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Liste di attesa. Bartoletti (Fimmg): “Connessione territorio-ospedale unica soluzione, sarebbe la rivoluzione del buon senso”

"L’unica via è la connessione dei sistemi. Non servono ricette miracolistiche. Le Uscar attive nei mesi di maggiore virulenza del Covid lo hanno dimostrato. Nate dalla sinergia tra INMI L.Spallanzani e Medicina generale, hanno operato legando il sistema territoriale a quello ospedaliero. Quell'esperienza indica la strada da seguire", spiega il vice segretario nazionale vicario Fimmg e segretario della Fimmg Roma.

03 FEB -

“La connessione della medicina territoriale con l’ospedale è l’unica strada per ridurre a poca cosa le liste di attesa, vera emergenza del sistema sanitario nazionale e regionale.”

Così Pier Luigi Bartoletti vice segretario nazionale vicario Fimmg e segretario della Fimmg Roma.

“La pandemia ha ampliato le dimensioni del fenomeno. La spesa diretta dei cittadini nel 2022 è lievitata a 35 miliardi di euro. Questo tema è stato affrontato ciclicamente negli ultimi 20 anni ma mai risolto. Non esistono soluzioni semplici ad un problema complesso, che vede la sua genesi in un sostanziale non governo della domanda e dell’offerta. Oggi nel Lazio il sistema Recup gestisce circa il 25% dell’offerta totale. Il rimanente è gestito da privati accreditati con Cup locali. Tutti i tentativi messi in campo per risolvere questa criticità non hanno avuto successo", continua Bartoletti.

“Far entrare nel Recup, per esempio, l’offerta privata accreditata, come previsto da molti atti regionali, non ha prodotto i risultati sperati. Inoltre se anche si riuscisse a farlo, il problema non sarebbe avviato a soluzione. Senza intervenire sul fronte della domanda produrrebbe solo maggiore inappropriatezza e spese ingiustificate. L’unica via è la connessione dei sistemi. Non servono ricette miracolistiche. Le Uscar attive nei mesi di maggiore virulenza del Covid lo hanno dimostrato. Nate dalla sinergia tra INMI L.Spallanzani e Medicina generale, hanno operato legando il sistema territoriale a quello ospedaliero. Hanno espletato diagnostica di primo livello, domiciliarità, vaccinazione, cura, interventi in strutture di degenza, per acuti o lungodegenti, prevenzione, somministrazione di anticorpi monoclonali, sino all'effettuazione di interventi di testing e screening su grandi popolazioni od in contesti particolari, aeroporti, porti".

"Quell’esperienza indica la strada da seguire se vogliamo salvare il sistema sanitario pubblico da un processo di privatizzazione sempre più aggressivo. La ricetta è - aggiunge - operare sia sul fronte della domanda, qualificandola responsabilizzando il medico prescrittore e dotandolo di strumenti di invio selezionato presso gli erogatori. In questo senso, per esempio, si possono utilizzare le Cot istituite dal Pnrr. Oggi il servizio sanitario deve necessariamente assumere questa prospettiva se vuole salvarsi. Occorrono soluzioni di sistema. In un Paese come il nostro dove ancora oggi vige la logica dei silos. mettere in comunicazione i vari segmenti operativi, è la via maestra".

"A tal fine sarebbe utile capitalizzare l’esperienza dell’INMI L.Spallanzani sulla infettivologia - conclude Bartoletti - che ha creato in corso di pandemia una rete di studi di medicina generale, sono ormai 52, dotati di strumenti di diagnosi infettivologica ai fini di monitoraggio dei patogeni presenti od emergenti, in grado di disporre di una rete di ricerca sul territorio connessa alla struttura ospedaliera ed in grado di fornire un valido contributo formativo e scientifico oltre che professionale. Connettere i vari segmenti operativi, è possibile, è la soluzione a portata di mano. Sarebbe la rivoluzione del buon senso.”



03 febbraio 2023
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