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Il ruolo del medico rimarrà anche in futuro

di Antonio Panti

23 GEN -

Gentile direttore,
Roberto Polillo, in un recente articolo su QS, ha svolto una disamina del declino della cosiddetta “dominanza medica”, cioè del ruolo sociale (e del potere politico) riconosciuto alla professione. Un excursus storico per sostenere una tesi senz’altro limitata e di parte ma con molti aspetti di veridicità.

Ricordo, ero un giovane medico, la stagione di Medicina Democratica e sono stato ben presente alla successiva, simultanea evoluzione della medicina, della sanità e della società. La tecnologia ha quasi sopraffatto la professione e il burn out, il disagio, che colpisce molti colleghi in tutto il mondo è spiegato dai sociologi con i profondi cambiamenti della relazione medico paziente, con l’oppressione dell’amministrazione della sanità, con i travolgenti sviluppi della scienza e della tecnica.

Polillo rileva come la lotta di Medicina Democratica alla “corporazione medica” e al suo “sapere esoterico” sia stata sconfitta dalla storia, vincendo tuttavia nei fatti perché la “corporazione” è oggi in crisi, ma non a causa dell’empowerment di cittadini consapevoli bensì perché travolta da Dr. Google che, strumento delle multinazionali, induce bisogni e prospetta soluzioni che sovente il medico finisce col dover subire. Non c’è più il medico di una volta né il paziente di una volta.

L’articolista attribuisce la responsabilità di questo stato di cose in buona parte all’abbandono in cui è stata lasciata la sanità pubblica da parte della politica. Aggiungo anche alla mancanza di un dibattito pubblico sui diritti sociali. “Il processo di svilimento” della professione “rende inutile e inessenziale una buona relazione tra medico e paziente”, conclude Polillo.

Ripeto, da testimone dei fatti, che non sono del tutto d’accordo con questa interpretazione della storia recente della professione ma, accettando sia pur in parte le conclusioni, si pone l’antica domanda: che fare? c’è rimedio?

Nell’articolo citato mancano prospettive e non vi è alcun riferimento alla I.A. che sta entrando nella pratica quotidiana e indubbiamente travolgerà metodologia e prassi della medicina nonché il rapporto col paziente.

Come vivere questo cambiamento, come perdita o come sfida, come sconfitta o come occasione? I medici riusciranno a dominare una tecnologia sempre più pervasiva? La tecnologia informatica e la I.A. integrano e supportano la professione o la sostituiscono?

E’ comprensibile il disagio dei medici, troppi fattori concomitanti lo determinano. Questo disagio influenza certamente la relazione ma come viene vissuto dai pazienti? La medicina è divenuta così ampia che i problemi sono qualitativamente diversi rispetto a pochi decenni or sono. Tuttavia il bisogno di aiuto nella malattia non è cambiato e la relazione tra medico e paziente non ne dovrebbe aver sofferto troppo; molte inchieste lo confermano insieme all’esperienza quotidiana.

Però Dr. Google esiste e quando il medico sarà inevitabilmente condizionato dalle risposte dell’I.A., che raccoglie tutti i dati del paziente e quelli della letteratura e darà risposte fondate sull’elaborazione di questi, cambierà qualcosa?

La tecnica cambierà molte abitudini della professione ma il ruolo del medico si manterrà purché egli sappia dominare i nuovi strumenti dell’era digitale e non esserne dominato. Un nuovo patto con la società è possibile se il medico resterà custode del rapporto umano, gestore dell’empatia e, nello stesso tempo, padrone della tecnica utile come strumento delle cure e quindi supporto alla sua professionalità.

Antonio Panti



23 gennaio 2023
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