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Medicina generale. La relazione di Milillo/2. Ecco perché Cavicchi sbaglia

di Francesco Buono

15 OTT - Gentile Direttore,
ho letto con interesse l'articolo di Ivan Cavicchi, molto prodigo di considerazioni a mio parere discutibili in merito a ciò che egli ritiene essere l’“animus” che ispira proposte ed intendimenti della Medicina Generale in Italia, anche se onestamente mi disturba il riferimento alle stalle (se approfondiamo, in questo paese anche il buon Eracle, che ripulì quelle di Augia, dovrebbe inventarsi altro, ed il settore d’inizio non credo sia la Medicina...)
La forza di sopportazione - ahimè -  dobbiamo coltivarla un pochino tutti, partendo dall’esatta conoscenza delle varie problematiche che sono sottese ad aspetti paradigmatico/caricaturali che dal dottor Tersilli in poi hanno “bignamizzato” l’immagine del Medico di Medicina Generale, ma di certo ci faremo una ragione se qualcuno ci riuscirà con un po’ più di fatica; e il bene prezioso dell’intelligenza, che vedo giustamente più volte richiamato, ci può aiutare a comprendere come paragonare l’erogazione dei servizi nel particolare setting della Medicina Generale a quella di matrice ospedaliera in termini di orari e dinamiche organizzative costituisce un “bias” che, se accettato e condiviso, può portare a deduzioni esatte sul piano logico, ma originate da premesse sbagliate e perciò inaccettabili.

Il Territorio già funziona “24/7” (forse talvolta ci si dimentica dell’esistenza della Continuità Assistenziale, ex Guardia Medica, che funziona nei festivi e prefestivi e che unitamente alla ex Medicina dei Servizi ed all’Assistenza Primaria è confluita nel Ruolo Unico della Medicina Generale), certamente un riassetto è utile ma non si parte da zero, e onestamente  il fatto che negli orari “classici” della specie umana l’offerta di servizi assistenziali sia più concentrata che in quelle in cui la maggior parte delle persone riposa mi sembra rispondere a criteri ispirati al buonsenso ed al contenimento dei costi, soprattutto se pensiamo che in una Sanità moderna il Medico è coadiuvato da altri professionisti e da personale amministrativo che non campa d’aria...
E’ indubbio che un’alternativa territoriale alla visione ospedalocentrica che per decenni ha imperversato in Italia è cosa buona e giusta, ma se non vuole essere una “medicina flipper” con il Cittadino sofferente nelle vesti della pallina, ed in tempi di Medici nel mirino della Magistratura (con l’effetto collaterale della medicina difensiva, non giustificabile in senso teorico ma comprensibile sul piano pratico) le cose vanno fatte per bene, con le dovute sperimentazioni e l’accorta analisi degli indicatori di struttura, processo ed esito che  - soli -  possono dare le direttive scientifiche per l’eventuale applicazione ubiquitaria del modello, ammesso che in un paese con grandi differenze orogeografiche possano concepirsi moduli uniformi, nonché con uno studio oltre che dei costi del personale anche di quello derivante da almeno un “minimum set” di strumentazione e da una diagnostica di primo livello che non può non prevedere qualche servizio di supporto, con del personale ad esso adibito (se ad esempio alle 18 si palpa un addome e si ha il sospetto di un’appendicite qualcuno dovrà eseguire l’emocromo che potremmo chiedergli...): forse ci si dimentica che lavorare in Medicina comporta dei rischi certamente superiori a quelli puramente concettual/speculativi di altre Professioni, e che di conseguenza non basta ciò che il singolo Professionista può apportare di per sè ma occorre avere riguardo per la Logistica, come ben sanno i militari, e con le risorse disponibili.

In molte realtà italiane le sperimentazioni cui facevo cenno sono state attuate, ma poiché è nozione comune che dalle nostre parti si vive in una campagna elettorale questa sì “24/7” e si assiste a grottesche e caricaturali sfide a chi ha  - diciamo così -  maggiori attributi tra Stato ed Enti locali, succede che al termine di una sperimentazione si dica che è il momento di valutarla e si rinvii il tutto alla nomina di fantomatiche commissioni che mai vedranno la luce perché, certo, quando si va al potere è importante fare tutto il contrario di chi c’era prima; per non parlare di apparati funzionariali del tutto inadeguati ma purtroppo molto, ma molto efficienti nel banalizzare il contenuto di leggi e decreti pretendendo che “calino dall’alto” in materie riservate alla contrattazione non tanto e non solo per gli aspetti che riguardano i Professionisti erogatori di servizi, ma per uno specifico tasso tecnico che dovrebbe essere il prerequisito di chi siede a certi tavoli ed invece è incredibilmente sottodimensionato...

La “mission” della Medicina Generale non è quella di “ridurre i ricoveri” o  - peggio ancora -  quella di “fare filtro” per gli Ospedali, trattandosi tutt’al più di “positivi effetti collaterali” di una buona pratica clinica nel contesto delle Cure Primarie, ma di assistere le persone nel loro ambiente di vita e di lavoro, di contribuire alla prevenzione delle malattie croniche (vera emergenza del nostro tempo!), di trattarle ove già presenti avendo riguardo alla loro stabilizzazione nel quadro di una migliore qualità di vita, di promuovere una cultura vaccinale e degli appropriati stili di vita, di implementare le cure a domicilio, di fornire in poche parole alla Persona quell’empowerment che in una sana programmazione degli interventi socio-assistenziali fa parte integrante dei Percorsi Diagnostico-Terapeutici che sono il fulcro della Presa in Carico dell’utente nella sua dimensione olistica, su cui da tempo si sta lavorando ma che certo non si stagliano in una visione che si limiti a fare attenzione agli orari affissi in Studio o all’abito della Segretaria, ammesso poi che molti che si occupano di massimi sistemi effettivamente allo Studio del proprio Medico ci vadano o non ci mandino del personale alle proprie dipendenze...
La “liberalizzazione” della Professione di Medico di Medicina Generale comporterebbe la creazione di un esercito di lavoratori part-time protesi, per vivere, a cercare ulteriori spazi occupazionali in ogni dove e pertanto non più motivati alla crescita professionale nel loro alveo, con il subentro progressivo di una logica di sopravvivenza con forti connotazioni mercantili ed opportunistiche foriere di un peggioramento qualitativo sul piano delle prestazioni e dell’aggiornamento (ce lo dimentichiamo?) nonché sull’esasperazione di concorrenza e conflittualità nell’ambito della categoria, e ripercussioni deleterie  - questo l’aspetto più importante -  sui destinatari degli interventi: vogliamo forse tornare al “medico generico” che fa tante cose per sbarcare il lunario avendo perso di vista la propria identità professionale? Diamoci quindi tutti una mano, distinguendo una corretta e puntuale assistenza a chi soffre dal consumismo sanitario fatto di belle vetrine aperte giorno e notte dove passare magari dopo la discoteca o dopo aver accompagnato il cane a fare i suoi bisognini, di cui francamente non sentiamo la necessità!
 
Francesco Buono
Medico di Medicina Generale
Roma

15 ottobre 2014
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