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L’allarme dei chirurghi: “Sale operatorie ferme, ma le malattie no-Covid non aspettano. Preoccupati anche per crescita contenzioso medico-legale”


Il Collegio italiano dei chirurghi scrive a Conte e Speranza e ricorda come nella prima ondata furono rinviati 300nila interventi con ripercussioni pesanti sul sistema e sulla salute dei pazienti. Dai chirurghi anche la forte preoccupazione che i ritardi nelle operazioni chirurgiche diano anche il via a un contenzioso medico legale pesante e chiedono la "salvaguardia morale, civile e penale di medici e operatori sanitari, nonché delle strutture del Ssn, nei confronti di contenziosi legali e richieste di risarcimento legate a criticità Covid19-correlate".

27 NOV - Nella prima ondata pandemica sono stati 300mila gli interventi chirurgici rinviati, di cui circa 50mila oncologici, e anche per la ripresa lenta e incompleta delle attività chirurgiche nell’intervallo di tempo tra la prima e la seconda ondata pandemica sta aggravando la situazione. E ora l’attività chirurgica non esplicitamente emergente/urgente è stata nuovamente bloccata per le necessità di deviare risorse umane e materiali sull’emergenza Covid-19.
 
Ma le malattie non-Covid19 non aspettano e progrediscono indipendentemente dalla contemporanea emergenza Covid19. Occorre quindi intervenire subito salvaguardando e favorendo fin d’ora il mantenimento delle capacità chirurgiche dei Reparti chirurgici di ogni Branca e Specialità.
 
In una lettera a aperta inviata nei giorni scorsi a Giuseppe Conte e a Roberto Speranza, il Consiglio Direttivo del Collegio Italiano dei Chirurghi, in rappresentanza delle 51 Società Scientifiche di Chirurgia che aderiscono al Cic, lanciano l’allarme e propongono di considerare il trasferimento dell’attività chirurgica “elettiva”, comunque ad alta e media priorità, in ospedali “Covid-free” con sedi équipe chirurgiche adeguate.

“A prescindere dalle patologie chirurgiche emergenti/urgenti e non differibili, che vengono trattate comunque e per quanto possibile in condizioni non ottimali e con risorse umane e strutturali depauperate e limitate – scrivono il presidente del Cic Marco Piemonte e i membi del Consiglio direttivo  – ci si trova di fronte a pazienti chirurgici affetti da patologie che non rientrano ‘ab initio’ in quelle categorie, ma ai quali il Ssn e i chirurghi devono comunque dare risposte in tempi brevi e utili a prevenire l’aggravamento clinico, talvolta inemendabile o non completamente riparabile”.
 
Pazienti che, ricordano i chirurghi italiani, hanno già sofferto negativamente non solo per l’inevitabile rinvio dei loro interventi in occasione della prima ondata pandemica, ma anche per la ripresa lenta e incompleta delle attività chirurgiche nell’intervallo di tempo tra la prima e la seconda ondata pandemica.
 
“In queste settimane, a causa della recrudescenza epidemica, l’attività chirurgica non esplicitamente emergente/urgente è stata nuovamente bloccata – aggiungono – per le necessità di deviare risorse umane e materiali sull’emergenza Covid-19. Questa situazione, alla luce dei dati epidemiologici, minaccia una durata ben superiore a quella della prima ondata di Covid19 con un numero stimato di interventi sospesi o rinviati di gran lunga superiore alla precedente”.

Purtroppo, come già il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avuto modo di sottolineare ne giorni scorsi, ricordano i chirurghi, “le malattie non-Covid19 non aspettano e progrediscono indipendentemente dalla contemporanea emergenza Covid19. A questo si aggiunge anche, in molti casi, la legittima ma ingiustificata sospettosità di molti pazienti che, sull’onda di una informazione mediatica non sempre univoca, lineare e obiettiva, vedono i nostri ospedali come centri e focolai di infezione - pur essendone invece dimostrati la sostanziale sicurezza e il costante impegno a monitoraggio e prevenzione dell’infezione da Coronavirus -, portandoli a evitare e dilazionare volontariamente il ricovero a fini chirurgici e quindi ad accentuare sensibilmente, sia pur in modo più o meno inconscio, la loro gravità clinica. E a questo si aggiunge il fatto che a causa degli inevitabili ritardi diagnostici e terapeutici, certamente non dovuti a inefficienza, negligenza o impreparazione ma solo alla situazione di gravissima ed estesa emergenza sanitaria nazionali risultano certamente fin d’ora terreno fertile per procedimenti risarcitori se non addirittura penali nei confronti degli Operatori Sanitari”.
 
Insomma la situazione è esplosiva. Il Cic chiede quindi di intervenire: fin da ora sulla salvaguardia morale, civile e penale di medici e operatori sanitari, nonché delle strutture del Ssn, nei confronti di contenziosi legali e richieste di risarcimento legate a criticità Covid19-correlate; in tempi brevissimi, sulla salvaguardia e sul rafforzamento dell’operatività dei Reparti chirurgici di ogni branca e Specialità nel Ssn per quanto concesso dai tempi dell’emergenza Covid19.
Infine, nella auspicata imminenza di un superamento dell’emergenza stessa, il chic chiede un intervento immediato sulla attenta pianificazione e riprogrammazione dell’offerta chirurgica del Ssn, prevedendo in questo processo anche la collaborazione delle Società Scientifiche. (Est. M.)

27 novembre 2020
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