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Omossessualità. L'unico valore di riferimento è la "Persona"

di Cristina Banchi

10 FEB - Gentile direttore,
seguo Quotidiano Sanità con molto interesse e leggo gran parte degli articoli e delle lettere, sempre molto interessanti e stimolanti. Il particolare negli ultimi giorni ho riflettuto sulla lettera del dott. Pietro Dri sulla definizione di omosessualità, eterosessualità e bisessualità. Rispetto alle considerazione del dott. Dei sento un certo senso di fastidio ed la necessità di esprimere la mia opinione.

Il dott. Dri sostiene che sia difficile definire cosa sia “normale”, suppongo perché antropologicamente il concetto di normalità sia determinato da molti fattori diversi, certamente condizionati dal periodo storico e dalla cultura del popolo a cui ci riferiamo.
Normale era la pena di morte in altri periodi storici e in altre regioni del mondo (e purtroppo tal volta lo è ancora). Normale è esporre parti del proprio corpo liberamente in pubblico in certi luoghi del globo.

Certamente potremmo elencare miriadi di comportamenti che relativamente ad un tempo storico ed ad un luogo antropologico possono essere definiti normali o anormali. Così definire il concetto di normalità è certamente difficile se non impossibile. Se non abbiamo un criterio certo di riferimento potremmo anche supporre che tutto sia o possa essere normale o viceversa che tutto sia o possa essere anormale.

Concordo con il dott. Dri che non è il criterio del “naturale” a poter definire il concetto di normale, in quanto molti dei comportamenti animaleschi non sono ovviamente accettabili dal genere umano. Anche se l'uomo è un animale, non muove i propri comportamenti in base ad istinti di sopravvivenza, ma anche in spinto da considerazioni intellettuali o impulsi emotivi che lo possono portano a compire scelte tal volta innaturali.

Se si pone come presupposto che l'unico valore al quale ci possiamo riferire sempre ed ovunque è la “Persona”, indipendentemente dai tanto discussi aspetti antropologici, credo che abbiamo trovato la nostra “bussola”.
Persona ontologicamente come essere in quanto tale, in quanto essere umano dotato di “maschera”, di identità; attore della propria esistenza. Essere umano dotato di “anima” in senso laico. La persona/individuo, per ribadire il concetto di libertà di autodeterminazione.

Se il valore assoluto risiede in questo concetto di persona, che abbraccia ogni essere umano indistintamente, riconoscendo valore di individuo, indipendentemente dalle scelte individuali, i criteri per definire la normalità risiedono nei valori dettati dall'etica.
Per quanto un individuo possa non gradire che un essere umano ami un altro essere umano dello stesso sesso, non ci sono riferimenti etici “universalizzabili” che ne possano decretare la anormalità.

Allora su che base di quale valore il dott. Dri sostiene che definire “normale” l'omosessualità sia “arbitrario”? Arbitraria è certamente la sua affermazione e lo è certamente la mia, in quanto opinioni personale.

Ma se normale non coincide con “naturale”, ma viene determinato dai valori del qui e ora della società, questi valori dovranno essere universali, e le istituzioni dovranno farsi carico di superare le arbitrarietà che non poggiano sul valori della persona.

Quale valore intrinseco al concetto di persona verrebbe leso dall'omosessualità? Quindi personalmente concordo con la definizione del SSN che “l'omosessualità, l'eterosessualità e la bisessualità sono normali varianti della sessualità umana”. Può non piacere ma “il peccato sta negli occhi di chi lo vede”, diceva mia nonna.

Spero sinceramente che il dott. Dri accetti questa mia risposta, un po' eccessiva in certi passaggi, che vuole essere soprattutto esprimere il mio personale pensiero, nel rispetto dell'opinione altrui. Ma soprattutto nel rispetto dei tanti colleghi, amici esseri umani che vivono quotidiane discriminazioni, pur essendo essenzialmente persone. Al di là del bene o del male.

Dott.ssa Cristina Banchi
Infermiera

10 febbraio 2014
© Riproduzione riservata

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