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Consenso Informato: chiediamo il tempo necessario nel rispetto della Legge

di Fabio Pinto

07 FEB -

Gentile Direttore,
ho avuto modo di seguire il Corso di Aggiornamento “Obiettivo Salute: Prevenzione, terapie innovative e tecnologia in Medicina” organizzato dall’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Roma, lo scorso 4 febbraio.

In particolare, è stato apprezzato l’intervento del dr. Ferdinando Lignola, Magistrato della Procura generale della Corte di Cassazione, sul tema “Il Consenso Informato per l’operatore sanitario”. La presentazione del dr. Lignola è stata segnatamente mirata alla procedura che il Dirigente Medico e Sanitario è tenuto a seguire, assieme al paziente, nella compilazione del modello del Consenso Informato, a distanza di oltre 5 anni dall’entrata in vigore della legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”.

Soffermandoci sull’articolo 1, il comma 8 recita che “Il tempo della comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura”: il che significa che rientra nei diritti e nei doveri professionali dell’operatore sanitario, sotto il profilo del trattamento economico e normativo, nonchè sul piano deontologico.

Nella realtà le cose stanno in maniera ben diversa e il contenuto della norma viene il più delle volte, disatteso, senza reali colpe del medico investito del problema.

Dato che sin dai tempi del diritto romano è noto che è dovere del cittadino essere al corrente delle leggi, mi sembra il caso che le OOSS gettino un seme nella bozza del CCNL 2019-2021, la cui discussione ha avuto inizio da pochi giorni (il CCNL è ovviamente soggetto alla normativa vigente). Sarà inoltre necessario bussare alla porta, nelle sedi competenti, per rappresentare l’irrinunciabile attenzione che dovrà essere posta nel computo corretto dei fabbisogni del personale.

Infatti, dalla discussione tenutasi in aula sabato scorso, è emerso che l’obbligo del sanitario è ampio e tassativo, poiché risponde all’esigenza e al diritto del paziente di autodeterminarsi rispetto al trattamento sanitario e/o all'accertamento diagnostico proposto e che tale obbligo è sanzionato dal giudice civile anche in caso di esito fausto dell’intervento e di assenza di complicanze. Perciò è imprescindibile che il sanitario disponga del tempo necessario da dedicare a questo aspetto della “cura”, senza limitarsi a utilizzare modelli prestampati che gli facciano guadagnare tempo, vista la mole di lavoro cui è sottoposto. Ma oggi il professionista questo tempo non ce l’ha e chi svolge questo lavoro lo sa molto bene.

Eppure sul punto la legge è chiara: “ogni persona ha il diritto di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo, aggiornato e a lei comprensibile riguardo alla diagnosi, alla prognosi, ai benefici e ai rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati, nonche' riguardo alle possibili alternative e alle conseguenze dell'eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi” (art. 1, comma 3, legge 22 dicembre 2017, n. 219).

Anche l’art. 33 del Codice di Deontologia Medica in vigore prescrive che “il medico garantisce alla persona assistita o al suo rappresentante legale un’informazione comprensibile ed esaustiva sulla prevenzione, sul percorso diagnostico, sulla diagnosi, sulla prognosi, sulla terapia e sulle eventuali alternative diagnostico-terapeutiche, sui prevedibili rischi e complicanze, nonché sui comportamenti che il paziente dovrà osservare nel processo di cura”.

In conclusione, si tratta di una buona occasione da non sciupare. Al di là della trattativa per il rinnovo di un Contratto di lavoro ampiamente scaduto, chiediamo alla classe politica di dare un segnale di rispetto e di considerazione nei confronti della Dirigenza Sanitaria.

Fabio Pinto

Segretario Nazionale SNR, Federazione FASSID



07 febbraio 2023
© Riproduzione riservata

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