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Per il rilancio del Ssn non solo più risorse, ma anche più qualità

di Claudio Maria Maffei

22 MAG -

Gentile Direttore,
pochi giorni fa qui sono state riportate qui su QS le dichiarazioni dell’assessore alla Salute dell’Emilia-Romagna, Raffaele Donini, che coordina anche la Commissione Salute delle Regioni, secondo cui è necessario un adeguato livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) per assicurare la sostenibilità dei servizi erogati e la loro qualità. Analoghi toni sono quotidianamente usati da tanti nel commentare la gravissima crisi che il SSN sta attraversando.

Nella analisi delle criticità del SSN e nel ragionamento sulle scelte per affrontarle ci viene buono il classico approccio di Avedis Donabedian alla qualità che fa una distinzione tra le tre macrodimensioni di struttura, processo ed esito. Avedis Donabedian è un po’ il nume tutelare di un approccio alla qualità dell’assistenza che ha come riferimento in Italia la Associazione Italiana per la Qualità della Assistenza Sanitaria e Sociale (ASIQUAS) ai cui rappresentanti si debbono costanti e stimolanti contributi qui su QS, di cui voglio citare l’ultimo uscito pochi giorni fa di Giorgio Banchieri sui conti che non tornano del PNRR ed uno di quasi due anni fa di Francesco Di Stanislao che magistralmente illustrava la “bussola” di Donabedian.

L’approccio di Donabedian non è l’unico approccio alla qualità dell’assistenza disponibile sul mercato, ma è quello che mi è più familiare e che comunque a me pari funzioni meglio nel contesto di una riflessione sulla crisi del SSN. Prendendomi la responsabilità di una sua ipersemplificazione sintetizzerei come segue la classica triade di Donabedian struttura, processo ed esito. La valutazione di struttura cerca di verificare se ci sono le precondizioni per una “buona” assistenza (ad esempio se ci sono risorse e organizzazione adeguati) e quindi risponde alla domanda “c’è quel che serve?”, la valutazione “di processo” cerca di verificare se si lavora nel modo giusto per dare una assistenza di buona qualità e quindi risponde alla domanda “si fa quel che si deve?” e la valutazione “di esito” verifica se in effetti la assistenza funziona e quindi risponde alla domanda “si ottengono buoni risultati?”.

Nel caso della crisi del SSN si può partire dalla dimensione degli esiti dentro cui confluiscono i suoi effetti: fuga dei professionisti nel privato, allungamento delle liste di attesa, rinuncia alle cure, diseguaglianze di salute e tanto altro ancora che rischiano di tradursi in una riduzione ad esempio della attesa di vita e della attesa di vita in buona salute come avvenuto in conseguenza della pandemia (vedi il recente Rapporto dell’ISTAT sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) 2022 in Italia).

Gran parte della attenzione negli interventi nel dibattito per contrastare questi “esiti” si concentra sulla dimensione della “struttura” del SSN a partire dalla disponibilità delle risorse economiche ed umane, fattori certamente fondamentali al punto da poter essere considerati un pre-requisito per un rilancio del SSN. Ovviamente poi sul campo noi verifichiamo tutti i giorni che non è detto che “avere di più” equivalga automaticamente a “fare meglio”. E qui ci aiuta la valutazione “di processo” quella che verifica (definizione mia) se le cose sono state fatte “al meglio”. Se la valutazione strutturale è una verifica “a priori” della possibilità di lavorare in qualità grazie alle risorse disponibili, quella di processo è una valutazione “a posteriori” che controlla se ciò che è stato effettivamente fatto può essere valutato come “appropriato” e quindi conforme alle attese.

Se provassimo ad applicare questa valutazione di processo non solo ai comportamenti professionali (ad esempio alla prescrizione di farmaci e di prestazioni specialistiche), ma anche ai processi “amministrativi” (ad esempio quelli riguardanti l’edilizia sanitaria e la politica del personale), a quelli gestionali (ad esempio l’efficienza dei blocchi operatori e delle piattaforme dei servizi) e a quelli programmatori (ad esempio la programmazione ospedaliera) e se includessimo nella valutazione tutti i livelli (compreso quello centrale e quello regionale) e tutte le responsabilità (comprese quelle politiche, quelle manageriali, quelle dell’Università e della classe dirigente largamente intesa) ci renderemmo subito conto che l’intervento sulle risorse deve essere il primo, ma non può essere il solo e che tutti gli interventi necessari a migliorare “il processo” dentro il SSN hanno analogo carattere di urgenza.

Forse questa riflessione è scontata, ma mi premeva ribadirla.

Claudio Maria Maffei



22 maggio 2023
© Riproduzione riservata

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