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Spot pro-denunce. Alla base c’è una logica grave e pericolosa

di Nicola Ferraro

23 AGO - Gentile Direttore,
la puntuale denuncia raccolta con rilievo da Quotidiano Sanità merita forse di essere arricchita di altri tre contenuti da un punto di vista giornalistico. Il primo, che ho colto gestendo l'ufficio stampa dell'OMCeO di Torino anche in questo agosto tanto caldo e potenzialmente distratto, è l'arrabbiatura dei medici;  di sicuro non la paura per un'iniziativa che lo spot presenta come nobile esercizio di un diritto: l'Inno alla gioia di Beethoven che è anche l'inno dell'Europa, colora di speranza romantica e di improprie carature europee un'operazione commerciale che giornalisticamente dovrebbe essere chiarita meglio.
Varrebbe la pena che uno di noi desse avvio ad un "Obiettivo risarcimento" raccontando (alla Gatti) quello che accade.

Se intanto ci limitiamo allo spot diffuso in prima serata emerge un dato, non chiaro, da chiarire subito in quanto potrebbe essere la pubblicità di un reato da reiterare all'infinito. Nella zuccherosità inquietante del filmato la voce fuori campo ventila la possibilità (ad arte non esplicitata?) che il risarcimento si possa anche ottenere senza esborso di denaro immediato (se il racconto dell'episodio di malasanità subito "tiene") ma dividendo con la società che ha gestito l'operazione l'eventuale risarcimento stabilito da una sentenza di un Tribunale italiano. Se si scoprisse che questa possibilità viene data come praticabile ci troveremmo di fronte, se non ricordo male, ad un illecito penale che comporta per l'avvocato che lo persegue anche la radiazione dall'Ordine professionale.

Il terzo ed ultimo aspetto è di natura etico-politico-deontologica. Focalizzare la possibilità di perseguire una violazione piccola o grande del diritto alla salute soltanto in funzione di un risarcimento economico, incentivando questa possibilità sotto forma di impresa commerciale, è un esercizio del Diritto che va oltre il pragmatismo e che contribuisce a mantenere quel clima tragico di miseria, nanismo, inadeguatezza che caratterizza attualmente la vita pubblica (e soprattutto quella politica) in Italia. Un atteggiamento, questo, che calato nell'ambito del diritto alla cura farà decollare verso vette statunitensi non soltanto la medicina difensiva ma anche la "sanità difensiva".

In altre parole mentre il personale sanitario si preoccuperà sempre di più per i risvolti legali delle decisioni operative e farà lievitare i costi per accertamenti diagnostici non necessari al malato, le strutture sanitarie cercheranno in ogni modo di non prendere in carico la gestione dei casi clinici più complessi.

E' questo il risultato più grave, più triste, più pericoloso di un clima culturale dominato dal sospetto, dalla percezione ipertrofica di diritti fondamentali sviliti da una logica mercantile che prevede un unico valore totemico: il profitto.
Una logica che tiene conto dell'esistenza insopprimibile dell'errore in sanità soltanto in funzione del suo risarcimento, non della sua progressiva eliminazione.

La riduzione dell'errore in sanità invece ha bisogno di un clima culturale in cui l'errore venga cercato con intelligenza e coraggio; il passaggio necessario per potere consolidare questo clima favorevole, che già esiste ma faticosamente si fa strada,  passa attraverso la fiducia: non il sospetto e l'aumento programmato a tavolino delle "nevrosi da indennizzo".

Nicola Ferraro
Caporedattore di Torino Medica

 

23 agosto 2012
© Riproduzione riservata

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