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Precariato e sentenze. Alcune precisazioni

di Pierpaolo Volpe

10 FEB - Gentile Direttore,
il tema del precariato nella sanità è un nodo dolente che finalmente, e con estrema fatica, stiamo cercando di superare, non solo politicamente, ma anche nelle aule dei Tribunali. Ho letto con attenzione l’articolo del collega Giovanni Mutillo e dell’Avv. Domenico De Angelis, che magistralmente ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale post Corte di giustizia (cause riunite C-22/13, C-61/13, C-62/13, C-63/13 e causa C-418/13), sul quale però ritengo opportuno fare delle doverose precisazioni.

L’art. 5 comma 4 bis del Dlgs 368/2001 (il quale prevede la riqualificazione del rapporto di lavoro superati i 36 mesi) non fa alcun riferimento ad alcun arco temporale entro il quale il lavoratore debba prestare la propria attività affinché una volti superati i 36 mesi il contratto si trasformi da tempo determinato a tempo indeterminato. Detto ciò appare non corretta l’affermazione presente nell’articolo che limita la possibilità di far ricorso alla via giudiziaria ai soli “operatori della sanità che abbiano prestato la propria attività per almeno 36 mesi (anche non continuativi) negli ultimi 5 anni, a mezzo di contratti a termine o con altre forme convenzionali, comunque riconducibili a contratti di lavoro subordinato”.

L’arco temporale dei 36 mesi negli ultimi 5 anni è contenuto nel D.L. 101/2013 convertito L.125/2013 e fa riferimento esclusivamente all’istituto della proroga e della riserva del 50% dei posti nei concorsi pubblici e nulla ha a che vedere con il Dlgs 368/2001, norma di recepimento della direttiva 70/1999/Ce.

Sulla scorta della normativa predetta si può quindi correttamente affermare che come statuito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza 27363 del 23/12/2014 e dal Tribunale di Napoli, Est. Coppola, nelle sentenze n° 528, 529 e 530 del 21/01/2015, una volta prestata la propria attività per almeno 36 mesi (anche non continuativi) è possibile richiedere giudizialmente la trasformazione del proprio contratto a termine da determinato a indeterminato.

Di contro però è bene segnalare per completezza espositiva le sentenze n°27481 del 30/12/2014, n° 2025 e 2026 del 04/02/2014 della Suprema Corte di Cassazione che aprono al danno comunitario precludendo al Giudice ogni possibilità di trasformazione del contratto a termine da determinato a indeterminato una volta superati i 36 mesi anche non continuativi, con lo stesso datore di lavoro, svolgendo le medesime mansioni. Tale sentenze però, appaino andare in controtendenza rispetto alla giurisprudenza comunitaria, così come ho già argomentato nel mio articolo dell’11 gennaio scorso e su cui i più autorevoli studiosi della materia hanno già preso posizione.

Dott. Pierpaolo Volpe
Infermiere forense
Taranto 

10 febbraio 2015
© Riproduzione riservata

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