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Invalidi e inserimento nel mondo del lavoro. Tutti i ritardi per un collocamento mirato

di Domenico Della Porta

Nel 2014 le persone con disabilità, italiane e straniere, iscritte negli elenchi del collocamento mirato risultano essere 789.383. Ma per superare le criticità segnalate dagli stessi utenti basterebbe applicare in modo preciso e rigoroso la normativa vigente in materia Igiene e Sicurezza sul lavoro

20 MAR - Non è semplice procedere ad una valutazione dell’efficacia delle politiche di inserimento lavorativo delle circa 800.000 persone con disabilità, comprendenti invalidi civili, invalidi del lavoro, invalidi per servizio, non vendenti e non udenti, se si ha a disposizione nel 2019 una Relazione sullo stato di attuazione della legge 68/99, che reca norme per il diritto al lavoro dei disabili, riferita al 2015.
 
Questo importante strumento informativo-programmatorio, a 20 anni dalla promulgazione della 68 del 1999, ha detto Franco Bettoni, presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Mutilati ed invalidi sul lavoro, ANMIL, sconta attualmente anche pesanti ritardi nella sua trasmissione al Parlamento, che la rendono spesso obsoleta già al momento della sua pubblicazione. L’ultima Relazione al Parlamento, l’ottava, è stata trasmessa alle Camere il 28 febbraio 2018, con riferimento al biennio 2014-2015. Ciò vuol dire che le informazioni in essa contenute sono state rese disponibili ben due anni dopo la chiusura del biennio preso in esame e quattro anni dopo la relazione precedente, riferita al 2012-2013.
 
È evidente, ha aggiunto Bettoni, che dati più aggiornati consentirebbero di delineare un quadro maggiormente aderente alla situazione attuale e per questo si è più volte auspicato che la Relazione possa in futuro essere emanata con cadenza annuale o, quantomeno, che ne vengano rispettati i tempi di trasmissione. Nel 2014 le persone con disabilità, italiane e straniere, iscritte negli elenchi del collocamento mirato risultano essere 789.383. Per l’anno successivo il dato appare leggermente inferiore. La stragrande maggioranza degli iscritti è rappresentata dagli invalidi civili, pari a poco più del 95% del totale sia nel 2014 che nel 2015. Per quanto riguarda gli invalidi del lavoro iscritti al collocamento mirato, si deve constatare che il loro numero è aumentato dall’entrata in vigore della legge 68/1999, quando gli invalidi del lavoro disoccupati erano circa 10.000, a fronte per contro di una costante diminuzione degli infortuni sul lavoro. Segno evidente che i meccanismi del collocamento non hanno avuto per questa categoria i benefici sperati e che sono necessari interventi di altro tipo, conclude l'Anmil.
 
Ecco perché va valorizzata la funzione dei Comitati Tecnici che studiano, non sulla base dell’andamento statistico dei collocamenti ma per ogni diversamente abile “un percorso giusto per un posto aggiustato”. (QS  9.2.2018) Tali organismi, istituiti dall’art. 8 della legge 68 del 1999 sul collocamento mirato, e confermato dal D.Lgs. 151 del 2015 all’art. 7, operano, oggi, all’interno delle Aree delle Agenzie Regionali della Direzione Centrale del Lavoro del Ministero del Lavoro e sono composti da: un funzionario della stessa agenzia, un medico legale dell’INPS, un medico dell’INAIL, un medico del Dipartimento della Salute Mentale ASL, un esperto del Servizio Integrazione Lavorativa, uno Psicologo ASL ed un Medico del Lavoro del Dipartimento di Prevenzione ASL.
 
Per superare le criticità segnalate dagli stessi utenti basterebbe applicare in modo preciso e rigoroso la normativa vigente in materia Igiene e Sicurezza sul lavoro (D.Lgs 81/08). La configurazione dei posti di lavoro, le attrezzature e gli utensili devono essere adeguati alle dimensioni corporee dei lavoratori. Bisogna tenere in considerazione anche i movimenti del corpo e la presenza di dispositivi di comando. Le mansioni che richiedono uno sforzo fisico elevato o l’esecuzione di movimenti ripetitivi e l’assunzione di posture innaturali per molte ore, vanno ridotte allo stretto indispensabile. Le attrezzature e i dispositivi devono essere maneggevoli e poter essere utilizzati agevolmente.
 
Lo spazio a disposizione deve permettere sufficiente libertà di movimento durante il lavoro. Anche se le mansioni da svolgere non comprendono il sollevamento o il trasporto di carichi pesanti, - come capita per i diversamente abili - l’attività può causare un forte affaticamento fisico, essendo correlata a movimenti ripetitivi di mani e braccia, e all’immobilità di testa e corpo. Alla carenza di movimento fisico possono subentrare disturbi cardiocircolatori o di diverso tipo.  Stando in piedi per più di cinque ore al giorno, anche se sorretti a tutori o presidi di aiuto, la muscolatura e i tessuti di schiena, gambe e piedi possono essere sollecitati in misura tale da causare disturbi della salute. Perciò, secondo la legge sul lavoro si dovrebbe evitare di stare a lungo seduti o in piedi.
 
In un recente documento di circa cinquanta pagine, redatto dall’AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) in collaborazione con aziende, organizzazioni, associazioni ed esperti di accessibilità e usabilità, sono indicate una serie di modalità formali ed elencati, altresì, i diversi possibili strumenti adatti alle diverse disabilità, anche in combinazione di pluriminorazioni.
 
Era infatti necessario un punto di partenza ufficiale da cui il datore di lavoro prendesse i riferimenti sia normativi che tecnici, per attrezzare opportunamente la postazione del dipendente con disabilità, il quale resta comunque al centro di ogni decisione sugli strumenti più adatti alle proprie personali esigenze, considerando le capacità fisiche e le mansioni lavorative.  In esso sono sottolineati  contributi e integrazioni, anche di carattere pratico, sulla necessità dell’abbattimento di barriere architettoniche e sensoriali per il raggiungimento in autonomia della postazione di lavoro, nonché della possibilità di inserire un elenco di centri specializzati sulle tecnologie assistive – opportunamente accreditati e distribuiti nelle varie Regioni italiane – al fine di affiancare le aziende e di permettere prove pratiche per l’implementazione di una postazione di lavoro adatta ad ogni tipologia e complessità di disabilità, evitando sprechi e perdite di tempo.
 
A pagina 10 delle Specifiche riportate nel documento  si scrive per altro che «le problematiche trattate riguardano quindi, per la precipua competenza dell’AgID, il solo ambito dell’accessibilità digitale, anche se esse non possono essere disgiunte da altri aspetti collegati come, ad esempio, l’ergonomia della postazione, l’accessibilità architettonica per il raggiungimento della postazione, i processi socio-organizzativi di valutazione “interna o esterna” della idoneità delle soluzioni adottate, gli strumenti software legati a domini applicativi specifici, il nomenclatore tariffario dei prodotti assistivi». 
 
Il Decreto Legislativo 151/2015 ha attribuito al comitato tecnico, già previsto dalla vecchia normativa, compiti più specifici e la piena responsabilità dell’inserimento mirato. In particolare, l’articolo 7 del Decreto Legislativo n. 151/2015 emanato in attuazione della Legge n. 183/2014 (Jobs Act) modifica l’art. 8 della legge n. 68/99 relativo agli elenchi e graduatorie. Con la modifica del comma 1, stabilisce che, la tenuta dell’elenco delle persone con disabilità, che risultano disoccupate e aspirano ad una occupazione conforme alle proprie capacità lavorative, è di competenza dei servizi per il collocamento mirato nel cui ambito territoriale si trova la residenza della persona con disabilità che può iscriversi nell’elenco di altro servizio in altra parte d’Italia, previa cancellazione dall'elenco in cui era precedentemente iscritta.
 
Domenico Della Porta
Docente di Medicina del Lavoro Università Telematica Internazionale Uninettuno – Roma
Presidente Osservatorio Nazionale Malattie Occupazionali e Ambientali Università di Salerno

20 marzo 2019
© Riproduzione riservata

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