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Atto medico. Cassi (Cimo): “Stupito da reazioni stizzite e aggressive dell’Ipasvi”

di Riccardo Cassi

Sono rimasto colpito dalle reazioni stizzite ed aggressive dei vertici Ipasvi alla presentazione del Ddl da parte di alcuni deputati. Il riconoscimento di 22 professioni sanitarie autonome, la richiesta delle professioni sanitarie di vedere implementate le proprie competenze, rendono necessarie norme che regolino i rapporti tra il medico e gli altri sanitari.

27 MAR - Gentile direttore,
sono rimasto colpito dalle reazioni stizzite ed aggressive dei vertici Ipasvi alla presentazione da parte di alcuni deputati PD di un Ddl sulla definizione dell’atto medico, tanto da costringere il responsabile della sanità del partito a prendere le distanze dall’iniziativa. Il riconoscimento di 22 professioni sanitarie autonome e non più ancillari, la nascita di equipe multiprofessionali, la richiesta delle professioni sanitarie di vedere implementate le proprie competenze coerentemente con la formazione acquisita rendono necessario introdurre norme che regolino i rapporti tra il medico e gli altri sanitari per garantire l’unicità del trattamento diagnostico, terapeutico ed assistenziale del cittadino paziente.

Questo sembra dare fastidio ai rappresentanti Ipasvi che, complice la politica, in particolare il Ministero della Salute, tendono ad accreditare un’assistenza separata dalla cura e pertanto affidata in materia assolutamente autonoma agli infermieri. Nella realtà però non è così: il paziente è unico, non può essere spacchettato in competenze diverse, senza poi essere ricondotto ad un quadro unitario, nel quale il medico, e non può essere altrimenti, assume la responsabilità globale del trattamento.

Le organizzazioni sindacali e le associazioni dei medici hanno posto con forza il problema dopo l’approvazione del famigerato comma 566. Sono state date assicurazioni che non vi erano volontà aggressive nei confronti dei medici, ma le reazioni scomposte al tentativo di definire l’atto medico dimostrano il contrario e scoprono i giochi. Occorre che i medici reagiscano all’ennesimo tentativo di marginalizzazione che, in continuità con il ruolo sanitario e la dirigenza gestionale, distrugge la peculiarità del lavoro medico omologandolo ad altre professioni che concorrono alla tutela della salute, ma non hanno la responsabilità diretta ed esclusiva nella prevenzione, diagnosi e terapia.

L’articolo 15 della 229 si è dimostrato fallimentare, solo riacquistando coscienza del proprio ruolo, recuperando la supremazia della clinica rispetto alla gestione, la categoria potrà sperare in un futuro professionale all’interno del SSN.

Riccardo Cassi
Presidente Cimo

27 marzo 2015
© Riproduzione riservata

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