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Chiamata in correità per tutti i non medici

di Calogero Spada

08 SET - Gentile Direttore,
vorrei manifestare una probabile “chiamata in correità” delle professioni sanitarie – tutte – per la evoluzione delle fattispecie così eminentemente descritta dal dott. De Caro, non soltanto circa un evidente negazionismo sulla drammatica emergenza infermieristica, ma anche verso «La grande bugia della carenza di medici» e verso “l’assenza di approfondimento e di attenzione verso i dati”.

Come ricordavo in un precedente contributo la questione posta da De Caro identificata come “vera situazione”, era stata già studiata dall’OECD ed i dati pubblicati fin dal lontano 2008; le evidenze risultano così riassunte:

“L’Italia ha una popolazione che invecchia e mette a dura prova il sistema sanitario pubblico e le famiglie. Allo stesso tempo, ha un mercato distorto dell’offerta di professionisti sanitari. Una mera “moda” del passato sociologico Italiano ha prodotto un fenomeno di sovra-iscrizioni alle facoltà di medicina che ha prodotto una strutturata sovrabbondanza di medici che sarà interpretata come carenza quando questa coorte si ritirerà. È difficile – per dei limiti principalmente normativi, identificabili con la legge 30 luglio 2002, n. 189, meglio nota come legge Bossi-Fini – sia per i medici formati all’estero, sia per gli stranieri formati in Italia, esercitare la professione in Italia. In infermieristica, la situazione è più critica, con molti meno laureati in infermieristica del necessario anche per soddisfare soltanto le esigenze di sostituzione. L’assistenza agli anziani, tradizionalmente a carico delle famiglie, è stata sempre più delegata ai lavoratori immigrati detti “informali” tra cui molti irregolari; per quanto alle reali carenze di medici, queste si identificano in ambito assai ristretto di alcune specialità quali: anestesia, radiologia, pediatria”.

È chiaro che a questo scenario già di per sé grave e complesso, peraltro gravemente peggiorato nella analisi ora prodotta, vanno aggiunte le altre questioni che De Caro assai giustamente integra: retribuzioni fortemente basse; uno sviluppo professionale e di carriera praticamente inesistente, al pari dell’altro diktat statuario: la libera professione.

Alcuni autori in queste pagine ancora oggi insistono nella risoluzione di questi problemi a botte di aggiornamenti contrattuali, che il tempo però sta via via solo qualificando come “desiderata” privi di quella vera efficacia, forse anche perché ostacolati e limitati dal perverso sistema della contrattazione decentrata.

Alcuni altri – tra cui il sottoscritto – stanno da tempo ponendo l’accento sul vero errore, che diventa la madre di ogni “grande bugia” : l’isolazionismo delle professioni.

A parte la caterva di esempi disponibili, proprio guardando alla campagna elettorale in corso, possiamo notare proclami dei singoli ordini verso il (pur forse imitato) sistema politico cui – giusto caso – ripropongono medesime annose problematiche:

- coinvolgimento nelle politiche di riordino del Sistema salute di tutte le rappresentanze istituzionali delle professioni sanitarie;

- valorizzazione concreta delle professioni sanitarie;

- riforma della formazione di base e continua;

- sostegno della ricerca;

- riconoscimento e supporto alle Istituzioni ordinistiche;

- superamento del pregiudizio di genere.

A parte questi dadaismi (alcuni quasi inutili), che comunque identificano una stagnanza di fatto nella emancipazione dei non medici, il problema è la “timidezza” che i rappresentanti ordinistici dimostrano, in primo luogo eludendo i temi ricordati dal dott. De Caro ed in secondo non coalizzandosi come voce unica e solidale, in rappresentanza di oltre 700.000 professionisti sanitari Italiani.

Un’altra verità è che se da una parte gli infermieri stanno vincendo sulle altre professioni sanitarie, dall’altra stanno perdendo con esse contro i medici.

Se si vuole davvero essere incisivi verso questa classe politica che dimostra di non sapere nulla di sanità e che di fatto si arrocca su anacronistici immaginari collettivi di un detestabile provincialismo del passato, quello che innanzitutto bisogni fare, interpretando positivamente il suggerimento del dott. Maffei, sulla responsabilità di quella che chiama “rete intermedia” tra eletti ed elettori, rete che nel caso può essere ben impersonata dalla “rete ordinistica” delle professioni non mediche, “nell’attesa della beata speranza” di un nuovo Presidente del Consiglio, chiunque esso/essa sia, è di mettere a fuoco, tutti insieme le questioni comuni, già identificate con: libera professione, risoluzione del vincolo di esclusività; diritto al giusto compenso relativamente alla posizione accademica e concrete possibilità di carriera.

 Su queste diversi – forse troppi – disegni di legge sono stati presentati nella precedente legislatura, per cui però bisogna riprendere tutto il discorso da capo. Queste sono, al di là di ogni pomposo e formale chiacchiericcio da teatrino, le questioni fondamentali; ogni altra cosa verrà di seguito.

Dott. Calogero Spada
TSRM – Dottore Magistrale

08 settembre 2022
© Riproduzione riservata

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