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Salute mentale. Dubbi sulla riforma del Veneto

di Andrea Angelozzi 

26 APR - Gentile Direttore,
vi è una evidente difficoltà nei Servizi di Salute Mentale del Veneto, testimoniata dai dati SISM per la Regione e da quelli elaborati localmente per i singoli DSM, la cui disomogeneità suggerisce la mancanza di una regia complessiva. Questi aspetti entrano in un clima generale di disagio, con diverse manifestazioni pubbliche, fra cui quella di Padova, di cui ha dato notizia anche Quotidiano Sanità. Di fronte a questa situazione, la Regione ha annunciato sulla stampa locale e sullo stesso Quotidiano Sanità, una vera e propria nuova organizzazione di sistema, con importanti aspetti innovativi.

Nella lettura del documento specifico, DGR n. 371 del 08 aprile 2022, troviamo però molto poco di quanto annunciato. A fianco della  dichiarata conferma del modello di psichiatria di comunità, già disegnato nel Progetto Obiettivo sulla Salute Mentale del 2010, ritroviamo vari provvedimenti emanati in passato e non esenti da aspetti problematici. Troviamo la DGR 1673/2018 che riordina la residenzialità ed istituisce strutture per inserimenti senza scadenza per pazienti al di sopra di 45 anni e con una storia riabilitativa deludente; la DRG 1106/2020 che legittima le contenzioni meccaniche non solo in psichiatria ma anche in tutte le altre strutture sanitarie per fronteggiare situazioni cliniche con agitazione; la DGR 64/2020 che avalla il ricovero di minori in SPDC, per il quale ora si promettono i posti letto già previsti dal Piano Socio Sanitario 2019-2023 e non ancora attuati; una riorganizzazione dei Centri Diurni con un gruppo di lavoro iniziato ormai un anno orsono. Aspetti organizzativi e collegamenti con aree adiacenti, peraltro già delineati nel P.O. del 2010, rimandano a vari futuri gruppi di lavoro che la Regione nominerà.

Per sopperire alle gravi carenze del personale, sintoniche ad una spesa che è la terzultima in Italia, e con organici totalmente disomogenei all’interno della Regione, viene indicata la assunzione di Psicologi ed Assistenti Sociali, puntando a standard inferiori rispetto alla media nazionale 2020. A fronte alla quasi totale assenza di Terapisti della Riabilitazione Psichiatrica, viene indicata la loro discutibile equivalenza con Educatori Professionali, all’interno di standard complessivi.

Per affrontare il problema della contenzione, in ottemperanza alle recenti “Linee di indirizzo” ministeriali, si opera una integrazione infermieristica da poter utilizzare anche nei reparti non psichiatrici, confermando la consegna alla psichiatria di tutta la gestione ospedaliera della violenza e della contenzione, come già indicato in una precedente delibera regionale riportata su Quotidiano Sanità. Questo approccio solo ospedaliero alla contenzione per disturbi mentali dimentica i tanti indicatori del progressivo deterioramento gestionale delle acuzie sul territorio. Nessuna menzione del problema degli psichiatri, inferiori del 30% rispetto alla media nazionale. Trattandosi di assunzioni fino al 31/12/2023, in attesa di definire nuovi standard con un altro apposito gruppo di lavoro, emerge il dubbio che ci si affidi in gran parte al finanziamento Ministeriale una tantum delle predette Linee di Indirizzo Ministeriali, senza un reale investimento strutturale da parte della Regione.

Nella creazione di una unità psichiatrica nelle Case della Comunità e di una UOSD dedicata a infanzia ed adolescenza, ritroviamo poi l’antica tendenza psichiatrica a cercare soluzioni ai problemi moltiplicando i luoghi, invece di moltiplicare le attività e le competenze di tutti gli operatori, portando l’utente a percorrere le tante strutture del DSM, cercando di accomodare ogni volta un frammento, senza mai cogliere l’intero. Prima o poi bisognerà chiedersi se rinnovare la psichiatria consista in aggiungere luoghi ai DSM, oppure nel ripensare i DSM.

Faccio poi fatica a concepire come innovazione la collaborazione con le Case di Cura private per la riabilitazione post acuzie, in un Veneto dove i privati hanno nove volte i posti letto rispetto alla media nazionale, e con una visione ospedaliera della riabilitazione psichiatrica che la priva di quella quotidianità sociale ed affettiva nel proprio ambiente di vita che ne sono pilastri fondanti. 

Alla fine rimane la sensazione di un approccio che fatica a prendere atto della situazione effettiva e dei problemi sul campo, ricerca la partecipazione solo per confermare la attuazione di scelte già prese (non è chiaro con quale modello), e si sofferma più su tentativi di manutenzione quotidiana che su una visione programmatoria.

Andrea Angelozzi 
Psichiatra

26 aprile 2022
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