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Al Santobono-Pausillipon di Napoli ho trovato dei supereroi

di Ornella Auzino

19 APR -

Gentile Direttore,
ci tenevo ad inviarle questa lettera per diffondere la mia storia, per raccontare cosa si prova quando ad una mamma del sud dicono che la figlia ha un tumore. Quando un genitore scopre che il proprio figlio ha un cancro c'è bisogno di punti di riferimento.

Istintivamente molte persone, quando hanno saputo di mia figlia, mi hanno dato indirizzi di ospedali che erano fuori Napoli. Spesso si crede che curandosi al nord si trova il meglio, invece al Santobono-Pusilipon ho trovato dei supereroi. Questa è la prima cosa che va raccontata ma tanto altro bisognerebbe evidenziare in questa storia. Devo dire innanzitutto che mi reputo fortunata nella sfortuna. Quattro mesi fa ho scoperto che mia figlia di 12 anni ha un tumore, per lavoro sono un'imprenditrice, la mia azienda è in Campania e grazie al fatto che posso gestire il mio tempo libero riesco a dedicarmi come vorrei alla mia Federica che da Dicembre è in cura al Santobono-Pausillipon di Napoli.

Ho conosciuto il dolore, ho iniziato una “nuova vita” e attraverso mia figlia sto imparando a vivere giorno per giorno con la speranza negli occhi ed una forza incredibile nel cuore. Una delle prime paure che ho dovuto affrontare e che sto affrontando da quando ho scoperto la malattia di Fede è stata quella della morte, è stata dura quando mia figlia per la prima volta mi ha detto che aveva paura di morire. “Mamma se devo vivere così forse è meglio morire” mi disse ed in quel momento ho scelto di raccontare la nostra battaglia contro il cancro che prova a togliere la voglia di vivere e di guarire mentre noi abbiamo scelto di combattere. In ospedale sono stati bravissimi e tempestivi. Mia figlia è arrivata estremamente sofferente, hanno capito subito il problema inquadrando la malattia che aveva ed il percorso che avrebbe dovuto fare. In un paio di giorni mia figlia è stata meglio, al Santobono-Pausillipon ho trovato professionalità e tempestività.

Tutto è iniziato il 28 dicembre scorso quando io e mio marito, dopo due mesi in cui non riuscivamo a trovare la causa dei dolori di nostra figlia, andiamo al Santobono. La piccola viene subito ricoverata, tre giorni dopo trasferita al Pausilipon: dalla diagnosi c'è una neoplasia da approfondire. Il 3 gennaio la dottoressa del Pausilipon scopre da alcune radiografie che Federica aveva delle microlesioni ed allettano la bambina iniziando una serie di attività di approfondimento. Il pomeriggio stesso siamo andati a fare una risonanza con contrasto e poi da li è stato un susseguirsi di esami. Biopsia il giorno dopo, poi le chemio. Tutto velocissimo.

Un'efficienza che ci lascia senza parole, osserviamo i medici dare il massimo con i mezzi a disposizione e nonostante le mille difficoltà legate alla pandemia. La cosa per cui ho ringraziato è che mai nessuno ha risposto male né a me né a mia figlia, mai una mancanza di disponibilità. Il personale sanitario sfidava ogni santo giorno se stesso, dava il meglio di se. A volte ho pensato che non erano umani, mi sono convinta che erano dei supereroi. Sempre con il sorriso, parlando con i bambini in maniera chiara, tranquillazzando e rassicurando i genitori.

Quanto conta la psicologia nella lotta contro al cancro? Tantissimo e questo evidentemente lo sanno bene al reparto di oncologia, al terzo piano del Pausilipon, diretto dal dottor Massimo Eraldo Abate. Sembra assurdo ma è così. L'approccio del personale sanitario fa la differenza e non è scontato. Si crea una sinergia come se si fosse in famiglia e quando devi andare a fare un ricovero ti diventa anche un pochino più normale entrare in quel reparto. Senti di avere delle persone amiche, mia figlia si fida ciecamente dei medici.

Ogni giorno mi ricorda di quanto è grata a quei dottori che le hanno tolto il dolore enorme che aveva. Con questa lettera vorrei accendere un faro sulla straordinaria professionalità, spesso non valorizzata quanto meriterebbe, che caratterizza il sistema sanitario nazionale e campano. Con queste parole vorrei evidenziare gli sforzi sovraumani di un personale sanitario impegnato ogni giorno a lottare contro il cancro e contro carenze strutturali che, spesso, ostacolano il lavoro di questi angeli con il camice bianco.

Da questa esperienza ho capito che ci dovrebbe essere un sostegno maggiore da parte dello stato. Il genitore si sente abbandonato perché non tutti hanno la possibilità di lasciare per tanto tempo il proprio lavoro. Per questo, ad esempio, l'assistenza domiciliare è fondamentale. Alcuni servizi se potenziati consentirebbero di dare un sollievo maggiore alle famiglie e costerebbero di meno allo stato.

Ornella Auzino



19 aprile 2022
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