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Sperimentazione animale. Alternative esistono ed è ora di utilizzarle

di Albarosa Raimondi

19 DIC - Gentile Direttore,
grazie per aver pubblicato il contributo del dr.Stefano Cagno. Dato che credo nel dialogo desidero esporre anch’io alcune considerazioni. Sono un medico che ha lavorato per anni in organizzazione e gestione sanitaria in un grosso ospedale milanese dove era presente anche l’università, quindi ritengo di avere una certa conoscenza del problema vivisezione, al di là della questione etica (in cui io credo fermamente).

Conosco fior di ricercatori e di veri scienziati, famosi a livello internazionale, che hanno ottenuto grossi risultati senza aver mai praticato la vivisezione. Conosco anche “mezze calzette” che praticano la vivisezione senza ottenere alcun risultato apprezzabile. Ho visto vivisezionare animali per le sperimentazioni durante il corso di laurea in medicina per mostrare ciò che era già pubblicato sui libri di testo ed ho sempre fatto fatica ad accettare ciò (perché per esempio non si comincia a proibire l’utilizzo di animali nelle esercitazioni di medicina?).

Ricordo il caso Talomide ma altri se ne sono verificati. Comunque fino a quando non si testa sugli umani non vi è alcun risultato accettabile e sono fermamente convinta che abbiamo perso occasioni importanti perché ciò che magari non dava risultati apprezzabili sugli animali avrebbe potuto darlo sugli umani. Quanto ai vari istituti di ricerca sono un po’ perplessa. Hanno sempre avuto stretti collegamenti con le case farmaceutiche più che con gli ospedali e non voglio andare oltre. Vengono fatti studi di ricerca che durano anni senza alcun risultato ma con il sacrificio di migliaia di animali a cui vengono inflitti dolori infiniti. Mi rendo conto che le persone di fronte al proprio dolore non vedono il dolore degli altri ma chi non è strettamente coinvolto dovrebbe essere più obiettivo.

Vorrei aggiungere che anche tra le persone i farmaci e gli interventi hanno effetti differenziati, come tutti noi dovremmo sapere. In medicina non vi è mai la certezza assoluta di come reagiremo di fronte a determinate terapie, come possiamo pensare quindi che avremo le stesse reazioni dell’animale vivisezionato?

Quanto alle proteste dei cosiddetti ricercatori bisogna ricordare che in fin dei conti difendono il loro posto di lavoro o in qualche caso il proprio “regno” e i propri interessi.

L’impianto che è stato costruito sulla vivisezione fa fatica a cambiare, è più facile continuare su strade conosciute piuttosto che cominciare a lavorare ad altri modelli di ricerca, probabilmente più faticosi all’inizio ma sicuramente più efficaci per le persone e senza dolore inutile per gli animali.

Credo sia giunto il momento di cambiare sistema di ricerca, il che non vuol dire che i ricercatori perderanno il proprio posto di lavoro ma solo che dovranno studiare metodi di ricerca alternativi che per fortuna esistono.

Credo sia ora di sapere che esiste anche un movimento di laureati in medicina, biologia e altri ricercatori, sempre più numeroso, che, a ragion veduta ben conoscendo l’argomento, ritiene inutile la vivisezione.

Dr.ssa Albarosa Raimondi

19 dicembre 2013
© Riproduzione riservata

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