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Mamme bambine. Troppo grandi per giocare, troppo piccole per essere madri

di Antonella Monastra

05 NOV - Gentile direttore,
il report dell’Oms sulle mamme bambine restituisce un quadro drammatico dell’inadeguatezza delle risposte non solo a carattere sanitario, ma anche sociale, nei confronti del fenomeno. Ciò sia dal punto di vista della prevenzione, sia dal punto di vista del sostegno e della promozione della salute ad evento avvenuto. La rilevazione che le “mamme bambine” non riguardano solo i Paesi meno sviluppati, ma rappresentano, anche in modo numericamente significativo, una realtà nei Paesi più avanzati deve farci riflettere molto seriamente. Da ginecologa consultoriale che per anni ha lavorato in realtà di degrado economico e sociale mi sento particolarmente coinvolta da queste bambine, troppo grandi per giocare, troppo piccole per essere madri, poiché tante ne ho incontrate.

La Sicilia e le due realtà metropolitane più grandi, Palermo e Catania con le rispettive province, hanno il primato della percentuale più elevata del fenomeno su tutte le altre città italiane. Nel 2011 i nati da madri under 18 in Sicilia sono stati l’1,10% e da madri under 20 il 3,6% sul totale delle nascite a fronte rispettivamente dello 0,39% delle under 18 e dell’1,64% delle under 20 del dato complessivo nazionale (Istat dai 2011). La gravidanza e il parto nelle adolescenti costituiscono il più importante fattore di rischio, anche di mortalità, per la salute psico-fisica per loro stesse e per i loro figli, e i rischi crescono esponenzialmente quanto più precoce è l’età della giovanissima mamma.

Un’analisi sistematica degli studi condotti sul tema in alcuni paesi dell’Unione europea, indica tre fattori che paiono essere correlati ad un rischio di gravidanza precoce: le condizioni di deprivazione o svantaggio socioeconomico, l’appartenenza ad una famiglia di origine destrutturata ed instabile, i bassi livelli di istruzione. Inoltre chi nasce al Sud ha una maggiore probabilità di crescere in una famiglia povera – in Sicilia e in Calabria un quarto delle famiglie lo è (Istat la povertà in Italia. 2011) - considerando anche che proprio al Sud si rilevano una maggiore presenza di famiglie numerose, bassi tassi di occupazione femminile, un’alta percentuale di famiglie monoreddito o in cui entrambi i genitori sono disoccupati, tassi di scolarizzazione più bassi e alti livelli di dispersione scolastica. In aggiunta la povertà minorile è assai più elevata se il capo famiglia ha un basso tasso di istruzione (Save the Children, “Atlante dell’Infanzia a rischio” 2012).

I bambini di madri troppo giovani sono a maggior rischio di avere basso peso alla nascita, di avere problemi di salute nella loro infanzia e, in particolare, di avere esperienze di ospedalizzazione. L’incontro delle giovani gravide avviene in diversi momenti della loro gravidanza, con interlocutori differenti e numerosi; spesso si tratta tra l’altro del primo incontro con i servizi sanitari per delle ragazzine che fino a ieri ancora giocavano.

Le cure che esse ricevono, quando anche tecnicamente corrette, sono quasi sempre inadeguate rispetto ai bisogni relazionali legati all’età ed alle condizioni socio-economiche. Ciò spesso determina una labilità ed una discontinuità nel rapporto con i servizi sanitari. Il rischio insito nella precocità della gravidanza viene dunque incrementato. Difatti a parità di prestazioni con le altre donne in gravidanza, malgrado le cure possano essere appropriate dal punto di vista strettamente sanitario, vengono comunque meno l’azione di prevenzione della multi problematicità, legata agli effetti della condizione di madre adolescente, e l’azione di miglioramento del contesto in cui essa vive.

Al di là del rischio sanitario, le conseguenze socio-economiche sono comunque pesanti, soprattutto nella realtà dove modelli familiari rigidamente tradizionali lasciano il peso del mantenimento dei figli prevalentemente sulle spalle delle donne. Le adolescenti con figli sono in gran parte condannate ad abbandonare la scuola e a condurre una vita difficile, fatta di lavori precari e di una più precaria vita familiare. In molti casi dopo il primo figlio le madri precoci ne fanno seguire altri, formando spesso nuclei familiari con struttura disorganizzata e confini deboli che possono offrire solo scarse risorse educative e sociali. Le madri adolescenti sono, a loro volta, più spesso figlie di madri adolescenti e nipoti di nonne con analoga esperienza. I loro figli tendono ad avere un maggior rischio di non proseguire gli studi e quindi di vivere in età adulta in condizioni di esclusione sociale.

Lo stato di povertà è il maggior determinante per la gravidanza e il parto in età precoce. Si delinea così la necessità di interventi complessi e a carattere sociale e sanitario, ben integrati tra loro, che chiamano in causa politiche di Welfare sempre più ridotte all’osso ed interventi sanitari specifici e mirati in un’Italia in cui si tagliano i livelli essenziali di assistenza e il diritto alla salute è diventato un diritto solo per chi se lo può pagare. Il costo sociale, e quindi economico, delle mamme bambine è però elevatissimo e la prevenzione del fenomeno deve essere un primo obiettivo.

Ma non è l’unico. Nel 2010 la London School of Economics ha pubblicato una ricerca dal titolo provocatorio “Gravidanza adolescenziale: qual è il problema?” La tesi sostenuta dallo studio inglese, curato dalla dottoressa Claire Alexander, ha tentato di ribaltare la percezione sociale sulla maternità precoce suggerendo un approccio più consapevole alla gravidanza da parte delle giovani madri. Secondo la ricercatrice, le adolescenti in dolce attesa sono spesso “più forti, più mature e più responsabili” se opportunamente sostenute e la politica, invece che curare solo gli aspetti preventivi, dovrebbe offrire strumenti di sostegno per far affrontare la nascita e la genitorialità precoce più serenamente.
Condividendo questo punto di vista un secondo obiettivo quindi è quello di investire più risorse ed energie da parte dei governi per far sì che le mamme bambine abbiano comunque un’opportunità di crescita e di responsabilizzazione dall’esperienza che stanno vivendo. La riduzione in questo caso dei determinanti socio-economici del fenomeno ha delle ricadute fortemente positive non solo sulla singola adolescente, quanto sull’intero contesto sociale. E’ per tale ragione che, quando l’adolescente è già in gravidanza, si pone con urgenza la necessità dell’offerta attiva di un’assistenza integrata, allo scopo di rimuovere o di ridurre gli effetti dei fattori di rischio connessi a questo stato. L’esigenza di fornire servizi integrati, valida in ogni circostanza, diviene imprescindibile nel caso delle adolescenti. Per il successo di qualunque iniziativa è dunque necessario un approccio articolato che tenga conto della complessità del fenomeno allo scopo di attuare una presa in carico complessiva, mirata e specifica delle giovani madri e la costruzione intorno ad esse di un tessuto di sostegno che le accompagni in questa esperienza così difficile, ma non necessariamente drammatica.

L’assistenza integrata non deve limitarsi solo al momento della gravidanza e del parto, ma anche, a seguire, per tutto il periodo del puerperio e dei primi anni di vita del figlio. Importante la formazione degli operatori socio sanitari che devono essere addestrati a lavorare in rete con altri soggetti istituzionali (scuola, servizi sociali, tribunale minorile, terzo settore), a riconoscere rapidamente le condizioni di rischio, ove queste emergono, e a considerare le procedure adottate fuori dalla rigidità di schemi che difficilmente possono fare fronte alla complessità di questa popolazione circoscritta da un punto di vista epidemiologico, ma qualitativamente significativa in quanto portatrice potenziale di un forte disagio sociale e sanitario che ha costi soggettivi e collettivi elevatissimi se raffrontati ai semplici costi, economici e gestionali, di una tanto banale quanto efficace organizzazione di servizi in rete.

Antonella Monastra
Ginecologa e Consigliera Comunale
Palermo


05 novembre 2013
© Riproduzione riservata

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