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Allarme ostetriche. Solo il 53% delle neo laureate trova lavoro. Intervista alla presidente dei Collegi


Resistenza nelle direzioni sanitarie e tra il personale assistenziale. Abusivismo della professione nel percorso nascita. Queste le cause principali della crisi di una professione che in ogni caso lancia la sfida per una nuova autonomia, a partire dal ricettario "rosa". 

29 FEB - In rappresentanza delle oltre 17mila ostetriche (e ostetrici) italiane, i Collegi ostetrici provinciali oggi sono 73, un numero leggermente inferiore a quello delle province italiane perché, visti i numeri ridotti, si è scelto di accorpare i territori. Tutti i Collegi hanno concluso le operazioni di voto per il rinnovo degli organismi dirigenti (presidente, vicepresidente, Consiglio provinciale e Collegio dei revisori): presidenze rinnovate nel 17,5% dei casi (13 su 73), e due presidenti maschi (Benevento e Palermo), che mostra una straordinaria attuazione di “pari opportunità” per una professione che continua ad essere femminile per la quasi totalità.

Conclusa la tornata locale, dal 23 al 25 marzo prossimi il Consiglio nazionale dei collegi si riunirà per eleggere il nuovo vertice nazionale, che resterà in carica per il triennio 2012-2014.
Abbiamo chiesto a Miriam Guana, presidente uscente della Federazione nazionale dei Collegi delle ostetriche (Fnco), un bilancio del triennio trascorso e gli obiettivi per il prossimo.

Presidente Guana, lei è stata confermata alla guida del Collegio di Brescia, che è tra i più numerosi, pur non essendo in una provincia molto grande. Ci spiega questa particolarità?
Il numero di ostetriche presenti su un territorio non è legato soltanto alle dimensioni o alla popolosità, ma dipende anche da quanto la professione è riconosciuta e valorizzata nei servizi sanitari. Da noi, a Brescia, le ostetriche hanno un forte ruolo.

È soddisfatta del lavoro svolto alla presidenza della Fnco in questi tre anni?
Abbiamo compiuto un percorso importante, anche se l’affermazione del nostro modello di organizzazione dei servizi, che prevede la presenza di ostetriche in tutti i momenti di cura e assistenza alla donna e al bambino, spesso incontra ancora resistenze sia nelle direzioni sanitarie che nelle direzioni del personale assistenziale. E proprio per questo solo il 53% delle ostetriche, ad un anno dal conseguimento del titolo, è occupata.

Quali saranno gli obiettivi per il prossimo triennio?
Innanzi tutto la valorizzazione della professione ostetrica nel sistema sanitario, pubblico e privato, all’interno del percorso nascita e della salute di genere. Crediamo che debbano esserci ostetriche in tutti i servizi rivolti alle donne e ai neonati, ostetricia, ginecologia e neonatologia, sia in ospedale che sul territorio. Parallelamente dovremo contrastare la diffusione di figure di pseudoesperti che, senza alcun vero titolo, si propongono per seguire l’evento nascita, a volte configurando autentici abusi della professione. Infine dovremo incidere nei cambiamenti che si stanno realizzando nei percorsi nascita, con una sempre maggiore distinzione tra gravidanza fisiologica, che può e deve essere seguita prevalentemente dalle ostetriche, e patologica.

Altre aspettative?
Siamo ancora in attesa del ricettario ostetrico “rosa”, che pure era stato previsto nell’ultimo Piano sanitario nazionale.

29 febbraio 2012
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