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Le “mediche” secondo Cavicchi

di Ornella Mancin e Donatella Noventa

14 APR -

Gentile Direttore,
nel suo ultimo libro “Sanità pubblica addio” Cavicchi indica la femminilizzazione della professione medica come una questione di sub-riformismo: le donne medico sono aumentate sino a diventare maggioranza senza però avere la capacità di riformare perché non hanno le idee giuste per farlo, come un “uccello che vuole volare ma non ha le penne per farlo”, cioè è “sine pennis”

Le “mediche” ci dice Cavicchi pur essendo maggioranza non sono in grado di determinare i cambiamenti voluti perché sono prive di “argomenti per spiccare il volo” e quindi la loro assenza dai ruoli che contano non è solo colpa degli uomini che governano da anni in maggioranza la professione.

A dimostrazione di ciò, continua Cavicchi, c’è il fatto che la Fnomceo con le 100 tesi ha fatto un’apertura politica e culturale alle donne medico molto significativa, che le mediche non hanno saputo cogliere.

Può darsi ma non ne sono convinta. Può dirci il professor Cavicchi quali altre tesi delle 100 che lui ha scritto per la Fnomceo si sono tradotte in prassi? Può con cognizione di causa garantirci che la questione medica dopo gli Stati generali indotti dalla Fnomceo è stata risolta? A me non pare. Le 100 tesi sono state più o meno abbandonate e la questione medica giace irrisolta. Come pensare allora che solo la questione femminile avrebbe potuto trarre dalle 100 tesi impulso ed energia per andare avanti?

Cavicchi sottolinea che oggi dentro agli ordini e nei sindacati “comanda una minoranza e non una maggioranza” perché le mediche pur essendo le azioniste di maggioranza degli ordini e dei sindacati non sono degli “shareholder “ dei portatori di interessi per le loro colleghe…E questo sarebbe il motivo per cui non vengono votate ed elette?

Mi spiace che Cavicchi che conosce benissimo come funzionano ordini e sindacati medici la faccia così semplice, proprio lui che in Commissione Affari sociali della Camera qualche anno fa (2017) ha messo in guardia contro il rischio che gli ordini siano “usati per scopi di consenso politico “ e “interessi clientelari” soprattutto a causa di un “pan-sindacalismo” che permette ai sindacati di colonizzare gli ordini. Pensa forse il professor Cavicchi che sia possibile per le donne mediche da sole ribaltare questi assetti semplicemente proponendo le idee giuste? Il sistema attuale è inamovibile anche se a volerlo cambiare ci fossero degli “uomini” illuminati. Lo dicevo tempo fa sulle pagine di questo giornale:

“La strada non è semplice dal momento che da molti anni ormai le elezioni ordinistiche sono viziate da un intreccio consolidato tra ordini e sindacato che rende assai difficile che gruppi spontanei arrivino a nominare i propri rappresentati nei consigli (questo è anche il motivo della scarsa presenza femminile: le donne entrano solo se volute dai sindacati maggioritari)” (QS 13 maggio 2023).

Dice il professor Cavicchi che la questione non deve essere giocata solo sul piano politico perché se no si rischia semplicemente di scivolare in una “prova di forza tra maschi e femmine” dove i maschi “devono cedere degli spazi alle donne” . In questo modo la rivendicazione è solo ideologica mentre per un cambio di passo la” Fnomceo al contrario chiede alle donne un pensiero per riformare la medicina”.

“Tutto questo potrebbe essere anche perseguibile in un sistema equo e non discriminatorio” come dice giustamente la dr.ssa Laura Doni (QS 8 aprile).

Ma noi donne medico viviamo in un sistema fortemente discriminatorio dove la medicina, sin dagli studi universitari è pensata al maschile, l’organizzazione del lavoro è partorita da menti maschili (anche in quelle rare occasioni in cui la dirigenza è donna) e la governance è squisitamente maschile.

Dice bene la Doni che per esempio “la propensione alla cura” che viene comunemente riconosciuta come peculiarità femminile “può e deve esternarsi in altri contesti come quello organizzativo”. E’ necessario, a suo avviso, un pensiero di riforma della sanità al femminile, che sappia elaborare un “modello basato su un sistema valoriale differente, in cui anche gli uomini possano riconoscersi”.

Ma come è possibile un pensiero riformatore femminile senza il contributo degli uomini che oggi governano la sanità, senza che alle mediche vengano concessi spazi perché il pensiero possa svilupparsi e senza alcun aiuto perché questo possa costruirsi?

Se davvero la Fnomceo vuole manifestare una apertura di credito alle donne medico e dimostrarsi interessata a un pensiero riformatore femminile perché non lo dimostra concretamente dando una mano alle mediche ad esprimersi?

Basterebbe per esempio che negli ordini dove le mediche sono la maggioranza degli iscritti venisse garantita almeno la metà degli eletti e/o che fosse buona prassi dare alcune presidenze delle commissioni ordinistiche alle donne, senza limitarsi come ora ad offrire alle donne medico solo la commissione pari opportunità da sempre ritenuta appannaggio femminile.

Se veramente ci sono quelli che “ritengono che il genio delle donne sia un vantaggio per tutti” questi dovrebbero adoperarsi per favorire l’emergere di un pensiero femminile. Al momento non mi pare sia così.

Il giudizio del prof. Cavicchi sulle mediche è un giudizio impietoso. Le donne non sono “sine pennis”, semplicemente nel sistema di governance attuale non viene loro permesso di volare, non in cielo aperto, semmai in qualche gabbia ben protetta. Uscire da queste gabbie di “protezione” è assai difficile se non impossibile.

Ci permettiamo quindi di inviare un appello:

Servono fatti concreti non semplici dichiarazioni di impegno.

Ornella Mancin

Medico di famiglia

Donatella Noventa
Già Direttrice della U.O.C. di Medicina dello Sport e dell’Esercizio Fisico e del Dipartimento di Fisiopatologia Cardiovascolare della Ulss 13 Mirano (VE)



14 aprile 2023
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