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Responsabilità professionale. Intervista a Frittelli (Federsanità): “Molte aziende potrebbero non riuscire ad assicurarsi”

"Servono quindi modifiche al Ddl Gelli anche perché ai vincoli delle Aziende non corrisponde alcun obbligo di stipula per le compagnie assicurative. Per questo, per il vice presidente di Federsanità Anci e Dg del Policlinico Tor Vergata di Roma bisogna definire meglio il modello assicurativo e il Senato deve approvare le tabelle risarcitorie per il danno non patrimoniale inserite nel Ddl concorrenza

22 FEB - “Avere un premio assicurativo sostenibile, con costi fissi certi per evitare meccanismi di autoritenzione del rischio che, se non gestiti con competenza ed efficacia, potrebbero portare ad annullare le tutele del danneggiato e creare, nel tempo, buchi di bilancio per le generazioni future, nell’ambito di una variabilità di costi ipotetici non sempre facilmente individuabili”.
 
È questo il “desiderata” di Tiziana Frittelli, Presidente di Federsanità Lazio e vice presidente nazionale, nonché Direttore Generale del Policlinico di Tor Vergata di Roma, per sostenere le Aziende sanitarie che potrebbero trovarsi in crisi profonda davanti all’obbligo di assicurazione, previsto dal Ddl sulla responsabilità professionale. Per capire meglio le abbiamo posto alcune domande sul provvedimento in un’ottica aziendale, prendendo spunto da un dibattito che si è aperto nel corso di un convegno organizzato a Rapallo dalla Società scientifica medico giuridica Melchiorre Gioia e dal titolo “Nuovi modelli di assicurazione per la RC sanitaria e la responsabilità professionale dei medici nell’epoca dell’obbligo: scenari futuri ed analogie con la Rc auto”.
 
Per Frittelli è ormai urgente e indifferibile l’approvazione delle tabelle risarcitorie per il danno non patrimoniale inserite nel Ddl concorrenza, in discussione al Senato. Per questo chiede al Senato “a nome di tutti i colleghi, con i quali condivido l’obbligo morale, prima ancora che professionale, di non stornare neppure un euro inutile dalle cure, uno sforzo di concertazione. Perché l’approvazione di tabelle eque, certe e soprattutto sostenibili, sicuramente avrà un impatto sulla sostenibilità del premio”.
 
Dottoressa Frittelli, il Ddl sulla responsabilità professionale pone, per la prima volta, l’obbligo di assicurazione per le Aziende e per i professionisti dipendenti per garantire efficacia all’azione di rivalsa nei loro confronti. In qualità di presidente regionale di Federsanità, cosa ne pensa?
Che ci sono molte criticità da risolvere. Se da una parte la ratio dell’obbligo è evidente e meritoria - perché vuole garantire effettività economica alla tutela del paziente danneggiato e alla  struttura, costretta a pagare per colpa dell’esercente la professione sanitaria - dall’altra profila varie criticità. In primis, a questi obblighi per l’Azienda e per il professionista, non corrisponde alcun obbligo di stipulare per le compagnie assicurative, tant’è che il legislatore, consapevole di questa criticità ha equiparato all’obbligo di copertura assicurativa a carico delle aziende, “altre analoghe misure”. Ma queste “altre analoghe misure” non sono altro che l’autoritenzione del rischio, praticato integralmente da alcune Regioni (Emilia Romagna, Toscana) e, di fatto, da molte aziende che non riescono a contrattare premi assicurativi sostenibili.
 
Mi spieghi meglio, cosa comporterebbe l’autoritenzione del rischio?
L’autoritenzione - al di fuori di una consolidata cultura di gestione del rischio, di una forte competenza nella gestione delle riserve e del contenziosi, di una diffusa expertise medico legale, di una sostenibilità dei bilanci - rischia di annullare le tutele del danneggiato e di creare, nel tempo, “buchi” di bilancio per le generazioni future, nell’ambito di una variabilità  di costi ipotetici futuri non sempre facilmente individuabili. Tanto più che il Ddl mantiene l’impianto della responsabilità contrattuale della struttura, con prescrizione decennale. Certo, l’autoritenzione se ben gestita è più economica del premio assicurativo che paga lo scotto di imposte elevate (22,25%), oltre al contributo da versare per alimentare il Fondo di garanzia previsto dal Ddl Gelli. Di fatto, oggi, nessuna Azienda ha un premio assicurativo a copertura completa, avendo sistemi di franchigia che vanno da circa 250mila ai 750mila euro, nonché massimali ad evento e massimali complessivi. Quindi, in realtà, i costi del premio si sommano ai fondi rischi appostati annualmente in bilancio, per somme talora superiori agli stessi premi. Il sogno di qualunque Direttore generale sarebbe invece avere un premio sostenibile, con costi fissi certi.
 
Come potrebbe realizzarsi il sogno di un premio sostenibile?
Le compagnie assicurative hanno bisogno di un perimetro preciso sul quale parametrare e calcolare i rischi. È ormai urgente e indifferibile l’approvazione delle tabelle risarcitorie per il danno non patrimoniale, inserite nel Ddl concorrenza in discussione al Senato, che deve avvenire contestualmente all’approvazione della nuova legge sulla responsabilità professionale. Per questo a nome di tutti i miei colleghi, con i quali condivido l’obbligo morale, prima ancora che professionale, di non stornare neppure un euro inutile dalle cure, chiedo al Senato questo sforzo di concertazione. L’approvazione di tabelle eque, certe e soprattutto sostenibili, sicuramente avrà un impatto sulla sostenibilità del premio. Con tutto il rispetto per la magistratura, deputata alla tutela del singolo diritto, ritengo che solo il Parlamento sia legittimato a trovare un contemperamento tra l’interesse del singolo danneggiato e l’interesse dei tanti che necessitano di cure. Non dimentichiamo mai che le risorse utilizzate, giustamente, per risarcire sono anche sottratte alle cure della collettività, perché unica è la fonte del finanziamento.
 
Ossia?
Il sistema risarcitorio sanitario, proprio perché incide su risorse che appartengono alla collettività, non può avere regole comuni con i sistemi risarcitori in caso di danni provocati dal privato. E mi pare che la filosofia del Ddl Gelli confermi questa impostazione. Se c’è un danno paga in primis la struttura (difficilmente il danneggiato, visto il doppio binario di responsabilità, che vede la responsabilità extracontrattuale del professionista, citerà in giudizio il professionista medesimo), che si può rivalere solo in caso di dolo o colpa grave. La ratio è di far lavorare più serenamente il professionista. Poi, però, dobbiamo essere conseguenti. Il risarcimento è a carico della collettività, sia che sia assicurato, sia che non lo sia, perché nelle strutture pubbliche anche il premio assicurativo è a carico del Fondo sanitario nazionale.
 
Cosa si può fare allora?
Ripeto, immediata approvazione delle tabelle nello spirito anzidetto, e poi, in sede di discussione del Ddl in Senato, come emerso peraltro anche dal confronto con il mondo assicurativo, sarebbe necessario ed opportuno che almeno i principi del contenuto dei requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture e per gli esercenti le professioni sanitarie, nonché “le altre analoghe misure” siano contenuti nella legge, anziché essere demandati in toto a decreti interministeriali di probabile lunga definizione. Peccato che nelle more di tale definizione le Aziende debbano assicurarsi. Inoltre, da tutto il mondo assicurativo è stata richiesta la modifica dell’articolo 11 del Ddl (“Estensione della garanzia assicurativa”), per rendere sostenibili i premi.
 
Quindi un Direttore generale cosa può fare in questa situazione?
Credere e investire nel rischio clinico, che per la prima volta il Ddl, anticipato in parte dalla legge di stabilità, ha reso obbligatorio, e creare una struttura competente in sede di comitato valutazione sinistri, che abbia la capacità di dialogare con l’intera struttura, come una sorta di “quadernetto degli errori” da non ripetere mai più. La Regione Lazio sta investendo moltissimo in questo tipo di regia e di formazione e sono certa che i risultati non tarderanno ad arrivare.
 
Ester Maragò

22 febbraio 2016
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