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Le Asl risparmiano. Ma sulle spalle dei dipendenti

di Andrea Bottega

04 MAR - Gentile Direttore,
da qualche giorno abbiamo appreso che tra le molte imprese del NordEst costrette a chiudere per la crisi e le aziende pubbliche sempre in difficoltà a garantire ad invarianza dei servizi ai cittadini i conti in ordine ce ne sono alcune che, erogando servizi alla salute, sono in attivo. Una di questa ha, nei giorni scorsi, dichiarato un attivo – grazie anche all’aiuto regionale - di un milione di euro.

Non so dire quali pensieri abbiano sfiorato le molteplici persone che hanno difficoltà a pagare i ticket o che debbono ricorrere al mercato privato per ovviare ai disagi delle liste d’attesa ma posso dire che molti dipendenti dell’ULSS 6 di Vicenza – parlo di questa perché ne conosco meglio la situazione - avranno forse sorriso leggendo le parole del governatore Zaia sul bilancio positivo con cui l’azienda ha chiuso il 2013.

Nel suo comunicato il Presidente si congratula, infatti, per “l’ottimo risultato ottenuto dall’ULSS 6 che è passata da un passivo di 14 milioni (bilancio 2012, ndr) ad un attivo di un milione” facendo pensare a grandi meriti di gestione del management che in un solo anno hanno portato a un saldo positivo di 15 milioni di euro. Certo il merito, riconosce il Presidente del Veneto, va condiviso anche con chi effettivamente non si diletta solo di numeri e di soldi ma si prende la diretta responsabilità di custodire, curare e migliorare la salute dei cittadini che quotidianamente ricorrono ai servizi (sanitari) della principale azienda della provincia di Vicenza. È qui che, come dipendenti, il sorriso si fa un po’ amaro.

Tralasciando le implicazioni che ha un bilancio in attivo di una struttura pubblica di servizi alla persona e posta a tutela di un diritto costituzionale molto spesso limitato o quantomeno ritardato se non negato (si pensi alle liste d’attesa o al costo di determinate cure o all’onerosità dei ticket che, in momenti di crisi economica, fanno sì che i cittadini rinuncino alle cure), in questa breve riflessione vorrei sottolineare i costi non considerati a carico del personale, cioè di chi ha la diretta responsabilità nel garantire il risultato del core business dell’azienda sanitaria.

In particolare mi soffermo sul fatto che il personale del comparto, principalmente infermieri, dell’ULSS 6 ha sopportato in questi anni – come i colleghi di molte aziende sanitarie – un carico di lavoro esplicitato anche dalle circa 160.000 ore di lavoro straordinario non pagato (se ne stanno pagando 70.000 riferiti agli anni 2011-2012-2013) il cui valore economico non considerato è pari a circa 2,5 milioni di euro.

Ciò è certamente indice di una cronica sofferenza di personale sanitario accentuata recentemente da un ritardo a coprire le autorizzazioni regionali alle assunzioni e anche attraverso l’adeguata e tempestiva formazione di graduatorie concorsuali da cui attingere per coprire il turn over. Un ritardo nelle assunzioni comporta, infatti, necessariamente un aumento dello straordinario programmato per chi già è in servizio. Si realizza così il paradosso del nostro tempo: chi è dentro al sistema è costretto ad assorbire gravosi carichi di lavoro anche attraverso un aumento delle ore straordinarie mentre chi è in attesa di occupazione attende i concorsi per aiutare i colleghi a reggere il sistema. Del resto, nel mese di gennaio la stessa Azienda sanitaria aveva incautamente contestato, attraverso dichiarazioni stampa, lo stato di disoccupazione di molti infermieri del vicentino scatenando la corsa alla presentazione dei curriculum. Un clamoroso autogol che ha portato a deliberare immediatamente (14 gennaio) l’attivazione delle procedure per bandire un concorso per l’assunzione a tempo indeterminato di infermieri (scadenza 20 marzo 2014).

Un altro aspetto che provoca il riso amaro dei dipendenti è legato al contratto di lavoro che prevede in caso di avanzi di amministrazione (art. 38 CCNL 1999) un incremento del fondo di produttività. Ciò non sarà possibile perché, com’è noto, dal 2010 è bloccato il trattamento economico.

Insomma, l’impressione è che il risparmio sia stato fatto anche sulle spalle dei dipendenti che avanzano crediti da lavoro, che sopportano carichi di lavoro sempre più gravosi (si pensi alle diverse unità di degenza in cui si ricorre a posti letto aggiuntivi rispetto alla dotazione prevista) e che coprono le carenze di personale con un plus di attività oltre l’orario dovuto. Un dato di cui nel bilancio delle aziende sanitarie non si trova traccia. Sotto questo aspetto la risorsa umana (infermieristica) è intesa nel suo senso più economico: una fonte di ricchezza da sfruttare e da spremere fino in fondo per raggiungere l’obiettivo fissato… magari permettendo così di raggiungere il premio di risultato a chi amministra.

Il Presidente Zaia vorrebbe che l’esempio di Vicenza e di tante altre Ulss venete fosse preso ad esempio in tutta Italia. Io spero che si possa andare oltre e far sì che i crediti da lavoro in qualsiasi azienda d'Italia siano tutti liquidati in tempi ragionevoli senza rischiare la prescrizione di quanto dovuto. Anche questa sarebbe buona amministrazione: pagare chi, lavorando, ha garantito i servizi ai cittadini e la qualità delle cure.

Andrea Bottega
Segretario nazionale Nursind

04 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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