Leopardi
 

 

19 gennaio 2012
© Riproduzione riservata

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