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118. Storie di ordinaria follia, tra disinformazione e falsi miti

13 APR - Gentile direttore,
ebbene sì, tutto in Sanità è sempre fonte di discussione, di preoccupazione, di svilimento del Servizio Sanitario Nazionale, con riduzione dei servizi al cittadino, con depauperamento di quello che, a livello internazionale, ci veniva riconosciuto come un modello da elogiare o addirittura da imitare. Ormai si sta arrivando a delle assurdità che richiedono l'attenzione di tutti. Sono un dirigente medico del 118 del Lazio, che lavora in ambulanza e che copre un territorio vastissimo, non più un'ambulanza medicalizzata per 30.000 abitanti, ma 1 ambulanza medicalizzata per 150.000-200.000 abitanti. E' questa l'estensione del territorio da coprire a Roma nord: da Ponte Milvio a Casal Selce e persino al bivio di Formello.
 
Questo significa avere dei giorni davvero pesanti, correndo a sirene spiegate da una parte all'altra per codici rossi, spesso in overtriage, arrivando anche dopo 20-25 minuti, che puntualmente, per chi aspetta, sembrano secoli, con l'immancabile frase: "Quanto ci avete messo: è un'ora che aspettiamo, vergogna". Lavorare in queste condizioni, in urgenza, richiede davvero grande professionalità e sangue freddo, senza contare che spesso, dalla Centrale Operativa, nonostante sappiano dove ci stanno mandando, veniamo sollecitati a fare in fretta, come se avessimo le ali o come se bastasse un clic sul computer per raggiungere la meta. Ancora una volta è la disinformazione a vincere, nessuno spiega in modo adeguato ai cittadini-pazienti come funziona il 118, quali sono gli interventi d'emergenza vera, quali le condizioni in cui c'è una possibilità di risoluzione efficace per il paziente.
 
Ma l'apoteosi si raggiunge in campo psichiatrico: è questo il caso verificatosi domenica notte a Ponte Milvio. Come ambulanza medicalizzata (ALS) veniamo chiamati alle ore 21:02 per dare supporto ad un'ambulanza BLS (con infermiere), per un tentato suicidio in paziente in stato di agitazione, che necessitava di sedazione farmacologica, presenti anche le forze dell'Ordine. Giunti sul posto, da Santa Maria della Pietà, alle ore 21:14, troviamo il paziente sulla barella della BLS, davvero agitato, con 2 pattuglie della polizia che ci spiegano come sono riusciti a fermare in tempo l'assistito, prima che si lanciasse dallo stesso Ponte Milvio. Cerco di stabilire un contatto col paziente, che si rifiuta di parlare, si divincola, si dimena, cerca di scalciare. Decido, dopo aver valutato la frequenza cardiaca e la saturazione, che necessita di sedazione. Mentre preparo il farmaco, l'infermiere aiutato dagli altri componenti degli equipaggi e dalla stessa Polizia, riesce a posizionare un accesso venoso, cosa fondamentale in questi casi per poter agire in fretta.
 
Non conoscendo il paziente, mi limito ad una prima somministrazione a dosaggio basso di un sedativo, ma non ottenendo il risultato sperato e accorgendomi che il paziente è lievemente disidratato, pratico una seconda dose in flebo e dopo rapida consultazione con l'infermiere si decide di andare all'ospedale S.Spirito, avvisando la Centrale Operativa, per far allertare il P.S. del suddetto Ospedale, che dovrebbe essere il DSM di competenza territoriale e invece... Una volta giunti, troviamo la collega psichiatra che ci chiede dove è stato soccorso il paziente, e quando le rispondo Ponte Milvio, ci dice che allora va portato all'ospedale S. Filippo Neri! Nessun interesse per le condizioni del paziente, solo la competenza territoriale! Con uno scatto d'ira e conoscendo l'inamovibilità del Servizio Psichiatrico del Lazio, stabilita in Regione dai 4 Capi Dipartimento di Roma, facciamo dietro-front e ci dirigiamo al S. Filippo Neri, anche in questo caso avvisando la Centrale Operativa del 118, per allertare a sua volta il P.S. del S.F.Neri.
 
Durante il percorso di circa 18 minuti, si riesce ad entrare in empatia col paziente, che comincia a rispondere alle domande e che si lascia monitorizzare, e forse comincia ad apprezzare il nostro interessamento per lui come persona (giovane di 28 anni) in estrema difficoltà. Giunti al S.Filippo Neri, il paziente ci dice persino dove ha la residenza. E, anche qui, apriti cielo. La collega psichiatra dice che non è di sua competenza. Va alla RMB, chiama il Direttore del suo Dipartimento, col quale mi fa parlare, che peraltro conosco, e che mi spiega che per quanto dispiaciuto per me, capisce che, essendo l'unico medico di Roma nord, la regola è questa: il paziente psichiatrico va al DSM di competenza e non c'è bisogno di accompagnarlo io, ma basta un' ambulanza BLS! Se il paziente avesse presentato delle lesioni, sarebbe stato di competenza del medico di Pronto Soccorso. Facile, no? Nel frattempo, mi viene detto che in base all'indirizzo di residenza e al numero civico, il paziente va addirittura a Frascati!
 
Non ci posso credere, chiamo la mia Centrale, che mi conferma e per non sguarnire il territorio di Roma nord del medico, invia una BLS, sempre dal S.Maria della Pietà. In tutto questo, il paziente, che aveva cominciato a collaborare, diventa nuovamente insofferente e agitato e allora, per tutelare lui e il servizio del 118, nonché l'equipaggio che avrebbe eseguito il trasporto, cerco di calmarlo, oltre che con il necessario supporto psicologico, anche posizionando un'altra flebo con sedativo. L'equipaggio BLS con infermiere parte, senza l'accompagnamento della Polizia che ci aveva seguito fino a quel momento, perché per loro non era agli arresti e non avevano l'obbligo di seguirlo a Frascati che è extraterritoriale. Il tutto ha richiesto l'intervento di 3 ambulanze, di due pattuglie della Polizia e un tempo di circa 3 ore.
 
Tre ore per un unico soccorso, che per carità, ben venga quando si tratta di salvare vite umane, ma che si potevano ridurre ad un'ora, se solo gli ingranaggi non fossero così rigidi, con magari le altre due ore dedicate a salvare altre vite! Per finire, ho personalmente chiamato l'infermiere della BLS dopo circa 20 minuti per sapere se era tutto a posto e l'ho richiamato dopo altri 15 minuti, avendo riscontro dell'arrivo a Frascati in condizioni decorose per il paziente, dove spero finalmente abbia trovato l'aiuto specialistico di cui necessitava.
 
Noi medici del 118 siamo ormai tuttologi, peccato che questa qualifica non ci venga riconosciuta e che chiunque può permettersi di fare e disfare protocolli, senza mai consultarci.
 
Francesca Anna Perri
Dirigente Medico Ares 118 Lazio
Vicesegretario aziendale Ares 118 Anaao  

13 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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