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Medici dirigenti. E ci mancherebbe altro!

di Domenico Minniti

23 NOV - Gentile Direttore,
negli ultimi giorni si sono intensificati sulla Sua testata gli articoli e le lettere che evidenziano un potenziale pericoloso conflitto, anche di competenze, tra la dirigenza medica ed il comparto. Ognuno è portato a difendere ad oltranza le proprie posizioni, poco badando al fatto che le regole del gioco sono scritte e vadano quindi rispettate. Il Dr. Luca De Marzio, psicologo delle organizzazioni e bioeticista, figura professionale indispensabile ad abbattere le liste d’attesa del nostro disastrato Sistema Sanitario, nella sua disamina ha, con tutto il rispetto, confuso un po’ i fatti.
 
“Qualsiasi laureato in medicina,” sostiene infatti il Dr. De Marzio, “ancorché al primo giorno di lavoro, è inquadrato come dirigente”, dimenticando che quel qualsiasi laureato in medicina ha studiato sei anni per conseguire la laurea, ha sostenuto un esame di abilitazione all’esercizio della professione, ha lavorato e proseguito gli studi altri quattro/sei anni per specializzarsi, sgobbando in clinica con tanto di guardie notturne, festive ed assumendosi ben precise responsabilità professionali.
 
Dimentica forse il Dr. De Marzio che già dal primo giorno di lavoro, il qualsiasi laureato in medicina, per il quale preferiamo adottare la definizione di Medico Chirurgo Specialista in.., avendo vinto un concorso per Dirigente Medico, è a pieno titolo inquadrato in questo ruolo e non è certo un “pivello ed incompetente”, come molto poco elegantemente definito dallo stesso psicologo.
Sconosce il Dr. De Marzio che per i primi cinque anni al Dirigente Medico in questione, pur avendo le medesime responsabilità degli altri Dirigenti, non potrà essere affidato altro che un incarico di base e che solo dopo questo periodo, se valutato positivamente dal Collegio Tecnico, gli saranno riconosciute la possibilità di affidamento di un incarico di alta specializzazione o di struttura semplice, e l’indennità di equiparazione; non sa forse il Dr. De Marzio che solo al quindicesimo anno, quasi al limite dell’età pensionabile, gli verrà adeguata l’indennità di esclusività, quale premio di fedeltà al nostro Sistema Sanitario.
 
Questo iter formativo, dalla durata semi-infinita, penso non possa, anzi, non debba in alcun modo essere omologato all’iter formativo di un qualunque altro laureato del SSN. Scrivere come fa il Dr. De Marzio che tutto il personale della sanità è oggi laureato, e pensare di conformare dieci/dodici anni di studio al tempo occorso all’equiparazione ad una laurea triennale, alla laurea triennale stessa o ad un master di primo livello mi sembra irriverente, populista e lesivo dell’intelligenza di chi lo volesse sostenere.
Il nostro SSN modificato negli anni ‘80 ad immagine e somiglianza di quello britannico è stato ulteriormente migliorato, a mio avviso, dalla riforma ter del 1999. Le regole sono state scritte bene, molto bene. Certo, il sistema è perfettibile, ma non è tanto nelle regole esistenti che dev’essere ricercata la falla, quanto nella loro puntuale disapplicazione, cosa non del tutto inusuale nel nostro Paese.
Auspica ancora, il Dr. De Marzio, un ritorno all’antica, con il “primario” dirigente unico (di tutti, quindi anche degli infermieri..): decisamente contraddittoria come vision, ed anche anacronistica se è vero, com’è vero, che oggi è richiesto a tutti i medici di affiancare competenze manageriali a quelle cliniche; nei sistemi sanitari avanzati addirittura viene chiesto ad un Responsabile di Dipartimento di impegnare il 50% del proprio tempo nel management e ad un Direttore di Struttura Complessa almeno il 30%.
 
Non si preoccupi il Dr. De Marzio, di indicare un “ritorno” (non sarebbe tra l’altro un ritorno, ma una novità: il rapporto professionale ante 1996 era normato, in Sanità, da un D.P.R., non da un C.C.N.L.) ad un contratto collettivo unico: è già previsto dal D.lgs. 150/09; ci sarà da ridere (o peggio, temo, da piangere) quando figure professionali dalle esigenze e competenze le più disparate dovranno condividere il medesimo assetto normativo..
Sono d’accordo con Lei Dr. De Marzio (come potrebbe essere altrimenti, d’altronde?), quando scrive “considero importante che medici ed infermieri continuino a curare bene, in comunità d’intenti e con il più basso tasso d’errore”; non posso esserlo però con il Suo modo di approcciare il problema..
Psicologia delle organizzazioni: una professione che dovrebbe avere tra i propri target anche la gestione dei conflitti; Dr. De Marzio, sparando alzo zero sui medici non sarà andato, in questa querelle, un po’ fuori bersaglio?
 
Domenico Minniti 
Medico Anestesista Rianimatore
Vicepresidente AAROI-EMAC Calabria
Master II livello in Management Sanitario


23 novembre 2012
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