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L’accorpamento delle Asl romane. Ecco alcune idee per evitare errori

Andrebbe valutata l’ipotesi di Aziende Territoriali che, partendo dal tessuto urbano, si allarghino verso il margine dell’Area Metropolitana fino ad incontrare i territori delle Aziende delle altre Province del Lazio. Favorendo così la pianificazione dei servizi e dell’assistenza

09 LUG - L’iniziativa del presidente Zingaretti di ridurre il numero  delle Aziende Sanitarie va nel giusto senso nel percorso di  razionalizzazione del sistema sanitario Regionale.  E’ utile  una discussione  su come realizzare questo obiettivo tenendo conto delle specificità della regione e della esigenza che ogni mossa sia inserita in un progetto pianificato nei suoi sviluppi futuri. In assenza di questo il rischio è che qualche scelta fatta oggi  possa finire per danneggiare le tappe successive.
 
Avendo creato 2 grandi aziende, quelle nate dall’unione della  ASL Rm A con la  E  e delle ASL Rm B e C,  rispettivamente di   1 milione e 1,3 milioni di abitanti, come potranno essere  le nuove  aggregazioni visto che appare poco credibile lasciare in piedi aziende di 3-400.000 abitanti, ed anche meno?  In particolare la difficoltà è per le Aziende della Provincia Romana di cui 2, ASL Rm G ed H, andrebbero ragionevolmente aggregate alla nascente Asl RMB/C  finendo però per creare una mega azienda da 2,2milioni di abitanti,  300.000 in più di una Regione come la Calabria!
 
Altrimenti che fare? Forse unire le 3 Asl della provincia di Roma, che  complessivamente raggiungono  1.300.000 abitanti, costituendo però uno strano ferro di cavallo che circonda per ¾ la città e che non ha alcun senso per quanto riguarda la pianificazione dei servizi e dell’assistenza. 
 
In effetti la viabilità tangenziale alla città e che interessa i territori delle ASL della Provincia di Roma, peraltro obsoleto ormai anche come termine, è particolarmente scarsa in una regione che vede invece tutte le maggiori arterie attraversare la provincia puntando verso la capitale.
 
Andrebbe forse valutata l’ipotesi di Aziende Territoriali che partendo dal tessuto urbano si allarghino verso il margine dell’Area Metropolitana fino ad incontrare i territori delle Aziende delle altre Province del Lazio per cui rimane da valutare eventuali aggregazioni.
 
In sintesi alla ASL Rm A ed E potrebbe essere unita la ASL Rm F, per un totale di 1.300.000 ab, che guarda verso la provincia di Viterbo , mentre Rm B  e la confinante Rm G raggiungerebbero insieme 1.200.000 abitanti confinando con Rieti e Frosinone. Lasciando come ora la ASL Rm D, unendo C ed H si costituirebbe una Azienda superiore al milione di abitanti confinante con le Province di Frosinone e Latina. Questa articolazione consentirebbe inoltre di dare un ruolo chiaro ai grandi Ospedali che sorgono nei pressi del  raccordo, dal PTV al S. Andrea  ed allo stesso S. Eugenio.  
 
Il positivo percorso intrapreso  rende di nuovo attuale  il confronto su due questioni  presenti da anni nel dibattito sulle politiche sanitarie nel Lazio e che ci limitiamo solo  ad accennare:  la nascita di Aziende Ospedaliere  che gestiscano più strutture  e l’eventuale diversificazione dei ruoli di committenza e produzione tra aziende o all’interno delle stesse aziende sanitarie.
 
Oltre questo bisogna aggiungere le problematiche relative alla mobilità passiva extra regione in sensibile aumento, come segnalato nei giorni scorsi anche dal Presidente Zingaretti,  che appaiono un controsenso in una regione come la nostra che ha strutture di eccellenza  che solo  pochi anni garantivano un saldo attivo superiore ai 30 milioni di euro.
 
Oggi, invece, il saldo è passivo ed è cresciuto rispetto all’anno precedente.  Pesano i vincoli, oramai quasi decennali, imposti dal piano di rientro, ma pesa ancora di più il ritardo  nel  riformulare i processi assistenziali alla base dell’offerta di servizi sanitari in relazione alle risorse disponibili ed  alla domanda di salute profondamente mutata nel corso dell’ultimo decennio.
 
E’ stata intrapresa dalla  Giunta Zingaretti la riorganizzazione della  rete territoriale, e cominciano  ad intravedersi i primi risultati, con l’estensione delle ore di attività degli studi dei MMG, il successo delle  strutture aperte Sabato e Domenica con oltre 23.000 accessi in soli 7 mesi dall’apertura, la riorganizzazione in atto delle Unita di Cure Primarie ed i primi passi delle  Case della Salute.  Stentano non poco le liste di attesa, nonostante le  75.000 prenotazioni dirette dal medico di famiglia tramite il Dottor Cup, che qualcuno, senza dare alternative, giudica  incredibilmente “poche”. 
 
Ora è necessario ridefinire i processi ed i modelli organizzativi, dando sostanza ai Percorsi di Cura tanto evocati quanto poco realizzati,  puntando ad una reale integrazione Ospedale Territorio, non solo sulle patologie cronico degenerative, ma anche su quelle oncologiche, diventate esse stesse, grazie ai progressi della medicina,  patologie croniche. Questa è la sfida che dobbiamo affrontare con convinzione, perché solo umanizzando i percorsi di salute, razionalizzando i processi di cura, ridefinendo ambiti e competenze tra operatori ospedalieri e territoriali, si riuscirà, con il tempo, a lavorare in un modo più appropriato, con meno duplicazioni di servizi e di esami diagnostici.
 
Pierluigi Bartoletti  
Vice Segretario Nazionale e Segretario Romano FIMMG  
 
Adolfo Pagnanelli
Direttore Medicina d’Urgenza Policlinico Casilino
 
Gli autori sono entrambi Membri della  Commissione Tecnico Scientifica della Regione Lazio

09 luglio 2015
© Riproduzione riservata

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