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Siamo al “de profundis” della medicina generale?

di Ornella Mancin

24 GEN - Gentile Direttore,
ve lo ricordate l’episodio del tumulto del pane descritto dal Manzoni nei Promessi sposi? Di fronte all’ennesimo aumento del prezzo del pane la folla inferocita aggredisce i fornai. Ecco con le dovute similitudini e a distanza di secoli mi pare che i meccanismi che si ripropongono sono i medesimi: se il pane, bene primario, non è disponibile a tutti la colpa è dei fornai; se vengono meno i servizi sanitari essenziali la colpa è dei medici, principalmente dei medici di “base” quelli cioè più basici, quelli che per il cittadino sono più prossimali… Sono un bene essenziale come il pane e non possono non essere più disponibili, non rispondere più al telefono, non riceverci più con la stessa periodicità con cui lo facevano prima, non avere più il tempo per una chiacchierata, un consiglio.
 
Deve essere cosi che monta la protesta, non più in piazza con i bastoni ma sui social a inveire contro i “dottori” che stanno chiusi nei loro fortini senza degnarsi di rispondere al telefono, permettendosi persino di inviare le ricette con ritardo o di esigere l’appuntamento per essere ricevuti.
Mutano le condizioni ma l’essenza rimane: chi risponde in prima persona delle scelte spesso “miopi” della classe dirigente, è l’ultimo anello della catena, colui che è costretto a metterci la faccia.
 
Del resto è sempre stato cosi: tutti i no che si sono dovuti dire , anche giustamente, ai nostri pazienti (pensate quando sono state introdotte le note AIFA o più recentemente il decreto appropriatezza) li abbiamo dovuti dire noi medici di famiglia, facendoli digerire ai nostri pazienti tra mille discussioni per spiegare per esempio chi poteva avere il PPI gratis e chi no.
 
Adesso però la situazione è molto più grave perché non si parla solo più di doversi pagare qualche farmaco o qualche prestazione, si tratta del venir meno di servizi primari sempre considerati essenziali (medicina di famiglia e continuità assistenziale) per mancanza di medici o per l’impossibilità di fatto per i medici di famiglia di fare il proprio lavoro clinico, ormai completamente coinvolti nel lavoro burocratico che avrebbe dovuto fare il SISP ormai defunto.
 
Ma il cittadino che fatica ad essere visitato dal proprio medico, non lo trova più disponibile come prima, deve attendere giorni per essere ricevuto spesso non conosce il nostro contesto lavorativo e i gabelli che chi hanno messo sul dorso e mal sopporta tutto questo ribellandosi.
Quale migliore strategia per distruggere la medicina di famiglia se non facendo in modo che siano gli stessi pazienti a rivoltarsi contro e a invocare un nuovo sistema?
 
Un nuovo sistema, un “format”, che guarda caso è già bello pronto : basterà costringere i medici di base a lavorare 38 ore settimanali come tutti i lavoratori dipendenti ma udite udite mantenendo i “vantaggi” della convenzione: libera scelta del paziente ( e quindi ancora soggetti al ricatto della revoca) , niente ferie, niente malattia, necessità di reperirsi un sostituto in caso di necessità.
Non era forse meglio a questo punto la dipendenza?
 
Mi chiedo inoltre ma affibbiandoci le 38 ore settimanali penseranno pure che continueremo ad essere disponibili per le riunioni serali dopo cena per ricevere le linee di indirizzo aziendale, continueremo a rispondere al telefono 12 ore al giorno compresi sabato e domenica , ci recheremo a fare le visite domiciliari in orari extralavorativi?
 
Essere liberi professionisti è uno status che caratterizza una persona come capace di organizzare il suo tempo lavorativo in modo autonomo per far fronte ai bisogni di terzi in ogni momento. Se ora lavorassimo 38 ore settimanili difficilmente saremmo capaci di far fronte alle enormi richieste di questo periodo pandemico (oggi in media ognuno di noi fa 50-60 ore settimanali).
 
Se dovete incasellare il nostro lavoro di liberi professionisti in un monte ore prestabilito allora fateci diventare dipendenti. Cosa significa essere libero professionista convenzionato se non mi è dato il modo di organizzare in autonomia il mio lavoro? Prima ci avete tolto la libertà di curare il malato secondo necessità trasformando la medicina ippocratica in amministrata e adesso ci togliete anche la possibilità di organizzare il nostro lavoro.
 
Questo è il “de profundis” della medicina di famiglia, speriamo solo che a noi “vecchi” della professione ci venga risparmiato questo scempio e ci venga concesso o di andare in pensione (cosa che dubito) o almeno di non partecipare per ragioni anagrafiche.
Un grazie profondo a tutti coloro, sindacati in primis, che si sono così grandemente spesi per distruggere ogni possibilità di farci tornare ad essere medici.
 
Ornella Mancin
Medico di medicina generale

24 gennaio 2022
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