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Tampone solo al 15% dei pazienti a domicilio. Indagine dello Smi Lazio su 21 medici di famiglia

Secondo l’analisi dello Smi di 160 segnalazioni inoltrate dai 21 medici ai SISP, solo il 15% ha ottenuto un riscontro (solo 25 pazienti sono stati presi in carico ed alcuni di questi sottoposti a tampone). “Ad essere ottimisti saranno pertanto appena 10.000 i tamponi effettuati su richiesta dei medici di famiglia. Ma leggiamo che nel Lazio sono stati fatti circa 100.000 tamponi, con risultati pari a 9 negativi su 1). A chi sono stati effettuati i circa 90.000 tamponi che i Mmg non hanno richiesto?”, chiede il sindacato in una lettera aperta a Zingaretti. LA LETTERA

23 APR - “A chi sono stati effettuati i circa 100.000 tamponi effettuati nel Lazio attestato che, ad essere ottimisti, saranno pertanto appena 10.000 i tamponi effettuati su richiesta dei medici di famiglia?”. A domandarlo, in una lettera aperta indirizzata al presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, è lo Smi del Lazio, che dopo i primi risultati emersi da un’indagine su 21 medici di medicina generale della Regione, denuncia come pochissime delle richieste di tampone avanzate dai medici di famiglia finiscano poi con la effettuazione del test. “Questo ci viene difficile spiegarlo ai nostri pazienti, soprattutto a quelli che devono ricorrere poi alle cure del 118 per insufficienza respiratoria, o ai parenti dei pazienti deceduti perché segnalati e mai presi in carico”.

Secondo i dati e le conseguenti stime realizzate dallo Smi, “ogni medico di famiglia nel Lazio, e ne abbiamo circa 5000, ha fatto mediamente da 7 a 10 segnalazioni: di queste, nella migliore delle ipotesi, ne sono state processate appena il 15%”. Infatti, “su un campione di 21 Mmg, per un totale di 26.553 assisti, ben 160 segnalazioni inoltrate ai SISP, delle quali solo il 15% ha ottenuto un riscontro (solo 25 pazienti sono stati presi in carico ed alcuni di questi sottoposti a tampone)”.
 
“Ad essere ottimisti - prosegue la denuncia dello Smi - saranno pertanto appena 10.000 i tamponi effettuati su richiesta dei medici di famiglia. Leggiamo, infatti che nel Lazio sono stati fatti circa 100.000 tamponi. Questi avrebbero dato un riscontro di una bassa percentuale di positività (9 negativi su 10). Ci chiediamo quindi: a chi sono stati effettuati i circa 90.000 tamponi che i Mmg non hanno richiesto? E la bassa percentuale di positività si potrebbe spiegare con la circostanza che, forse, nell'esecuzione degli stessi non siano stati rispettati i criteri clinici, epidemiologici, o del  semplice buon senso?”.
 
“Lo vorremmo sapere - fa nota il sindacato - , anche per rispondere alle domande dei nostri pazienti che sono lasciati a domicilio, con il solo nostro monitoraggio telefonico ed una terapia insufficiente, perché come deciso da circolare regionale del 3/4/2020 avente oggetto "terapia domiciliare pazienti Covid", noi Mmg, in assenza di tampone non possiamo cominciare neanche la terapia precoce con i farmaci già previsti per Covid +, ma che non sono prescrivibili nei casi fortemente sospetti che non siano stati sottoposti a tampone”.
 
E in vista dell’attivazione delle Uscar, lo Smi si chiede se “a casa di questi pazienti continueranno forse ad andare a mani nude i medici di continuità assistenziale e medici di famiglia? A mani nude perché sicuramente non basterà l’unica mascherina chirurgica consegnata ai medici di guardia medica o nessuna mascherina consegnata ai medici di famiglia più fortunati e in ASL più generose”. Lo Smi Lazio si dice, quindi, “molto preoccupato di dover affrontare una fase 2 che, in carenza di Dpi, in carenza di tamponi, in carenza di esami diagnostici e, soprattutto, nell'impossibilità di poter prescrivere terapia sul solo corredo sintomatologico clinico. Ci appare abbastanza incerta e irta di difficoltà e sicuramente ci preoccupano le ultime Raccomandazioni regionali contenute nell’'ennesima ordinanza regionale del Z00034 del 18.4.2020 che consigliano addirittura l’'accesso senza utilizzo di mascherine dei pazienti che accedono agli ambulatori, in assenza di sintomi respiratori, come se non ci fosse già ampia letteratura sulla trasmissibilità del virus da parte degli asintomatici. Auspichiamo che  voglia confrontarsi anche con chi rappresenta a pieno titolo tutti i professionisti area medica della nostra Regione” conclude la nota del SMI.

23 aprile 2020
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