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Cambio generazionale in Sanità. Un'idea della politica o un progetto Ipasvi?

di Marcello Bozzi

12 GIU - Gentile Direttore,
in un momento particolarmente difficile e complesso, come quello che stiamo attraversando, viene proposto agli infermieri un Disegno di Legge sulla “staffetta generazionale”, di iniziativa delle Senatrici Silvestro e Dirindin.
A dire il vero la politica ci aveva già stupiti negli anni '80-'90 con la proposta di inserire nel percorso formativo degli Infermieri i cassa-integrati della FIAT di alcuni stabilimenti presenti nel nostro Paese. Fortunatamente non se ne fece nulla!

Nel sistema industriale è da un po' di tempo che vengono proposti ed applicati dei “contratti di solidarietà”, una specie di sistema di auto-mutuo-aiuto che ha lo scopo, a fronte di una diminuzione della domanda di produzione, di mantenere il livello occupazionale, anche con una rivisitazione (al ribasso) delle componenti stipendiali individuali.

Relativamente al nostro sistema sanitario, ad oggi non si riscontra una diminuzione della domanda da parte della popolazione, così come non ci sono evidenze di un miglioramento dello stato di salute della popolazione.  Anzi, si riscontra l'esatto contrario, con un aumento della domanda di salute, conseguenza diretta delle mutate condizioni demografiche (aumento della vita media e aumento delle persone anziane e sole), epidemiologiche (aumento delle cronicità, disabilità e fragilità) e socio-economiche.

A fronte di queste mutate condizioni, che “spingerebbero” verso lo sviluppo di nuovi modelli di presa in carico, cura e assistenza, arriva la “suggestiva” proposta della “staffetta generazionale”, che si caratterizza per la collocazione volontaristica in part-time (nel rispetto di precise regole, con uno stipendio ridotto del 50%) per gli ultimi 3 anni di vita professionale, con il mantenimento dell'assetto contributivo “pieno”, e il parallelo inserimento delle nuove leve, affiancate dai “mentori”, per uno svecchiamento degli organici e per il miglioramento della risposta assistenziale.

La proposta, ad una prima lettura, potrebbe apparire anche interessante.  
L'approfondimento successivo e la raccolta e l'analisi dei dati consente di capire meglio che l'invecchiamento degli organici è conseguenza diretta di due importanti fattori:
•    il blocco del turnover, a seguito delle continue manovre legate alla “spending review” (succedutesi in maniera continuativa, ormai da troppi anni);
•    la modifica del sistema pensionistico.

Ora si tratta di capire se “l'idea” è della politica (del governo di maggioranza o di singoli?) o dell'IPASVI.
Se l'idea è della politica, è necessario che la stessa definisca chiaramente se l'interesse maggiore è quello di garantire l'adeguatezza della risposta ai crescenti bisogni di salute della popolazione, o se è quello di mantenere il livello della spesa (con forti possibilità di varianza sia nelle condizioni di salute/malattia delle persone, sia nei conseguenti maggiori costi, di cui ovviamente non si può non tenere conto).

Nel caso dovesse risultare privilegiata la linea del mantenimento del livello della spesa, magari con l'aggiunta di ulteriori razionalizzazioni (razionamenti), non necessiterebbe alcun tipo di intervento.
Di contro, privilegiare la linea dell'attenzione all'adeguatezza della risposta ai bisogni di salute della popolazione, richiede degli importanti interventi di riorganizzazione, con la responsabilizzazione progettuale diretta delle regioni e delle aziende, nel rispetto dei principi normativi fissati dalla L.133/2008 (Brunetta), dalla L. 135/2012 (Monti) e dal D.L. 158/2012 (Balduzzi).

Un'attenzione particolare potrebbe essere rivolta proprio al DL Balduzzi, con  riferimento allo sviluppo del sistema delle cure primarie, in linea con i principi fissati dall'OMS e dal PSN.

Gli approfondimenti e i dati tratti dalla letteratura più recente consentono di evidenziare quanto segue:
•    il numero delle famiglie in Italia è pari a  27.000.000 (dati “Comuni d'Italia”);
•    le disabilità, le cronicità e le fragilità sono presenti in almeno una famiglia su 10, per un totale di 2.700.000 persone con importanti problemi di salute, da seguire preferibilmente a livello domiciliare (dati “codice argento”);
•    Le risorse assistenziali infermieristiche necessarie per garantire la presa in carico globale delle persone con problemi di salute (dove la prestazione è solo una parte del progetto complessivo), da seguire a livello domiciliare,  ammonta a circa 27.000/30.000 unità  (ipotesi di un rapporto 1:100).

I dati di cui sopra necessitano di essere integrati con ulteriori implementazioni necessarie per garantire:
•    la presa in carico da parte di équipe specialistiche per il trattamento domiciliare di pazienti con problematiche neoplastiche  (variabili diverse da Regione a Regione);
•    l'assistenza negli hospice  (variabili diverse da Regione a Regione);
•    la continuità assistenziale h12 e h24 nelle nuove aggregazioni funzionali dei MMG/PLS  (variabili diverse da Regione a Regione);
•    le sostituzioni degli operatori che beneficiano della L.104/'92  (necessità di almeno 10.000 unità infermieristiche – stima)
•    l'adeguatezza delle dotazioni organiche per le strutture ospedaliere e residenziali, attraverso la definizione di nuovi criteri, più coerenti con le esigenze di oggi   (superando gli standard di riferimento risalenti a 26 anni fa!);
•    l'adeguatezza dell'assistenza nel sistema della medicina penitenziaria;
•    l'adeguatezza dell'assistenza nelle strutture del III settore;

A questo punto viene naturale domandarsi se la politica, anziché proporre una “staffetta generazionale”, non avrebbe fatto meglio a pensare ad un progetto diverso, sulla salute della popolazione, con uno sforzo per reperire le risorse economiche necessarie per l'assunzione degli operatori indispensabili per migliorare le situazioni assistenziali nei contesti sopra citati e per garantire una risposta assistenziale domiciliare a 2.700.000 persone con importanti problemi di salute (assunzione di almeno 30.000 infermieri, per un costo stimato in 1.200.000.000 euro).
 
Certamente è necessario tenere conto dei vincoli economici, così come altri Autori hanno già evidenziato (Cavicchi), cercando di attingere da contenitori probabilmente oggetto di “abuso” nel recente passato.
I dati OCSE evidenziano chiaramente, relativamente al nostro Paese,  un esubero di medici (+ 60.000) rispetto ad una carenza di Infermieri (- 90.000), anche se gli esperti del settore affermano a gran voce che i dati OCSE, pur nel rispetto dei ricercatori coinvolti, vanno presi “con le pinze” per la presenza di variabili e modalità diverse tra i paesi afferenti, …. ma rimane il fatto che le situazioni evidenziate in eccesso e in difetto rappresentano una forte criticità.

Non si vogliono dare “ricette”, ma a livello pratico sarebbe sufficiente ridurre di poco più di 1/6 la popolazione medica evidenziata in eccesso dai dati OCSE (-13.000 unità), sia attraverso un diverso “attenzionamento” delle situazioni pensionistiche e dei percorsi di mobilità, sia attraverso l'applicazione rigorosa dei principi fissati dalle normative  “Brunetta/Monti/Balduzzi” (riduzione di pl, di strutture complesse, etc. etc., nonché potenziamento del sistema delle cure primarie), per acquisire le risorse assistenziali infermieristiche necessarie per lo sviluppo del progetto.

Rimane il dubbio se la proposta presentate è una iniziativa dei singoli promotori (probabile) o un preciso disegno governativo (difficile da ipotizzare).

Se invece il progetto dello “svecchiamento degli organici” è Federativo (IPASVI), questo significa che la proposta è già stata oggetto di approfondimento da parte dei Collegi Federati (103) e, al proposito, sarebbe interessante conoscere:
•    il pensiero dei Presidenti dei Collegi Provinciali IPASVI, che hanno il compito e la responsabilità della linea politica professionale a livello di ogni singola regione, nonché il supporto allo sviluppo della linea politica federativa a livello nazionale;
•    il pensiero degli infermieri vicini alla fine del percorso professionale (cui viene proposto di dimezzarsi orario di lavoro e stipendio, in un momento particolarmente difficile, dove, in tanti casi, lo stesso professionista infermiere, con il suo lavoro e il suo stipendio, è “di sostegno” anche alla famiglia dei figli);
•    il pensiero degli infermieri disoccupati e/o inoccupati, che si sentono proporre “contratti di inserimento con mentore” …. perchè l'unica strada possibile, tenuto conto delle condizioni economiche del Paese!

Se il progetto in questione non dovesse ancora avere avuto l'indispensabile momento di approfondimento con i Collegi Federati, il pensiero dei singoli Collegi sarebbe ancora più importante.

Certamente, a prescindere dal fatto che il progetto possa avere un incipit politico dei singoli promotori, con o senza un  imprimatur del livello partitico di riferimento, e con o senza la partecipazione attiva del livello federativo IPASVI, è necessaria una scelta di campo e di ruoli.

I possibili conflitti di interesse sono troppo forti, così come sono troppo forti i rischi per gli Infermieri di trovarsi “scoperti” sia sul versante politico, sia sul versante professionale (IPASVI).

La professione infermieristica è ricca di menti pensanti e probabilmente il confronto e il dibattito avrebbero potuto essere di grande utilità per nuove idee, nuovi stimoli e nuove motivazioni, per continuare ad emozionare e ad emozionarsi.

La proposta presentata è troppo lontana dalle condizioni di lavoro degli infermieri e dalle regole del mercato del lavoro di oggi.

Il possibile richiamo alla “necessità di fare qualcosa… perché comunque qualcosa è meglio di niente” non è quello che serve agli infermieri … e men che meno ai cittadini (utenti – committenti – finanziatori dello stesso sistema).
Più che “la svolta” sembra essere quasi una espressione e/o manifestazione di impotenza di una professione che conta circa 450.000 professionisti, peraltro oggi  rappresentati più che degnamente nella politica che conta!

Probabilmente gli infermieri di oggi non hanno bisogno né delle espressioni e manifestazioni di impotenza, né di qualcosa che sia meglio di niente.
Quello che serve davvero probabilmente è una proposta politica diversa, con nuovi orizzonti per la disciplina e la scienza infermieristica e un domani diverso per gli infermieri.
Rassegnarsi al niente e morire di niente non è quello che cercano, né quello che vogliono gli infermieri.

Che meritano certamente altro!

Marcello Bozzi
Infermiere AUSL Pescara

 

12 giugno 2014
© Riproduzione riservata

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