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Il riordino della assistenza ospedaliera deve tornare una priorità

di Claudio Maria Maffei

05 OTT -

Gentile direttore,
tutta l’attenzione degli addetti ai lavori e della politica sembra concentrata sul riassetto dei servizi territoriali e quindi sull’utilizzo dei finanziamenti del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e sulla applicazione del DM 77. E’ di ieri la notizia dell’arrivo sul tavolo delle Regioni del riparto delle risorse della misura prevista dalla Legge di Bilancio per l’assunzione, in deroga al tetto di spesa, di personale per le nuove strutture dell’assistenza territoriale (Case della Comunità, Ospedali di Comunità, Unità di continuità assistenziale e Centrali operative territoriali). Ma già nella presentazione del riparto e in una nota di Jorio si è fatto subito presente che  non si tratta di risorse aggiuntive, ma solo la concessione di una deroga al tetto di spesa del personale e che in ogni caso il personale “finanziato” sarà difficile da trovare.

Sembrerebbe abbastanza logico ragionare sulla possibilità che almeno parte del personale che serve possa essere recuperato dalla razionalizzazione e qualificazione della rete ospedaliera, comunque indispensabile “a prescindere” per gli effetti che essa ha in termini di esiti di salute e di contenimento di alcuni  devastanti effetti distorsivi che si stanno sempre più accentuando come  il ricorso a cooperative e liberi professionisti per attività nevralgiche come la continuità assistenziale dei Dipartimenti di Emergenza,  la fuga dei professionisti nel privato, le liste di attesa che si allungano e il ricorso crescente dei cittadini al privato “out of pocket” o alle Assicurazioni anche per attività chirurgiche.

E’ passato circa un anno da quando venne riportato e commentato qui su QS un documento di fonte ministeriale con una ipotesi di “nuovo” DM 70, subito ridimensionato a “brogliaccio” da parte del Ministro  Speranza che si era dichiarato anche disponibile a un confronto. Ma il confronto non c’è stato e a tutt’oggi non si sa che fine abbia fatto il percorso di revisione del DM 70. Nel frattempo, almeno qui su QS che è un luogo importante di dibattito e confronto sulla nostra sanità, continuano ad alzarsi voci critiche nei confronti del DM 70, che sembrerebbe non piacere quasi a nessuno. Non piace al Forum dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani, come non piace ai sindacati dalla Federazione CIMO-Fesmed  alla CGIL che nella sua recente piattaforma su sanità e sociale si è così espressa “Prevedere un adeguato numero di posti letto in linea con la media Ocse e la garanzia dell’omogeneità delle attività in tutto il territorio nazionale, in un’ottica di concreta sinergia e integrazione con i servizi territoriali. Serve investire nella rete ospedaliera per superare le differenze strutturali e di prestazioni sanitarie tra le regioni del sud, del centro e del nord e contrastare la mobilità passiva: meno disagio e spese per le persone e maggiori possibilità di sviluppo per i SSR più in difficoltà”.

Sembra dunque prevalere una linea di pensiero sui temi della politica sanitaria che assieme ad un potenziamento del territorio preveda un potenziamento tout-court dell’ospedale. Se non fosse che le previsioni di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale non consentiranno di fare “tutto” compresi gli adeguamenti nel trattamento economico degli operatori. Ma soprattutto se non fosse che sono (o dovrebbero essere) evidenti a tutti le diffuse irrazionalità dell’assetto delle reti ospedaliere di molte Regioni. Solo per limitarmi alle irrazionalità di quelle della mia Regione, le Marche, ricordo ancora una volta la previsione di quattordici ospedali con (presunto) Dipartimento di Emergenza e Accettazione in una Regione di un milione e mezzo di abitanti, la presenza di coppie di ospedali di primo livello a poche decine di chilometri di distanza (in pianura) e il rilancio/mantenimento dei piccoli ospedali a partire da quelli corrispondenti ai bacini elettorali dei componenti della attuale Giunta (di centrodestra). Come effetto di questa politica ospedaliera “di manica larga” i tempi di attesa per le attività chirurgiche programmate si allungano tanto che per quelle di  chirurgia oncologica maggiore le Marche hanno avuto nel 2021 una delle peggiori performance tra le undici Regioni/Province monitorate dal Laboratorio di Management e Sanità dell’Istituto Sant’Anna di Pisa, come si può leggere qui.

Forse è arrivato il momento di mettere mano sul serio alla revisione del DM 70, una revisione che vada al di là dell’aumento dei posti letto (sicuramente giustificato almeno in questa fase in alcune aree come quella internistico-geriatrica) e della generica scelta di offrire “più ospedale” per entrare nel merito delle diverse questioni mantenendo fermi i molti criteri ancora validi del DM 70 (ad esempio il ruolo delle reti cliniche) e introducendo modifiche mirate laddove opportune. A solo titolo di esempio:

vanno previste riserve di posti letto di area medica disponibili per le emergenze non solo a livello di semintensive (come già previsto in base al DL 34/2020), ma anche di posti letto ordinari;

vanno previste modifiche nella previsione rigida delle discipline da garantirsi nelle diverse tipologie di ospedale favorendo in particolare la concentrazione più “spinta” delle attività di chirurgia programmata;

va prevista la possibilità di attività di ricovero ordinario di area internistico-geriatrica senza attività in urgenza in strutture con posti letto di cure intermedie e residenziali;

va sostanzialmente rivista la parte che riguarda le strutture private contrattualizzate in modo da coinvolgerle nella rete dell’emergenza-urgenza e da renderle veramente integrate con la rete degli ospedali pubblici limitando i fenomeni di concorrenza sia nella produzione che nel reclutamento nei professionisti;

incentivare la riunificazione in una unica sede degli ospedali vicini e in una fase transitoria la loro integrazione con riduzione massima delle duplicazioni;

vanno resi operativi gli accordi di confine sia sulla programmazione delle strutture che sulla produzione scambiata;

vanno previsti meccanismi di monitoraggio centrale che, ad esempio attraverso una valutazione rigorosa dei programmi di edilizia sanitaria, consenta di orientare e controllare le scelte in tema di ospedali della politica (per la quale vale una sorta di legge di Murphy del tipo “se si può fare un ospedale si farà” ovvero “se si può mantenere un ospedale si manterrà”).

Occorre uscire dalle secche di un dibattito che metta a confronto chi è a favore dell’ospedale (chi non può esserlo?) e chi è contro (chi può esserlo?), per entrare nel merito delle questioni più rilevanti. Comunque la si veda, il DM 77 ha bisogno di un nuovo DM 70. E i cittadini hanno bisogno di più territorio e di una rete ospedaliera diversa.

Claudio Maria Maffei



05 ottobre 2022
© Riproduzione riservata

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