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Lazio. “Boom ticket e tasse e meno posti letto e personale. Regione al penultimo posto in Europa per offerta sanitaria”. Studio Uil-Eures

Ticket cresciuto in 10 anni del 61% mentre i posti letti sono scesi del 30%. Anche il personale è calato: -17%. Sceso il debito che è passato passando da 22,8 miliardi di euro del 2011 ai 15,9 mld del 2015, ma il risanamento (tra ticket e tasse) costa a cittadini e imprese 2,3 mld. Ecco il dossier “I numeri della sanità del Lazio”, realizzato dalla Uil di Roma e del Lazio, in collaborazione con l’Eures che fotografa 10 anni di sanità regionale. IL DOSSIER

12 OTT - Aumento del 61% dei ticket, decremento del 30% dei posti letto e taglio di circa il 17% del personale sanitario. Questi alcuni dati che emergono dal dossier “I numeri della sanità del Lazio”, realizzato dalla Uil di Roma e del Lazio, in collaborazione con l’Eures, prendendo in considerazione gli ultimi dieci anni di sanità pubblica regionale.
 
“Una situazione drammatica – spiega il segretario generale della Uil di Roma e del Lazio, Alberto Civica – non solo perché sono soprattutto i cittadini a risanare i conti attraverso la tassazione locale, vedi l’Irpef, ma ancor di più perché all’aumento dei costi anche delle singole prestazioni non corrisponde un miglioramento dei servizi che sono sempre più parcellizzati e ridotti all’osso. Basti pensare anche agli ultimi episodi di cronaca all’interno di alcuni grandi nosocomi romani, alla chiusura di strutture storiche, alla carenza di risorse e personale nei nostri ospedali. Inadeguatezze che, nonostante le eccellenze, portano la nostra Capitale a collocarsi al penultimo posto nella classifica europea (seguita solo da Madrid) nel rapporto posti letto-residenti”.
 
Ecco i numeri del dossier

Tra il 2011 e il 2015 il debito complessivo della Regione Lazio si riduce del 30,3% passando da 22,8 miliardi di euro a 15,9. Considerando il quinquennio 2010-2015 il disavanzo sanitario regionale è sceso da un miliardo di euro circa a 332 milioni, anche se le aziende del SSR continuano a mantenere una gestione finanziaria in perdita. Basti pensare soprattutto alle aziende ospedaliere romane che chiudono tutte in deficit: -158,6 milioni di euro per l’azienda San Camillo-Forlanini che registra il risultato peggiore; -104,6 milioni di euro per il San Filippo Neri; -91,6 milioni per l'ospedale San Giovanni; -89,2 per il Policlinico Umberto I e -73,6 milioni di euro per il Policlinico di Tor Vergata.
Costa 2,3 miliardi di euro l’anno il risanamento finanziario ai cittadini della regione: di questi, un miliardo deriva dal gettito dell’addizionale regionale IRPEF (475 milioni di euro) e dall’incremento dei ticket e della spesa privata per farmaci e prestazioni (524 milioni), mentre le imprese contribuiscono con 743 milioni attraverso l’aumento dell’aliquota ordinaria IRAP. Si aggiunge infine mezzo miliardo di euro (516 milioni) derivante dall’incremento dell’aliquota IVA, finalizzato al risanamento dei conti pubblici.
 
“La situazione debitoria della regione e l’introduzione del Piano di Rientro nel 2007 – spiega Civica - hanno infatti comportato un progressivo incremento del prelievo fiscale: nel 2015 l’aliquota media dell’addizionale IRPEF ha raggiunto l’1,93% nel Lazio (1,23% la media delle regioni non in Piano di Rientro), con un aggravio pari a circa 81 euro annui pro capite. Mentre sul fronte delle imprese l’aumento dell’aliquota IRAP (4,82%, a fronte di una media del 3,9% per le regioni non in Piano di Rientro) ha determinato un aggravio medio di 1.555 euro. A ciò si aggiunge l’aumento dei ticket sulle prestazioni e sui farmaci essenziali, quelli cosiddetti di fascia A”.

Ammonta al 61% l’aumento complessivo dei ticket nel 2015 rispetto al 2006 (da 72,9 a 117,4 milioni di euro). Un incremento questo riferibile soprattutto ai ticket sulle prestazioni di specialistica ambulatoriale che rappresentano la maggior parte del valore totale.
Sempre nello stesso periodo i ticket sui farmaci sono aumentati di 13 volte (da 11 a 161 milioni di euro), mentre risulta quintuplicata la quota privata sull’acquisto dei farmaci di fascia A, che è passata da 36 a 312 milioni di euro.

L’aumento generale della spesa farmaceutica, che ammonta complessivamente al 10,6% (da 2,5 a 2,8 miliardi di euro), è dovuto esclusivamente alla componente privata (+56,4%; da 551 a 862 milioni), perché quella a carico del Sistema Sanitario Nazionale invece risulta addirittura diminuita (-2,1%, da 1.985 a 1.943 milioni di euro).

Da ciò deriva che il costo pro capite per l’acquisto di farmaci nel Lazio è oggi pari a 476 euro, di cui 146 euro finanziati dai cittadini e 330 euro dal SSN. Numeri che portano la nostra regione a collocarsi tra le più care in classifica per quanto riguarda il contributo privato in sanità.    

“Rincari cui si aggiunge purtroppo una diminuzione dei posti letto – afferma il segretario regionale della Uil Lazio, Paolo Dominici – Basti pensare che tra il 2006 e il 2015 si assiste a una flessione di circa il 30% nelle strutture ospedaliere regionali, con conseguenze drammatiche e sotto gli occhi di tutti. Gli intasamenti dei pronto soccorso e i lunghi stazionamenti in barella ne sono una triste conferma. Così come la diminuzione del numero dei ricoveri, non dovuto ad una minor propensione alla malattia, ma alla precarietà dell’offerta appunto”.

Nello stesso periodo, infatti, i ricoveri passano da oltre 1,3 milioni di euro a circa 930 mila (-400mila in valori assoluti) e anche le giornate complessive di degenza ospedaliera nello stesso periodo subiscono un decremento del 31,8%. 

Inadeguatezza dell’offerta che risulta particolarmente evidente nel confronto con il numero di posti letto delle regioni di alcune capitali europee: nel Lazio si contano mediamente 3,7 posti letto per 1.000 residenti, un valore questo che risulta significativamente inferiore agli standard di Praga (8,3), Vienna (7,9), Bruxelles (7,6), Berlino, Atene e Parigi (entrambe 5,9) e colloca il Lazio in penultima posizione seguita solo da Madrid (2,9). 

Tra il 2006 e il 2014, inoltre, il personale dipendente impiegato a vario titolo nelle strutture sanitarie regionali è diminuito del 16,8% (da 53.642 a 44.617 unità): la flessione maggiore ha riguardato i profili tecnici non dirigenti (-31,8%, pari a -2.375 unità), seguiti dal comparto dirigente (complessivamente -19,2%, -18,2% per la dirigenza medica e -25% per quella non medica) e dai profili amministrativi e sanitari non dirigenti (rispettivamente -16,6% e -11,4%). L’età media è salita a 51,4 anni e lo sblocco del turnover resta un’utopia. 

12 ottobre 2016
© Riproduzione riservata

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