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Professioni sanitarie: “Vogliamo il pieno riconoscimento"


In un confronto politico promosso dalla Confederazione dei tecnici di laboratorio, i professionisti non medici hanno ribadito di essere "una risorsa per la sanità italiana". Tra gli interlocutori, Buttiglione, De Lillo, Di Virgilio, Binetti, Gustavino e Battaglia. Presente anche Saverio Proia del ministero della Salute.

30 MAG - Sono circa mezzo milione di professionisti, di cui la quota maggiore (oltre 400mila) è rappresentata dagli infermieri, mentre gli altri si distribuiscono su quasi due decine di profili professionali: ostetriche, tecnici radiologi, tecnici di laboratorio, fisioterapisti, perfusionisti e via elencando.

Il loro ruolo è cambiato e cresciuto negli anni, anche se in genere non si tratta di “nuove” professioni, ma di professioni che vengono da una lunga tradizione. Fatto sta che oggi, se si vuole disegnare la sanità del futuro non si può prescindere da loro, che offrono servizi indispensabili alle persone sane, ma anche agli anziani e ai malati cronici, e che lo fanno con costi decisamente più sostenibili per il sistema sanitario, oggi alla spasmodica ricerca di risparmi.

Anche per questo Governo e Regioni hanno elaborato una proposta per la definizione delle nuove competenze delle professioni sanitarie, discussa in un tavolo tecnico, coordinato da Saverio Proia, che avrebbe dovuto contare sulla presenza di tutti i professionisti dell’area sanitaria, ma che invece ha fatto registrare alcune importanti assenze, a cominciare dalla Federazione degli Ordini dei medici (Fnomceo) e dalla Federazione dei collegi infermieristici (Ipasvi), molto critici verso la proposta ministeriale e anche verso il metodo di lavoro, che li ha visti convocare solo in una seconda fase.

Resta il fatto che i professionisti non medici chiedono a gran voce un pieno riconoscimento professionale, che potrebbe anche non tramutarsi in Ordini in senso tradizionale, ma che dia tutela agli stessi professionisti e ai cittadini, spesso confusi da offerte di abusivi non professionisti.
 
Di tutto questo si è discusso ieri a Roma in un Convegno organizzato dalla Confederazione Antel – Assiatel – Aitic, che riunisce le rappresentanze dei tecnici di laboratorio. Tema del convegno il “Nuovo progetto di Sanità” e il ruolo che dovranno avervi le professioni sanitarie che, in questa occasione, hanno cercato e trovato un dialogo con il mondo politico.

Dopo i saluti di Rocco Buttiglione, del cappellano della Camera dei Deputati Monsignor Lorenzo Leuzzi e del Rettore della Sapienza Renato Lauro, Sergio Bernardini, docente di Biochimica e promotore dell’iniziativa, ha introdotto il tema, sottolineando il ruolo delle professioni sanitarie, che vogliono portare sempre meglio il loro contributo allo sviluppo di una sanità centrata sui bisogni del cittadino, che si sviluppi sul territorio e non solo negli ospedali e che veda sempre più una reale collaborazione tra professionisti.

Moltissimi gli interventi dei dirigenti delle associazioni che rappresentano le diverse professioni. Fernando Capuano, presidente di Antel, ha indicato l’importanza delle “reti attive” tra le professioni sanitarie, mentre Miriam Guana, della Federazione dei Collegi delle ostetriche, ha ricordato come queste professioniste, che hanno un forte valore protettivo contro la medicalizzazione eccessiva del percorso nascita, siano invece spesso ignorate nelle piante organiche delle strutture sanitarie. Hanno poi preso la parola Claudio Attinà, per i Collegi dei tecnici di radiologia; Mauro Montesi, dell’Associazione italiana podologi; Maria Erminia Macera Mascitelli, dell’Associazione dei per fusionisti di cardiochirurgia; Dilva Drago, per gli Ortottisti; Laura Antonia Marino, dell’Unione igienisti dentali; Fabio Marcuccilli e Gianluca Signoretti, per i tecnici di laboratorio biomedico; Ester Gabrielli, per la Federazione Assistenti Sanitari. Assente invece la rappresentanza dell'Ipasvi.

Significativi gli interventi di Antonio Bortone, presidente del coordinamento nazionale delle professioni sanitarie, che ha sottolineato come sia ineludibile il riconoscimento ordinistici per professioni niente affatto nuove e sempre più importanti per il sistema, e di Sergio Bovenga, presidente del Cogeaps, che ha ricordato come proprio l’anagrafica gestita dal Cogeaps sia importante per le professioni sanitarie, a tutela dei cittadini che possono riconoscere i professionisti, e per la loro formazione “long life” Ecm, che è la strada per una autentica crescita qualitativa.

Molto atteso l’intervento di Francesco Saverio Proia, coordinatore del tavolo Ministero-Regioni per la definizione delle nuove competenze delle professioni sanitarie. “Dobbiamo avere il coraggio di affrontare le nuove realtà – ha detto Proia – e rivedere dunque le competenze delle professioni, soprattutto dopo il loro passaggio alla formazione universitaria”. Proia ha respinto le critiche sul metodo di lavoro del Tavolo (“saremmo stati comunque criticati”) e ha invece sottolineato come molte delle proposte contenute nella bozza concordata tra Governo e Regioni discendano da esperienze già realizzate in alcune Regioni, come la Toscana e l’emilia Romagna.

Al convegno hanno partecipato anche numerosi politici, molti dei quali seguono da tempo le vicende delle professioni sanitarie, come il senatore Stefano De Lillo (Pdl), e gli onorevoli Domenico Di Virgilio (Pdl) e Paola Binetti (Pd), oltre ad Aviano Rossi, vicepresidente della provincia di Perugia.

Alla tavola rotonda finale hanno preso parte Rocco Buttiglione (Udc), Claudio Gustavino (Udc) e Augusto Battaglia (Pd). Battaglia, che ha avuto un grande ruolo nella realizzazione delle leggi 251/2000 e 43/2006 che hanno avviato il percorso di formazione universitaria e di dirigenza nel Ssn per le professioni sanitarie, ha chiesto che si realizzi una indagine conoscitiva per conoscere lo stato di attuazione di queste leggi, sottolineando come la richiesta di Ordini per le professioni sanitarie non debba rinviare a strutture antiquate, ma piuttosto essere lo strumento di tutela per professionisti e cittadini. Ancora più netto Gustavino, secondo il quale “non si tratta di Ordini, ma di sviluppare innovazione, competenza e meritocrazia”.
 

30 maggio 2012
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