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Titolo V. Forse la prima riforma da fare è nei rapporti tra le professioni

di Andrea Bottega

20 MAG - Gentile direttore,
con piacere vedo che attraverso l’articolo del dott. Troise, segretario nazionale Anaao Assomed, il dibattito sulla riforma del Titolo V della Costituzione è tornato di attualità. Pur avendo già avuto modo di esprimere il mio parere nella lettera pubblicata su QS il 10 aprile 2014, ritengo utile in questa sede aggiungere alle considerazioni del Segretario Nazionale alcune riflessioni più di metodo che di sostanza. Nella sostanza, infatti, ho già indicato la mia posizione e i miei timori sulla riforma che, ahimè, hanno avuto un’ulteriore conferma dalle recenti vicende legate alle tangenti sull’Expo.

Nel metodo, nella via da seguire (met-odòs), trovo almeno tre considerazioni condivisibili:

1. C’è la necessità di un “nuovo equilibrio” non solo tra istituzioni ma anche e soprattutto tra gli attori del sistema. Questo nuovo equilibrio, a mio parere, non può che essere propedeutico a qualsiasi riforma del sistema sanitario ed è quanto mai necessario in questo periodo storico. Troise parla di una “questione medica” ed io potrei parlare di una “questione infermieristica” e poi altri potrebbero parlare delle loro specifiche questioni com’è successo con la rubrica “la sanità tweetta a Renzi” a cui mi sono volutamente sottratto perché troppo legata all’interesse di parte piuttosto che aprire una riflessione su come riformare il sistema salute. La questione medica e la questione infermieristica, oggi, cominciano ad avere dei tratti comuni rilevanti: la femminilizzazione, la decapitalizzazione del proprio operato professionale, la difficoltà nel riconoscimento dell’autonomia professionale, il taglio degli organici, la valorizzazione del ruolo sociale, l’influenza politica, l’esclusione dai tavoli decisionali, a problemi comuni, forse, si potrebbero dare risposte comuni.
 
2. Un Patto per la Salute costruito nel “vuoto di uno spazio contrattuale” non reggerà. Se crediamo di “cambiare verso” alla sanità è quanto mai necessario un cambiamento organizzativo che non può prescindere da una sua definizione in sede contrattuale attuabile attraverso una forte leva motivazionale ed economica. Senza una valorizzazione economica della professionalità profusa quotidianamente dai lavoratori e in un contesto di continua riorganizzazione dei servizi, si vedrà logorato il senso del dovere che supera ogni disagio e ancora tiene in piedi le strutture sanitarie del nostro Paese. Oggi in molte situazioni la dignità del lavoro è veramente calpestata da un’organizzazione non funzionale e da uno sfruttamento della risorsa umana in termini di carichi e responsabilità eccessive. Ripensare l’inquadramento economico e giuridico delle professioni sanitarie in contesti (comparto e dirigenza) separati significa riproporre vecchie logiche esclusive che non giovano alle relazioni interprofessionali. Un armonico sviluppo delle carriere per il riconoscimento del merito e del valore professionale è un passo che va fatto portando avanti anche l’altra gamba.
3. Coniugare diversamente governabilità e partecipazione per rivedere il modello aziendale e la programmazione significa stabilire la preminenza del diritto alla salute rispetto al puro contenimento dei costi. Il governo del sistema attraverso la partecipazione diretta dei professionisti nelle scelte allocative delle risorse sui modelli citati può essere una soluzione per aver maggiore voce nell’indirizzo a livello nazionale, regionale e aziendale delle scelte di politica sanitaria a patto che la partecipazione non sia fine a se stessa e replichi la necessità di un tavolo a cui sedersi per stare comodi ed avere un ruolo legittimato ma sia un organismo con obiettivi, tempi e strumenti determinati. Non penso ci sia la necessità di burocratizzare ulteriormente il percorso delle decisioni ma penso sia utile e più efficace se le stesse siano condivise a monte.
 
In questo cammino che mi pare si voglia intraprendere, la dirigenza medica e sanitaria non è sola. Volente o nolente tra i compagni di viaggio c’è anche la categoria infermieristica che, per quanti fanno riferimento al Nursind, mi onoro di rappresentare. Dal profondo della mia pur giovane esperienza ritengo che il cammino possa essere meno gravoso e più proficuo se sapremo avanzare assieme organizzandoci a portare ciascuno qualcosa, aiutandoci quando l’altro è in difficoltà, condividendo chi di volta in volta dovrà forzare la marcia e spronare gli altri, condividendo il percorso migliore per arrivare alla meta.

Il tempo del correre in ordine sparso per arrivare in solitaria non ha più senso perché abbiamo capito che il riconoscimento di sé passa dal confronto con l’altro e l’altro è indispensabile non solo per la costruzione del sé ma anche per definirsi e differenziarsi. Le professioni e i professionisti non sono monadi che, autoregolate, procedono secondo un’armonia prestabilita senza rapporti con il mondo. Il dialogo, la condivisione dei pensieri attraverso i discorsi (logoi) che fanno emergere la ragione non come monopolio di una parte ma come risultato di una comunicazione di una relazione, è auspicabile al di là delle diverse posizioni o della reale volontà di costruire qualcosa assieme.
Forse la prima e più grande riforma da fare prima del Titolo V è nei rapporti tra le professioni. Da parte mia sono pronto a iniziare e sono disponibile all’incontro con chi, nella dirigenza, è disposto al dialogo.


Dr. Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind 

20 maggio 2014
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