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Cardiopatie alla nascita. Per scovarle c’è un esame un semplice e non invasivo

Uno studio multicentrico, a cui hanno collaborato esperti neonatologi della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma, dimostra la validità del pulsossimetro per incrementare la rilevazione delle cardiopatie congenite del 71%. Con la diagnosi precoce, la mortalità scende del 15-20%. La ricerca è stata pubblicata  sul “Journal of Pediatrics”.

04 LUG - Misurare l’ossigeno nel sangue del bebè appena nato per scovare eventuali cardiopatie congenite: è possibile con un test semplicissimo e non invasivo (con il pulsossimetro, una apparecchiatura medica che viene collegato alla manina e al piedino del neonato). L’efficacia di questo test di screening è stata confermata in uno studio multicentrico a cui hanno partecipato 17 diversi centri neonatologici italiani, tra cui l’Unità Operativa Complessa di Neonatologia della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli, afferente al Polo Scienze della Salute della Donna e del Bambino, diretto dal prof. Giovanni Scambia, e ha coinvolto 42.169 neonati.

Pubblicata recentemente sul Journal of Pediatrics, la ricerca ha evidenziato che l’utilizzo del test prima che mamma e bebè lascino l’ospedale dopo il parto consente di incrementare la rilevazione delle cardiopatie congenite del 71% nei centri nascita di primo e secondo livello. Diversi studi hanno dimostrato che la diagnosi precoce di tali patologie comporta una significativa riduzione della mortalità tra il 15 e il 20%.

Per la Neonatologia del Gemelli lo studio è stato coordinato dal professor Antonio Alberto Zuppa, associato di Pediatria Generale e Specialistica dell’Università Cattolica e responsabile dell’Unita Operativa Semplice di Area di Medicina Preventiva Neonatale-Rooming-in del Policlinico.

L’incidenza di cardiopatie congenite gravi in Italia è di 3 neonati su 1000 nati vivi. “Il nostro studio – spiega il professor Zuppa - è il primo in Italia su larga scala ed è tra gli studi con una casistica più numerosa effettuati a livello internazionale sull’argomento”.

La metodica di screening neonatale, lo screening pulso-ossimetrico, per la diagnosi precoce delle cardiopatie congenite gravi nel neonato si effettua attraverso la rilevazione nei primissimi giorni di vita del neonato della quantità di ossigeno nel sangue arterioso attraverso un’apparecchiatura medica non invasiva chiamata pulsossimetro. “La maggior parte delle cardiopatie congenite – spiega il Policlinico  - può determinare una riduzione di tale quantità di ossigeno nel sangue. Pertanto con questo metodo è possibile rilevare gravi cardiopatie congenite che possono altrimenti rimanere misconosciute, in quanto risultano clinicamente silenti nei primi giorni di vita, durante quindi il ricovero ospedaliero, per poi manifestarsi con quadri di diversa gravità nelle prime settimane dopo la dimissione dall’ospedale. La diagnosi tardiva si accompagna a un più elevato rischio di mortalità; la diagnosi precoce invece aumenta le possibilità di intervenire chirurgicamente quando il neonato non è ancora scompensato con una significativa riduzione della mortalità. Si tratta di una metodica semplice e rapida da effettuare, assolutamente non invasiva o indaginosa per il bambino e a costo zero”.

Al Gemelli tale screening viene ormai effettuato gratuitamente da quasi dieci anni. È stato infatti oggetto nel 2011 di una tesi di laurea sperimentale del dottor Riccardo Riccardi, attualmente specializzando in Pediatra presso l’Università Cattolica di Roma, con dati raccolti a partire dal 2008. “L’introduzione di questo screening all’interno della Neonatologia del Gemelli – prosegue Zuppa - , dove ogni anno nascono oltre 4mila bambini (4302 nati nel 2016), ha permesso di implementare la diagnosi di queste gravi patologie neonatali. Solo da pochi anni, evidenziandosi la sua importanza, lo screening pulso-ossimetrico è stato diffuso in tutto il mondo e recentemente è entrato nelle raccomandazioni del FDA statunitense. In Italia non è uno screening obbligatorio e non è effettuato presso tutti i centri nascita.

“Trattandosi di una metodica non invasiva e a ‘costo zero’ la sua introduzione non grava sul paziente e sulla spesa sanitaria - conclude il neonatologo Zuppa -; i risultati di questa ricerca suggeriscono l’importanza di estendere questo screening a tutti i centri nascita del Paese”.

04 luglio 2017
© Riproduzione riservata

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