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Case di cura e accreditamento. La spada di Damocle di quei 60 letti

di Pietro Galluccio

10 APR - Gentile Direttore,
circa due mesi or sono le ho scritto una lettera, che lei ha avuto la compiacenza di pubblicare (vd. “Harry Potter e le piccole case di cura”), in cui le chiedevo chi fosse il Signore Oscuro che aveva avuto la geniale idea di immaginare la chiusura di 250 case di cura, mettendo per strada alcune decine di migliaia di persone e creando disagi a centinaia di migliaia di pazienti, in nome di non si sa ancora quale principio, quale interesse, quale ragione.
 
Ho molto apprezzato la sua cortesia nel pubblicare la lettera nella sua rubrica di Lettere al Direttore: ora, passati due mesi, sono a chiederle una risposta. Lord Voldemort non ha messo fuori la sua faccia, evidentemente gli è più congeniale colpire nell’ombra piuttosto che venire alla luce e spiegare le sue ragioni. Mi interesserebbe comunque sapere come la pensa lei.
 
Lei che è un opinion leader per la Sanità, un autorevole giornalista specializzato, lei potrebbe indagare e farci sapere. La mia lettera era nella sua rubrica, perciò Direttore, la prego, aiuti Harry Potter a scoprire chi è Lord Voldemort. In quale Ministero od in quale Regione si annida. Quali sono le sue motivazioni? Perché mai, in tempi di dura crisi, vuole colpire nell’ombra altre 250 aziende? Per tutelare quali interessi? Od in nome di quali principi? Direttore, perché non lo stana e glielo va a chiedere?
 
Pietro Galluccio
Villa Bianca (Lecce)
 
 
Gentile dottor Galluccio,
penso che in questo caso non si debba ricorrere a particolari retroscena. La decisone di fissare un tetto minimo di posti letto nelle case di cura private ai fini dell’accreditamento con il Ssn (quella che una volta si chiamava convenzione) è scritta nero su bianco nel regolamento per la definizione dei nuovi standard ospedalieri (previsti dalla spending review di Monti del luglio 2012), predisposto dall’ex ministro Renato Balduzzi.
 
La proposta, che in una prima versione prevedeva una soglia ancora più elevata (minimo 80 letti per essere accreditati), è in stallo da tempo alla Stato Regioni e dovrebbe ora trovare attuazione nell’ambito del Patto per la Salute.
 
Quindi non le so dire se ci sia o meno un Lord Voldemort. E quindi mi sembrerebbe alquanto arduo “stanarlo” come da lei auspicato. Quel regolamento è in giro ormai dal novembre 2012 ed ora sembrerebbe destinato a trovare attuazione nel Patto. E quindi con il consenso, se ci sarà, di molti “Lord Voldemort”. Ma sul come e con quali definitive caratteristiche è ancora buio pesto.
 
Detto questo, ho forti dubbi sul fatto che il criterio dei posti letto sia corretto a significare una linea di demarcazione tra chi sta “dentro” e chi sta “fuori” dal Ssn (una scelta, non dimentichiamolo, che è comunque nella libertà di iniziativa della Casa di Cura e non è certo obbligatoria). Non ha infatti molto senso stabilire a priori se accreditare o meno una struttura in base ai letti che ha. Ma è certo che sul tema più generale dell’accreditamento in sanità penso che qualcosa vada fatto e seriamente.
 
Ad esempio le continue proroghe sugli accreditamenti definitivi (stabiliti dalla finanziaria del  lontano 2007) e che dovevano entrare a regime entro il 1 gennaio 2010, non rappresentano un buon esempio per chi crede in una sanità seria e autorevole. Sia essa pubblica o privata.
 
C.F.

10 aprile 2014
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