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Non posso immaginare un mondo senza infermieri

di Pier Raffaele Spena

24 GEN - Gentile Direttore,
“L'apprensione, l'incertezza, l'attesa, l'aspettativa, la paura della sorpresa, fanno al paziente più male di qualsiasi sforzo”, così Florence Nightingale (fondatrice dell'infermieristica moderna). Parto da questa affermazione per arrivare a sostenere le iniziative che i rappresentanti delle professioni infermieristiche stanno portando avanti in questi giorni, lo faccio attraverso la mia personale esperienza.

Quando venti anni fa sono uscito dalla sala operatoria dopo un intervento durato diverse ore che ha portato al confezionamento di una stomia la prima carezza l’ho ricevuta da una infermiera dell’ospedale San Martino di Genova che nemmeno conoscevo, quella carezza non la dimenticherò mai perché mi fece capire che ero vivo e che qualcuno si sarebbe preso cura di me.

E così è stato: ho “soggiornato” in quell’ospedale per quattro mesi dopo un numero imbarazzante di complicazioni, ho vissuto quotidianamente con un numero imprecisato di infermieri stomaterapisti e riabilitatori del pavimento pelvico che si sono presi di cura di me, e non solo per l’assistenza. Ho avuto modo, indirettamente, di entrare anche nelle loro vite familiari, condizionate da turni ed emergenze che spesso lasciano segni indelebili e costringono a sacrifici enormi, da dolori e situazioni cliniche e umane difficili di persone sconosciute che spesso vivono con grande apprensione e naturale dignità.

Ho passato notti insonni con tanti di loro che mi tenevano compagnia, appena erano più liberi da altri impegni, abbiamo riso insieme, abbiamo pianto per i risultati che non arrivavano, gioito dei passi avanti fatti. In quel periodo al mio fianco c’era sempre mia madre che è stata letteralmente adottata dal reparto, e alla quale hanno concesso “libertà” al limite del consentito, ma solo perché avevano capito l’importanza di quella presenza per me. Ammetto che da “neofita del campo” ero arrivato in ospedale con alcuni pregiudizi verso la classe infermieristica, gli stessi che ancora oggi permangono e che spesso generano tensioni; forse non sono stati bravi nemmeno loro a trasferire quanto sia fondamentale il loro ruolo nel sistema sanitario nazionale, ma questo non è un buon motivo per sottovalutare il loro ruolo e quanto possono dare.

Da persona con stomia non potrei immaginare un mondo senza infermieri: noi stomizzati e incontinenti, infatti, abbiamo il grande privilegio di avere una figura infermieristica totalmente dedicata a noi per la gestione della condizione e la riabilitazione. Una presenza che sentiamo forte e vicina, soprattutto nei mesi successivi all’intervento chirurgico.

Cosa sarebbe la nostra vita se dopo un intervento che ha portato al confezionamento di una stomia non venissimo affidati ad un professionista così formato? Non ho dubbi: sarebbe peggiore, e non poco; perché senza quel ruolo guida, molti di non saprebbero nemmeno cosa sia un presidio e come gestirlo. Molti di noi non saprebbero chi chiamare se avessero una criticità, o soltanto per avere un parere su come procedono le cose. Basterebbe solo questo per riconoscere loro il ruolo che meritano e il trattamento, anche economico, più adeguato alla funzione.

Durante le fasi più acute della pandemia sono stati chiamati eroi, ma chi li conosce sa che loro hanno sempre fatto il loro dovere, ed è triste dover attendere una crisi così enorme per accendere i riflettori su questa professione. Hanno ricevuto promesse che non sono state ancora mantenute, hanno creduto di essere ascoltati, ma gli appelli di questi ultimi giorni sono la dimostrazione che poco o nulla è stato fatto per loro.

Rattrista profondamente leggere il loro pessimismo per il futuro. Egoisticamente, a nome di migliaia di persone incontinenti e stomizzate, e loro cari, sosteniamo tutti gli infermieri nella loro azione, convinti che non siano benevole concessioni, ma un atto dovuto.

Pier Raffaele Spena
Presidente FAIS-Federazione delle Associazioni di Incontinenti e Stomizzati

24 gennaio 2022
© Riproduzione riservata

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