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Questione Sitra in Lombardia. Silvestro (Ipasvi) risponde a Melotti

di Gianni Melotti e Annalisa Silvestro

23 FEB - Signora Presidente,
in Italia ci sappiamo sempre distinguere. E così, mentre da Strasburgo giunge notizia che la Commissione Europea sta discutendo una proposta per portare nell’Unione Europea da 12 a 10 gli anni di scolarità per accedere alla formazione infermieristica, da noi divampa una sterile polemica sulla valorizzazione delle loro competenze . Certo il metodo scelto per rivedere ed aggiornare il profilo professionale dei Tecnici Sanitari di Radiologia Medica ha seguito un iter del tutto diverso e non ha suscitato le stesse reazioni perché anche i medici, operanti in radiologia, hanno condiviso il documento. Con gli infermieri, disseminati ovunque, forse la cosa sarebbe stata più macchinosa, ma non impossibile. Comunque sia ora assistiamo all’agitarsi di alcune componenti mediche che temono invasioni di campo. Ma è così, visto che l’accordo sulla professione infermieristica, e presto anche quelli delle altre professioni sanitarie, nulla toglie e nulla aggiunge nulla al profilo professionale dell’infermiere che non cambia?. Semmai l’attuazione delle specialità, previste dalla legge 43/06, non potrà che essere un valore aggiunto per il sistema. Una opportunità positiva da sfruttare.
 
Vista però l'attuale loquacità della Silvestro mi viene spontaneo porle un quesito nella sua triplice veste di Presidente in carica dei Collegi Ipasvi, candidata e sicura prossima Senatrice del PD. Non le pare che avendo, voi infermieri, accettato di dirigere i Sitra lombardi, facendo finta che non esista una normativa nazionale sulle dirigenze di area, non finisca per nuocere anche gli stessi infermieri, riportando tutti quanti nelle mani del medico? Sa cosa sta succedendo nel più grosso ospedale lombardo? Il sitra, a guida infermieristica, nel nuovo Poa, non essendo ancorato alla certezza della norma, è stato portato, per ragioni che mi sfuggono, da una posizione “in line” alla Direzione Sanitaria aziendale a quella “in staff” lasciando tutto, praticamente, nelle mani del medico. Le pare un bel risultato? Ne può andare fiera? Non pensate che la colpa sia un tantino anche vostra? E' vero poi che nel comasco Lei avrebbe risposto, a precisa domanda, che mica tutti possono fare i dirigenti:? Spero voglia smentire e riportare il discorso sui giusti binari. Termino ritornando alla polemica iniziale per ricordare che l’Anaao, uno dei sindacati medici che ha sollevato il polverone, non è nuovo a queste cose. E’ famoso un suo telegramma del 13 maggio 1994, che custodisco gelosamente, nel quale sollecitavano l’allora Ministro della Sanità, on. Raffaele Costa, a bloccare la pubblicazione dei decreti sui profili professionali di infermieri e tecnici perché: “l’intervento appare assolutamente necessario per impedire la definizione di una serie di illegittime attribuzioni che, alla luce di tali decreti, diventerebbero realizzabili”.
 
Gianni Melotti
Fisioterapista
 
 
Gent. Sig. Melotti, 
 
la ringrazio per l'assiduità con cui segue il mio muovermi in Regione Lombardia e per le valutazioni che propone sulle riflessioni/ risposte che - loquacemente - metto a disposizione di coloro che partecipano agli incontri e al dibattito che ne segue. Ecco le mie considerazioni in merito alla sua lettera.
Questione relativa alla proposta di modifica della direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali: la Federazione Ipasvi e alcune Associazioni infermieristiche italiane sono intervenute con tutte le modalità democratiche a disposizione per cercare di evitare la negativa decisione di riportare a 10 anni la scolarità di base per accedere alla formazione infermieristica. Alcuni nostri parlamentari europei si sono impegnati, altri hanno proprio snobbato la questione. È possibile che le logiche di mercato abbiano la meglio e che Paesi che hanno mantenuto una bassa scolarità di base per i “non medici” riescano così a far circolare in tutta Europa i loro infermieri, e non solo, meno qualificati.
Bozza di decreto sulle competenze: mi pare evidente che la questione nodale è legata ad un insieme di timori di parte di medici di alcune sigle sindacali sul loro status e sul loro futuro anche occupazionale.
 
La questione non è prendere atto che gli infermieri e altri professionisti sanitari “già fanno” e che, perché facciano ancora meglio, non è sufficiente la formazione sul campo, ma è opportuna e necessaria anche una formazione d'aula.
La questione è accettare che facciano “formalmente” e, di conseguenza, con un ineludibile riconoscimento dell'acquisito ulteriore valore scientifico e operativo a cui non potrà che conseguire una altrettanto ineludibile ridefinizione organizzativa, funzionale e contrattuale.
Gli infermieri sono oltre 400 mila, disseminati ovunque e con funzioni e competenze diversificate e poliedriche e, inevitabilmente, suscitano preoccupazioni e resistenze nei medici di tutte le discipline.
Non è vero che i medici non sono stati coinvolti; evidentemente in questo momento fa comodo dirlo; oppure fa comodo non evidenziare che se si vuole parlare del coinvolgimento di tutte le sigle sindacali mediche agli incontri di percorso e conclusivi del Tavolo tecnico si sarebbe dovuto utilizzare uno stadio.
Credo non valga la pena commentare ulteriormente il fatto che chi ha levato gli scudi sulla Bozza di cui parliamo non aveva nemmeno letto la stesura che dovrebbe andare in Conferenza Stato - Regioni.
Ricordo, infine, che nel '94 sono andati in piazza con l'Ipasvi nel loro giornata di “riposo” oltre 50 mila infermieri per ottenere il “loro” profilo e facilitare la strada a tutti gli altri.
 
Questione SITRA: il contraddittorio sui SITRA è “antico” e gli elementi su cui è nato sono presenti non solo in Lombardia, ma anche nelle altre Regioni italiane.
Non so (e a dire il vero, credo poco) che il tutto sia davvero dovuto alla “forza” escludente degli infermieri. Credo però che gli sforzi per una evoluzione della situazione debbano basarsi su obiettivi comuni più che su tensioni all'interno delle professioni sanitarie.
È vero che nel Comasco ho detto che non tutti possono diventare “dirigenti”; aggiungo che non si può pensare che il contesto generale ed organizzativo in cui ci stiamo trovando non debba essere tenuto debito conto. E aggiungo ancora che il “non tutti possono diventare dirigenti” vale anche per gli infermieri che, stante la rilevante presenza numerica nelle diverse organizzazioni, spesso chiedono una ridefinizione percentuale di “dirigenti” meno penalizzante dell'attuale.
 
Annalisa Silvestro
Presidente Ipasvi
 

23 febbraio 2013
© Riproduzione riservata

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