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Comma 566. La “nuova” ossessione dei medici?

di Andrea Liberatore

04 MAR - Gentile Direttore,
sono oramai settimane che i signori medici hanno come unico obiettivo quello di inondare sia il suo quotidiano sia altri social network di articoli e considerazioni relativi a quella che è diventata per loro una vera e propria ossessione: il comma 566, non oso immaginare se mai si fosse chiamato comma “666”!!!! Ho avuto modo di leggerne di cotte e di crude: è partita la cosiddetta macchina del fango, che in Italia è di moda, nei confronti della professione Infermieristica; c’è chi parla di invasioni barbariche, chi addirittura ha avviato una petizione con tanto di raccolta firme, chi ci definisce “pseudo dottori”, chi nega l’esistenza dell’équipe, chi minaccia di far saltare la cabina di regia, chi ci accusa di autoreferenzialità, chi ci definisce dei “rambo”, chi allarma la cittadinanza per la nascita delle Unità Operative a gestione Infermieristica o degli Ospedali di comunità, chi ne fa una questione filosofica e di tutta risposta il governatore della Toscana partorisce, da filosofo, una proposta più che “filosofica”, chi lo definisce un comma indecente che mette a serio rischio i cittadini; praticamente manca poco che scrivano che gli Infermieri Italiani sono degli assassini!!!
 
A lor signori voglio solo ricordare che nessuno vuole invadere nulla perché proprio del nulla stiamo parlando: l’atto medico a detta proprio del Ministero della Salute non esiste (come si può dedurre da quanto scritto nel 2011 da Giovanni Leonardi quando era Direttore generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Ssn: “del resto lo stesso concetto di “atto medico” non è definito né previsto in nessuna norma giuridica, bensì è più un’espressione della comunità scientifica internazionale, secondo le quali ogni attività di diagnosi e cura della persona sia di competenza della professione medica. Nel comune pensiero sembrerebbe ovvio e scontato che la attività di diagnosi e cura dell'individuo siano propri se non esclusivi della professione medica, mentre siano di competenza della professione infermieristica le funzioni assistenziali. Tuttavia, la complessità quotidiana del funzionamento degli ospedali e dei distretti sanitari - in particolare all'interno del sistema dell'emergenza e dell'urgenza sanitarie - porta a che sia l'agire professionale in integrazione, collaborazione e cooperazione tra medico ed infermiere alla base dell'organizzazione del lavoro. E', quindi, compito dello Stato e delle Regioni con atti legislativi o regolamentari normare il campo di attività esclusivo e quello concorrente di ciascun professionista”…..”Negli ultimi venti anni è stata avviata e realizzata una profonda riforma della professione infermieristica, sia nell'aspetto ordinamentale che in quello formativo, quale esigenza di adeguamento all'evoluzione scientifica e tecnologica della sanità, ai nuovi bisogni per una diversa organizzazione del lavoro. Si tratta di una scelta che ha anche radici extranazionali, dalle raccomandazioni in materia del Consiglio d'Europa alla constatazione che già altri Stati Europei ed Extraeuropei avevano da anni fatto propria quest'evoluzione con indubbie ricadute positive per i cittadini”…..e conclude sottolineando che  previa adeguata formazione propedeutica, l'Infermiere possa svolgere funzioni sinora svolte da personale medico”.
 
Quest’ultima frase, secondo il mio modestissimo parere, non è un invasione barbarica ma solo il punto di partenza per una nuova ed auspicabile fase di integrazione delle competenze fra tutti gli attori della sanità che implica ovviamente una gestione clinico-assistenziale basata sull’estrema fiducia, cooperazione che la letteratura scientifica internazionale ha ampiamente dimostrato che porti enormi benefici ai cittadini; ed è proprio autoreferenzialismo ergersi ad unici protagonisti dello scenario sanitario rinnegando l’équipe e definendosi unici comandanti dell’equipaggio (sperando non uguali a Schettino), dove tutti gli altri sono sottoposti, secondo l’obsoleta e fallimentare visione medico-centrica della sanità. Però a quanto pare sfuggono le varie condanne nei confronti degli Infermieri; non ultima la condanna ad un coordinatore per non aver correttamente vigilato sull’errore-orrore commesso dal medico, che aveva prescritto ad un paziente l’amoxicillina, nonostante quest’ultimo abbia rivelato l’allergia a quel antibiotico, oppure la condanna di due Infermiere, perché il chirurgo (assolto) dimenticava una garza in addome, e via dicendo…..però tutto questo passa in secondo piano e si continua ancora a parlare del fatto che sono solo i medici ad essere imputati e/o condannati nelle cause di responsabilità professionale.
 
Per quanto riguarda la definizione di pseudo-dottori, ricordo solo che gli Infermieri italiani non si iscrivono ad un corso di laurea farlocco, ma fino a prova contraria, si iscrivono ancora, ahimè, alla facoltà di medicina e chirurgia avendo un percorso universitario come tutti gli altri e avendo anche la possibilità di diventare ricercatori, dove tra l’altro il 90% del corpo docente è formato da medici, laddove in altri paesi, Europei e non, esistono le facoltà di Infermieristica dove al contrario i docenti sono al 90% se non al 100% Infermieri; come diceva Lubrano “a questo punto, una domanda sorge spontanea” , come mai??? Forse fanno comodo quelle poltrone??? Inoltre se gli Infermieri italiani, a dire dei medici, sono poco preparati, la colpa è dell’Università o del corpo docente??? E’ cosi difficile accettare che l’Infermiere, anch’esso laureato, sia da considerare come una figura intellettuale???
 
In altre parti del mondo, non poi così tanto lontano, Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti, Canada, Australia, Nuova Zelanda e Paesi Bassi, dagli anni 70 esistono figure infermieristiche avanzate, come ad esempio il Nurse practitioner, il Nurse endoscopist, lo Specialist Nurse i quali svolgono la propria attività professionale in piena autonomia e non risulta allo stato dell’arte un esistente conflitto tra le figure sanitarie, anzi, per esperienza personale in quelle realtà esiste una serena e pacifica integrazione di competenze che non fa altro che portare benefici alla collettività tutta. Grazie alla direttiva europea relativa all'assistenza sanitaria transfrontaliera se un cittadino si dovesse recare in territorio italiano presso una farmacia con una ricetta prescritta da un Infermiere, ovviamente non italiano, lo stesso riceverà dal farmacista tale farmaco. In Italia attualmente gli unici Infermieri autorizzati a prescrivere farmaci sono quelli della Marina militare, chissà avranno un altro titolo di studio, a saperlo!!! Tutto ciò non è alquanto paradossale???
 
Sono fermamente convinto che queste accuse infondate, pretestuose e gratuite siano un insulto a tutta la categoria Infermieristica: ritengo che bisogna smetterla e che sia auspicabile che questa inutile e futile guerra dei ruoli, con relativo dispendio di energie, finisca al più presto ed inizi invece una seria collaborazione fra tutti i professionisti sanitari così da arrivare ad una pacifica, condivisa e serena cooperazione con un unico fine: garantire alti livelli di cura ed assistenza!!!   
 
Andrea Liberatore
“Pseudo” dottore magistrale

04 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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