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Dal Decreto Bollette una possibile nuova via di sviluppo per l’odontoiatria pubblica

di Fulvio Campolongo

25 MAG - Gentile direttore,
consentire ai laureati in odontoiatria di partecipare ai concorsi pubblici per accedere al Servizio Sanitario Nazionale potrebbe rappresentare una svolta nell’assistenza odontoiatrica pubblica. Un provvedimento politico che, nel legittimare lo svolgimento di attività assistenziale odontoiatrica riconoscendo le competenze acquisite nei sei anni del corso di laurea, potrà favorire l’adeguamento delle piante organiche nelle strutture odontoiatriche pubbliche.

L’abrogazione della lettera b) del primo comma dell’art 28 DPR 10.12.1997 n.483 risponde ad una serie di esigenze assistenziali, perequative e formative:
- alla necessità di applicazione dei livelli essenziali di assistenza in ambito odontoiatrico,

- all’andamento socio economico del Paese e ai limiti di accesso all’assistenza odontoiatrica,

- ai limiti della programmazione del fabbisogno formativo specialistico odontoiatrico e

- al riconoscimento delle conoscenze e competenze professionali acquisite dall’odontoiatra durante il Corso di laurea della durata di sei anni.

Proprio in relazione a tali considerazioni il Collegio Italiano dei Primari Ospedalieri di Odontoiatria Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale aderente all’Associazione Nazionale Primari Ospedalieri (ANPO), ha portato avanti nel tempo la richiesta di abrogazione della lettera b) del primo comma dell’art 28 del DPR 10.12.1997 n. 483 ora diventata legge.

Il Collegio Primari Ospedalieri, attraverso i suoi rappresentanti del Gruppo Tecnico sull’Odontoiatria del Ministero della salute (GTO), aveva infatti presentato, nel 2018, una dettagliata relazione a supporto della richiesta di abrogazione, ritenendola premessa per avviare un costruttivo dibattito sull’assistenza odontoiatrica pubblica in Italia.

Ora, creata la possibilità di favorire l’adeguamento delle piante organiche nelle strutture odontoiatriche pubbliche, attraverso la norma appena introdotta, si rende necessario assumere ulteriori provvedimenti.

Adeguate politiche di salute pubblica dovrebbero infatti affrontare la problematica relativa alla qualificazione dell’offerta territoriale odontoiatrica, promuovendo l’adozione di una più stringente normativa nazionale (per ridurre il gradiente regionale di prestazioni erogate e garantire equità nell’accesso alle cure odontoiatriche), e l’implementazione di una nuova governance (adozione di modelli organizzativi per l’integrazione dei professionisti del territorio dell’area odontoiatrica pubblica).

L’adozione di una normativa nazionale e di una regolamentazione di maggior dettaglio, in ambito odontoiatrico, che indichino le modalità organizzative minime essenziali obbligatorie delle strutture pubbliche - modello, strutture, operatori - in coerenza con Linee guida nazionali di area odontoiatrica e con i Livelli Essenziali di Assistenza odontoiatrica (LEA), rappresenta il possibile salto di qualità nell’assistenza pubblica odontoiatrica.

Impegnare poi la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome ad individuare le modalità tecniche per il continuo monitoraggio dell’applicazione del dispositivo normativo e per la verifica degli effetti prodotti potrebbe rappresentare la garanzia di aver inciso realmente nell’ambito della politica sanitaria odontoiatrica pubblica con la effettiva esigibilità della normativa introdotta, vero problema dell’attuale odontoiatria pubblica.

L’assistenza odontoiatrica pubblica è attività del tutto residuale nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale considerato che eroga solo il 5% di tutte le prestazioni odontoiatriche e che giustifica, in parte, l’alta incidenza della carie nella popolazione pediatrica, fotografia di una realtà italiana assolutamente inadeguata alle esigenze della popolazione.

Ne è prova la situazione per la quale gli italiani spendono 8 miliardi di euro per le cure odontoiatriche a fronte dell’investimento dello Stato di soli 85 milioni, assistenza odontoiatrica pubblica che costringe sempre più cittadini a rinunciare alle cure.

Molti ritengono che l’odontoiatria pubblica non può svilupparsi per evidenti problemi di sostenibilità economica, aspetto considerato esclusivamente e semplicemente come un problema relativo alle disponibilità di cassa trascurando la possibilità di una visione più ampia, non solo nel dualismo salute vs cura, ma anche considerando il potenziale economico rappresentato da un reale investimento in prevenzione.

È necessario pensare ad un nuovo modo di fare odontoiatria pubblica, fissando un traguardo realisticamente raggiungibile.

Al riguardo, sembra utile ricordare che la recente proposta di "Revisione dell’accesso alle cure odontoiatriche nel SSN", elaborato dal Consiglio superiore di sanità, contenente una serie di proposte per allargare la platea di italiani che accedono alle cure dentistiche tramite il Ssn, suona francamente irrealistica visto che storicamente i Livelli Essenziali di Assistenza odontoiatrici sono in gran parte non applicati.

“Per ogni problema complesso c'è una soluzione semplice che è sbagliata”, citando George Bernard Shaw, e ampliare ciò che è inesigibile è non solo irrealistico, ma eticamente scorretto.

L’approvazione del Decreto Bollette sembra indicare una via percorribile per poter incidere positivamente sul possibile sviluppo dell’odontoiatria pubblica: adeguare le strutture odontoiatriche pediatriche pubbliche al bisogno di salute, attraverso un serio investimento sull’età evolutiva, potrebbe dare un senso all’articolo 32 della Costituzione nell’ottica universalistica di dare un sorriso ai tanti bambini oggi vergognosamente trascurati dal Servizio Sanitario Nazionale.

Fulvio Campolongo
Segretario Nazionale del Collegio Italiano dei Primari Ospedalieri di Odontoiatria, Odontostomatologia e Chirurgia Maxillo-Facciale dell’ Associazione Nazionale Primari Ospedalieri (ANPO)

25 maggio 2023
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