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Crisi del medico. Un fenomeno europeo che interessa giovani e meno giovani

di Giuseppe Esposito, Costantino Troise

La crisi del medico oggi è in realtà solo un epifenomeno di una crisi strutturale del modello di welfare sanitario europeo. Una crisi di sistema e come tale va affrontata. Cominciando a discutere, nelle sedi politiche ed istituzionali, del sistema sanitario e formativo che vogliamo per il nostro futuro

20 FEB - I temi e le problematiche che in Italia negli ultimi anni agitano la professione del medico non sono tipicamente o esclusivamente italiani. Quel che noi viviamo, e che Quotidiano Sanità spesso racconta, è in realtà solo un epifenomeno di una crisi strutturale del modello di welfare sanitario europeo.
 
Le determinanti di questa crisi sono sostanzialmente legate a cambiamenti macroscopici, economici, sociali e culturali, che hanno modificato le caratteristiche della domanda di salute. Cambiamenti che non trovando risposte organizzate, comunicate e percepite come risolutive, sono esplosi investendo uno dei rapporti sociali più consolidati ed una delle relazioni più antiche: quella medico-paziente.
 
Oggi in tutta Europa la domanda di salute è diventata sempre più pressante, articolata, complessa, schizofrenica nella richiesta del “quick and easy”, eccellenza e fruibilità insieme, sempre più informata, perché immessa in una rete assistenziale di scala nazionale, ma a breve europea, sempre più orientata dalla logica del consumatore che giudica la merce “salute” in base al prezzo ed alle sue aspettative. Quello che una volta era il “paziente” oggi è un consumatore di salute arrabbiato ed esigente.

Non solo in Italia lo sviluppo nelle telecomunicazioni non si è ancora tramutato in telemedicina. Non solo in Italia le fake news corrono senza contrasto nel velocissimo e frenetico web, contribuendo a minare i fondamentali del rapporto di fiducia tra medico e paziente. Non solo in Italia non si è ancora in grado di costruire un’assistenza territoriale vicina alle comunità, in grado di erogare prevenzione e assistenza primaria in una società sempre più parcellizzata. Non solo in Italia esistono i gradienti di migrazione interregionale per le cure. Non solo in Italia la erogazione delle prestazioni sanitarie è fortemente disomogenea, anche se aree storicamente in difficoltà riescono ad esprimere eccellenze di livello europeo. Non solo in Italia lo Stato non riesce a contrastare lo spopolamento delle aree rurali e montane, lasciate al di fuori della riorganizzazione dei servizi sanitari. Non solo in Italia i privati aumentano sempre più il loro raggio di offerta assistenziale, occupando le aree che il sistema di assistenza pubblica non riesce più a garantire o che offrono il maggiore profitto con la minore complessità assistenziale possibile. Non solo in Italia cresce la fuga dagli ospedali, evitati dai giovani ed abbandonati dai meno giovani, dopo periodi più o meno lunghi di servizio.

Carenza di specialisti e liste d’attesa eccessivamente lunghe sono ben conosciute in Irlanda, dove per alcuni tipi di intervento chirurgico arrivano a 4 anni. La violenza verso gli operatori sanitari è un aspetto comune in tutta Europa, da nord a sud e da ovest ad est. La diffidenza dei pazienti verso i medici è un fenomeno molto dibattuto in Norvegia. Il burn-out è, secondo i tedeschi, il problema principale delle condizioni lavorative dei medici, giovani e no. I concorsi deserti, specie nelle aree rurali e nel profondo Nord, sono un fenomeno molto importante in Francia, nazione che attrae sempre più giovani, anche italiani, tanto che il 25% dei suoi medici sono nati fuori dal Paese.
Eppure è a livello di giovani medici che la consapevolezza di una condizione intrinsecamente legata alla formazione specialistica favorisce l’acquisizione di una sorta di nuova coscienza di classe e nuova identità politica: il giovane medico in Europa.
 
Le problematiche sull’accesso alla formazione specialistica non esistono solo in Italia. Anche in Spagna la questione è particolarmente sentita e gravosa ed ha portato alla nascita dei MESTOS, giovani senza specializzazione e prospettive di carriera. In Italia la emigrazione dei giovani in cerca di migliori condizioni di lavoro, normative e retributive, avviene nel rispetto della libertà di circolazione europea ma in Lettonia occorre pagare il prezzo del riscatto prima di partire. Nel NHS c’è un elevato tasso di abbandono dei medici dopo il primo biennio di post graduation training, mentre in Svezia, a causa della carenza di infermieri, i medici neoabilitati vengono utilizzati in sostituzione con funzioni miste. In Francia il loro orario di lavoro arriva a 55 ore settimanali.
 
Vivere queste tematiche in prima persona aiuta a percepire che la crisi non è regionale o nazionale ma di sistema, che coglie a 360° la condizione dell’essere medico, sia giovane che meno giovane. E, dappertutto, non è solo una questione di soldi, quanto di ruolo e di riconoscimento sociale. I medici vogliono essere riconosciuti e ringraziati, non accettando la riduzione ad ultimo e sconosciuto anello della catena, la cui esistenza è certificata solo dal cartellino di presenza in servizio.
 
La analisi e la soluzione di queste problematiche non può che essere nazionale o regionale su alcuni aspetti specifici, ma non possiamo rinunciare al ruolo dell’Europa come garante di standard e matrice di cambiamento e miglioramento del sistema e della sua qualità. Ma, proprio per esercitare questo ruolo, l’Europa e le sue istituzioni devono essere riviste in un senso nuovo. Basti pensare che non esiste una normativa europea sullo status di medico in formazione specialistica, o di post graduation training, essendo lasciata agli stati nazionali la legislazione in materia, esponendo i giovani medici in formazione a contratti non idonei se non in contrasto con la normativa europea stessa, creando squilibri notevoli da Paese a Paese.
 
Su questo fronte, una recente analisi di European Junior Doctors Association dice che l’Italia condivide con Lituania, Lettonia ed Estonia il primato di non possedere nell’ ordinamento forme contrattuali che garantiscano flessibilità in materia di orari e congedi parentali. A ciò si aggiunge che viviamo nell’unico paese europeo in cui il sistema della formazione medica è incardinato sul monopolio delle strutture universitarie, e che per avere una spinta riformista si è dovuto aspettare l’esplodere della carenza di personale per riconoscere che un medico in formazione specialistica, anche del terzo anno, può iniziare una strada che gli consente maggiore autonomia nell’acquisizione di skill e competenze tecniche, oltre che migliore remunerazione, garanzie contrattuali, tutele previdenziali.

La crisi del medico oggi è una crisi di sistema. E come tale va affrontata. Cominciando a discutere, nelle sedi politiche ed istituzionali, del sistema sanitario e formativo che vogliamo per il nostro futuro.
Esiste un fil rouge tra Decreto Calabria e super ticket, tra concorsi deserti e pronti soccorso che, come forni manzoniani, accolgono il 90% di accessi in non-urgenza, tra fake news e violenza contro gli operatori sanitari. E quel fil rouge deve essere capito e analizzato, perchè esige una risposta che protegga l’universalità e la qualità del sistema sanitario pubblico. In tutta Europa.

Giuseppe Esposito
Medico in formazione specialistica Anaao Giovani- Direttivo European Junior Doctors
 
Costantino Troise
Presidente Nazionale Anaao Assomed
 

20 febbraio 2020
© Riproduzione riservata

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