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Regionalismo differenziato. Smi: “Si rischia di aprire la medicina generale al privato”


Il presidente del sindacato Ludovico Abbaticchio rilancia le preoccupazioni sul progetto autonomista: “Può demolire l’universalismo del Ssn e penalizzare il Mezzogiorno. Vi è il rischio concreto che si voglia cambiare il rapporto di lavoro del medico di medicina generale con il Ssn”.

23 MAR - “Gli accordi riguardanti il regionalismo differenziato tra il Governo e le Regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna possono mettere in discussione l’universalismo del Servizio Sanitario Nazionale e penalizzare il Mezzogiorno” ha dichiarato Ludovico Abbaticchio, Presidente nazionale dello SMI, partecipando oggi all’incontro di approfondimento presso il Policlinico di Bari, promosso dal Comitato per l’Unità della Repubblica.
 
“Il regionalismo differenziato prevede che ulteriori materie legislative (sanità, istruzione, tutela dell’ambiente, ect.)  siano date in esclusiva gestione alle regioni, sottraendole alla gestione congiunta dello Stato. La decisione di destinare la quasi totalità dei proventi dei residui fiscali alle Regioni del Nord metterebbe in grave crisi il sistema perequativo dello Stato, che con la fiscalità generale, finanzia lo stato sociale, le infrastrutture, l’istruzione e la sanità di tutto il Paese”, continua Abbaticchio.
 
“Prendendo a riferimento l’accordo Governo e Regione Veneto, in tema di sanità, viene fuori che si attribuisce una maggiore autonomia alla Regione, finalizzata a rimuovere i vincoli di spesa a riguardo delle politiche di gestione del personale dipendente convenzionato o accreditato. La Regione avrà mano libera in materia di accesso alle scuole di specializzazione e potrà stipulare specifici accordi con le università presenti sul territorio regionale. Il Veneto, inoltre, potrà redigere contratti a tempo determinato di specializzazione lavoro per medici, alternativi al percorso delle scuole di specializzazione, solo per restare alle questioni riguardanti i medici”.
 
“Vi è il rischio concreto che si voglia cambiare il rapporto di lavoro del medico di medicina generale con il SSN, che oggi è di tipo parasubordinato, ossia con la compresenza di subordinazione e autonomia, con un rapporto di tipo privatistico ed aprire, in questo modo, ad organizzazioni private (leggi cooperative) di professionisti sanitari  il Servizio Sanitario Nazionale” continua Abbaticchio.
 
“Ci opporremo, con forza, contro un regionalismo differenziato che non può rappresentare il grimaldello per privatizzare il rapporto di lavoro dei medici, così come non accetteremo l’ipotesi che la   formazione sia devoluta alle regioni perché si correrebbe il rischio della nascita di sistemi universitari diversificati in giro per il Paese.
Grandi perplessità esprimiamo, inoltre, sul ruolo che le assicurazioni private potrebbero assumere per le coperture di servizi di assistenza sanitaria e di prestazioni mediche oggi erogate dal servizio pubblico. Per queste ragioni, ribadiamo che il Servizio Sanitario Nazionale debba mantenere il suo carattere omogeneo e non debba essere trasformato in una somma di servizi sanitari regionali, con l’aggravante dell’aumento dei cosiddetti ‘viaggi della speranza’ (pazienti che dalle regioni del Sud si vanno a curare nelle regioni del Nord)” aggiunge Abbaticchio.
 
“Si apra, in Italia, da subito, un dibattito partecipato con le professioni mediche, con quelle sanitarie, con le associazioni dei malati, con le forze politiche, con le istituzioni, per continuare ad assicurare il carattere di universalità all’assistenza medica e sanitaria in tutto il Paese e per non penalizzare il Mezzogiorno” conclude il presidente dello Smi.

23 marzo 2019
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