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Cassazione. Medico sbaglia prescrizione anticoncezionale. Mantenimento del figlio non voluto a carico assicurazione del sanitario


Un medico di base è stato condannato a risarcire i danni per una nascita indesiderata (116.273 euro) perché ha prescritto un farmaco non adatto alla contraccezione nonostante le richieste della paziente. La Cassazione (sentenza 4738/2019), contrariamente ai giudici di primo e secondo grado, stabilisce che la copertura del danno rientra nel contratto assicurativo del sanitario. LA SENTENZA

27 FEB - Se il medico di medicina generale sbaglia nel prescrivere un trattamento anticoncezionale a una coppia e nasce un figlio indesiderato, il medico paga le spese di mantenimento per il figlio non voluto.

Lo ha deciso la terza sezione civile della Corte di Cassazione con la sentenza 4738/2019.
 
Il fatto
Un medico di base è stato citato in tribunale per danni da nascita indesiderata per aver prescritto un farmaco non adatto alla contraccezione come invece richiesto da una paziente e il medico ha chiamato in causa per il risarcimento la sua compagnia assicuratrice per far fronte alle spese di mantenimento (manleva)  quantificate il 116.273 euro oltre agli interessi legali, ma il Tribunale ha accolto la richiesta di risarcimento e respinto la domanda di manleva del medico, successivamente respinta anche dalla Corte di Appello che tuttavia, una volta riesaminata la sentenza in base al dettato della cassazione, l’ha accolta.
 
La sentenza
Per la Corte le argomentazioni addotte dai giudici del merito a sostegno del rifiuto di manleva non sono condivisibili, con la conseguenza che il medico va quindi garantito dalla propria compagnia di assicurazione rispetto alla condanna al risarcimento per la nascita non voluta.
 
La Cassazione ha enunciato un principio secondo cui "l'applicazione delle norme ermeneutiche di cui agli articoli 1362 ss. c.c. è un'operazione di diritto, che peraltro non è affidata a una potestà dispositiva delle parti coinvolte, id est non dipende da specifiche argomentazioni della parte interessata. Questa deve portare il fatto all'esame del giudice … e poi jura novit curia".

Secondo la sentenza “se il contenuto di un contratto di per sé  è fattuale,  ciò non toglie, invece, che il suo accertamento deve essere espletato seguendo norme dettate appositamente dal legislatore, e non in modo generalista/atecnico: l'applicazione delle norme ermeneutiche di cui agli articoli 1362 ss. e.e. è un'operazione di diritto, che  peraltro  non  è affidata a una potestà dispositiva delle parti coinvolte, id est non dipende da specifiche argomentazioni della parte interessata. Questa deve portare il fatto all'esame del giudice - qui l'accordo negoziale tra le parti insorto - , e poi juranovit curia”.

La Cassazione prosegue sottolineando che “peraltro,avendo proposta la domanda di manleva (come riconosce il giudice d'appello), è evidente che l'attuale ricorrente ha prospettato al giudicante che nella polizza fossero compresi tutti gli errori, non espressamente esclusi, che egli avrebbe potuto commettere nella sua attività professionale di medico nei confronti di terzi che ne venissero danneggiati: il che in tale tipo di polizza non appare affatto "fantasioso". Peraltro, nulla toglie - si ripete - che l'interpretazione del contratto deve essere effettuata secondo la legge: e la prima delle norme ermeneutiche (articolo 1362, primo comma, e.e.) prevede proprio il superamento della lettera se questa si distacca dalla comune intenzione delle parti, che si deve comunque ricercare ("indagare")”.
 
Quindi per la Cassazione “in conclusione …. la sentenza deve essere cassata con rinvio, anche per le spese di lite, alla corte territoriale in diversa composizione, affinché proceda a interpretare  il  contratto  assicurativo  di cui è causa  secondo gli articoli 1362 ss.e.e.”.

27 febbraio 2019
© Riproduzione riservata

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