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Formazione medica specialistica. Si abbatta il monopolio universitario

di Stefano Magnone

30 LUG - Gentile Direttore,
periodicamente risorge in Italia il dibattito sulla qualità della nostra formazione specialistica. La lettera del collega Salvatore Andrea Mastrolia Specializzando IV anno, Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologica è solo l'ultima in ordine di tempo. Tutti noi sappiamo che la formazione medica specialistica italiana è da sempre un fallimento, che nessuna delle prescrizioni normative in termini di curriculum formativo viene rispettata, che il controllore e il controllato, nonostante le operazioni di maquillage fatte in questi anni, è lo stesso: l'università. Tutti noi sappiamo che il neospecialista il mestiere lo deve imparare sul primo posto di lavoro, a spese sue, dei colleghi più esperti e dei pazienti che devono attendere che il giovane collega si sgrossi.

Il problema nasce dal fatto che il nostro paese ha, unico in Europa se non al mondo, da sempre appaltato al mondo universitario la formazione specialistica del medico. Senza controlli, almeno fino a pochi anni fa, come detto. Con buona pace di Paola Binetti, che ancora due giorni fa in Parlamento si stracciava le vesti per la scelta, tutta da portare avanti, di pensionare a 65 anni i professori universitari. I poveretti hanno una carriera lenta (mentre i dirigenti medici del SSN l'hanno veloce!), quindi necessitano età ottuagenarie per poter espletare al meglio il loro potenziale didattico (sic!). La verità è che il mondo universitario medico non vuole fare i conti con i controlli cui sono sottoposti tutti gli altri medici pubblici: di prestazioni, di efficienza ed efficacia, di controllo da parte dell'utenza, cioè dei cittadini. La variabile indipendente universitaria, forte dell'autonomia dell'insegnamento (come se fossimo ancora al corso di laurea) non può essere valutata se non da se stessa, e possibilmente senza criteri oggettivi come avviene negli altri paesi.

Mi dispiace di aver letto la storia del collega specializzando, erano le stesse vicende occorse a me poco più di dieci anni fa. Non avendo la forza, la solidità economica (noi avevamo una borsa di 800 euro netti) e la lungimiranza di cercare una sede estera dove formarmi ho scelto comunque di svolgere la mia formazione di chirurgo non in un ospedale universitario ma cercando una struttura ospedaliera convenzionata che mi aggradasse, e allorquando il mio direttore volle spostarmi, con tre giorni di preavviso, in una struttura di suo gradimento dove il mio registro operatorio divenne una tabula rasa non esitai a fuggire in un'altra università meno "baronale". In questo modo ho nuovamente potuto scegliere la sede dove continuare a formarmi.

Fu la mia fortuna, perché se ora posso dire di essere e fare il chirurgo lo devo solo a me e a quei colleghi ospedalieri che mi presero a benvolere. Nulla della mia professionalità è dovuta all'insegnamento universitario post laurea e tutto alla mia caparbietà di starne anzi lontano. Sfido pubblicamente i miei colleghi e coetanei a dare versioni diverse, anche in riferimento alle numerose indagini informali effettuate in questo decennio da Federspecializzandi, di cui mi vanto di essere socio fondatore, e altre organizzazioni. I risultati in termini di gradimento, di osservanza delle tabelle curriculari ministeriali, vecchie e nuove, di rispetto dei minimi didattici sono assolutamente incontrovertibili.
Le lotte per attivare l'osservatorio nazionale per la formazione specialistica, inizialmente vuoto di poteri, l'assenza degli osservatori regionali per molti anni, stante il disinteresse universitario per una qualsivoglia forma di valutazione tipo peer review continua a contrassegnare l'irriformabilità parziale del sistema attuale.

Come sempre basterebbe copiare, molti hanno da insegnarci come fare: il Regno Unito, la Francia, la Germania, nessun paese paragonabile al nostro ha un sistema monopolistico come l'Italia. Ma se l'aver tentato di allontanare questa generazione di cattivi maestri, comprendente anche l'ineffabile Binetti, ha sollevato tante proteste interessate, significa che il verso è quello giusto, che si deve abbattere il monopolio universitario nella formazione medica specialistica. Potranno poi esserci soluzioni diverse, più o meno condivise, ma certo nessuna anche lontanamente simile all'attuale, da sempre e da tutti considerata fallimentare.
 
Stefano Magnone
Chirurgo Generale

30 luglio 2014
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