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Crisi delle farmacie. Cosa fare se il “credito” non c’è più

di Paolo Leopardi

La farmacia sta vivendo un momento di grave crisi, accresciuta anche dall’incertezza dell’effettivo spettro di applicazione delle norme sulle liberalizzazioni. Ma il problema più serio resta quello delle esposizioni finanziarie verso banche o terzi. Ed è inutile far finta di niente

28 MAG - Avendo dedicato, sin dal primo momento, la mia attività professionale ai farmacisti ed alle farmacie, mi permetto di considerarmi, quel che si suol dire, un operatore del settore. Ebbene, proprio in questa veste sto vivendo il momento che, a seguito dei nuovi provvedimenti legislativi, dei futuri disegni di legge e di continue decisioni giudiziali, “incombe” sulla categoria ed in qualche modo incide su tutta la filiera del farmaco e su tutte le parti (compresi i consulenti) legate alla farmacia.

Ho avuto modo di leggere più e più volte l’ormai famoso decreto legge (ora legge dello Stato) “Cresci Italia” e più e più volte ho cambiato idea sulla “resistenza” o meno della pianta organica delle farmacie, sulla liberalizzazione degli orari e dei turni di chiusura e sono addivenuto alla conclusione, purtroppo per la categoria, che in un paese “lungo” come l’Italia solo le prime decisioni dei TAR e/o comunque dei Tribunali potranno dirimere i dubbi più frequenti quali la possibilità di trasferire il proprio esercizio in un altro locale magari più conveniente per il farmacista ma fuori dal perimetro della propria sede farmaceutica o la possibilità di aprire o meno la domenica nella quale non si è di turno od ancora rispondere alle mille ipotesi sulla possibilità o meno di partecipare al concorso straordinario.
In un momento di grande confusione come questo che stiamo vivendo il farmacista deve fare i conti con le “novita finanziarie” che come su tutte le aziende incidono sulle farmacie.
 
Più che di novità legislative, però, nel caso delle farmacie dovremmo parlare di una presa di coscienza: la farmacia non ha più quel credito, non solo presso il mondo bancario, del quale ha, sino ad oggi, beneficiato (ed abusato).
Inutile chiedersi di chi le colpe? Ed è ancor di più inutile, come ho notato fare sulle varie testate dedicate alla categoria, dare colpe ai farmacisti che hanno sottocapitalizzato le proprie aziende, a banche ed a finanziarie che in modo superficiale hanno erogato il credito e finanche ai commercialisti che sono stati distratti nelle loro analisi.
Ora ognuno comincia a “leccarsi le ferite” a partire dagli istituti finanziari che hanno chiuso ogni forma di credito a favore dei farmacisti i quali, si trovano costretti ad affrontare da soli le difficoltà in cui versano, peraltro inasprite da tutte le novità economico - finanziarie che stanno aggravando la politica economica nazionale e, nello specifico, del mondo delle farmacie.
 
Cosa fare quindi? Questa la domanda cui sempre più spesso capita di rispondere dinanzi a farmacisti che, non riuscendo ad adempiere alle obbligazioni nei confronti di banche e fornitori, si rivolgono al proprio consulente di fiducia.
Ebbene, la prima cosa da suggerire è di effettuare una profonda analisi finanziaria della propria azienda al fine di verificare le “condizioni di salute” della stessa per poi valutare con il proprio consulente come migliorarne l’andamento e porre in atto quei correttivi necessari per aumentare la redditività e ridurre i costi.
Purtroppo, però, sempre più spesso tutto ciò non basta per l’impossibilità dell’azienda a produrre quei ricavi necessari a coprire non solo i costi aziendali ma anche la vita del farmacista.
In dette situazioni, quindi, sarà necessario trovare in tempi rapidi una soluzione che in prima analisi dovrà essere digerita dal farmacista che, sinora mai avrebbe pensato di affrontare argomenti di tal genere e successivamente dovrà essere messa in atto con determinazione.
 
Solo in questo modo il farmacista potrà salvare il salvabile ed, ove l’ermetica chiusura degli istituti di credito non consentissero gli interventi di ristrutturazione aziendale previsti dalla normativa sui fallimenti, accedere a procedure concorsuali che evitino il fallimento della farmacia.
Certo tutto ciò non è semplice nè per il consulente che deve consigliare né, e soprattutto, per il farmacista che deve prendere atto che la propria farmacia, il cosiddetto bene della vita, potrebbe passare di mano senza ricavarne, peraltro, particolari gratificazioni economiche.
Ma tant’è, e spesso tardare a porre in essere dette procedure rischia non solo di far perdere opportunità di soluzioni accettabili ma può aggravare la posizione dell’azienda in maniera irreparabile.

Avv. Paolo Leopardi

28 maggio 2012
© Riproduzione riservata

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